Lavoro tema centrale nei pensieri dei friulani: migranti e criminalità a grande distanza

Priorità imposte da politica e media lontane da quelle davvero vissute. È il fenomeno che emerge con evidenza anche nella nostra regione

Bipolarità. Ovvero la convivenza di due tendenze opposte all’interno di un medesimo ambito. È la sindrome più persistente e profonda che la crisi, ormai decennale, ci ha lasciato in dote.

Si tratta di un fenomeno che attraversa diverse sfere ed è testimoniato da molteplici riscontri. Nel sistema produttivo osserviamo la crescente separazione fra imprese che, da un lato, in questi anni hanno saputo resistere e aumentare la propria competitività; da quelle che, dall’altro, hanno visto aumentare le difficoltà o sono uscite dal mercato. Nella società è altrettanto evidente come la forbice si sia fatta più netta fra quanti hanno conservato o migliorato la propria collocazione sociale, da coloro che invece hanno perso posizioni e potere d’acquisto impoverendosi. Erosione che ha intaccato soprattutto il ceto medio.

Quando la rappresentazione sovrasta la realtà

Il fenomeno della bipolarità non si è fermato su questi piani e ormai ha ampiamente contaminato anche l’immaginario collettivo. È nota la distanza fra le conoscenze di un fenomeno da parte della popolazione e la sua oggettività empirica (si pensi, per esempio, al tema dei migranti): la rappresentazione sovrasta la realtà, in buona misura determinandola. Sotto questo profilo, i nuovi strumenti della comunicazione (della politica, in particolare) stanno dettando le priorità.

Basti pensare a quanta parte della discussione pubblica, in questi mesi, si sia incentrata sul tema dell’immigrazione, dei profughi e della sicurezza, piuttosto che sulle pensioni o sul reddito di cittadinanza. Tutto ciò favorisce un circuito perverso che oggi vede il perno sulla comunicazione via social ripresa e amplificata dai quotidiani, dalle televisioni, da internet e dai talk show: in un processo che si autoalimenta, costruendo così una sorta di realtà parallela rispetto ai problemi reali della vita quotidiana.

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Un' immagine di un voucher, Roma, 11 gennaio 2017. ANSA / ETTORE FERRARI


L’agenda della comunicazione

Ma le priorità indicate dalla comunicazione (politica e mediatica) sono le medesime della popolazione? Una conferma all’esistenza della bipolarità si riscontra quando si domanda ai nordestini quale sia il problema più importante là dove vivono. La lista proposta va dagli immigrati, alla viabilità, dal costo della vita all’inquinamento e altri temi ancora. La gerarchia delle priorità problematiche segue la media nazionale, ma con alcune significative differenze sia nei confronti del resto d’Italia, sia all’interno delle regioni nordestine. La questione che per tutti risulta essere in assoluto la più importante nella propria realtà è il lavoro (26,1%), seguito più a distanza da altri problemi: inquinamento (18,7%), costo della vita (13,9%), viabilità (11,6%) e qualità dei servizi socio-sanitari (10,1%).

L’immigrazione (8,6%) e la criminalità (4,5%) sono collocati in fondo alla classifica, nettamente distanziati. Ovviamente, i problemi conoscono un’intensità diversa rispetto al territorio di appartenenza, piuttosto che la condizione sociale. Così, le preoccupazioni per l’inquinamento (23,1%) e della viabilità (15,3%) sono più avvertite in Veneto rispetto al Friuli Venezia Giulia (rispettivamente 8,2% e 11,6%), oltre che alla media nazionale. E, d’altro canto, i fenomeni di antropizzazione del territorio e del traffico veicolare sono purtroppo ben noti da tempo in Veneto, oggi accentuati ulteriormente dai venti della ripresa economica. La qualità dei servizi socio-sanitari è un argomento più avvertito in Friuli Venezia Giulia (17,6%), dove la quota di popolazione anziana è più elevata.
 

L’immigrazione (8,6%) e la criminalità (4,5%) sono vissute come il problema prioritario da una parte assai contenuta dei nordestini, e in modo leggermente superiore alla media nazionale per gli immigrati (5,9%), ma non per la criminalità (4,8%). In particolare, gli immigrati, hanno un peso più marcato in Friuli Venezia Giulia (12,9%) che in Veneto (7,4%). Ciò non toglie che il livello di allerta sociale per questi fenomeni non sia elevato, anzi.

Ma non sono considerati il “problema dei problemi”, nonostante essi siano oggetto quasi quotidiano di comunicazione politica. Perché, su tutti, è la questione del lavoro a costituire il tema centrale. Lo è maggiormente per donne (41,0%), giovani (41,5%), soprattutto in Friuli Venezia Giulia (36,5%), piuttosto che in Veneto (24,9%) dove i tassi disoccupazione sono tornati su livelli quasi fisiologici.

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Il lavoro preoccupa più di tutto

In ogni caso, la questione del lavoro è in cima alle preoccupazioni della popolazione. Purtroppo, stiamo assistendo anche in questo a un processo di bipolarizzazione. Lo testimoniano i recenti dati Istat sulle forze lavoro, dove la crescita di occupazione è a favore dei più adulti e sempre meno delle generazioni più giovani. Dall’aumento dei rapporti a tempo determinato su quelli più stabili.

Una ricerca di prossima pubblicazione (CMR per ALI – Magister Group) mette in luce come per ben quasi tre giovani (fino a 30 anni) su quattro (71,4%) l’ingresso sul mercato del lavoro avvenga con forme contrattuali a tempo determinato e flessibili, in particolare fra chi ha un titolo di studio più elevato e trova un’occupazione nel settore dei servizi e del terziario.



Questa quota si riduce progressivamente nelle fasce d’età successive, ma racconta di percorsi lavorativi che prolungano una situazione di incertezza sul futuro delle persone. Inoltre, rivela una divisione territoriale importante: nel Nord mediamente i due terzi dei lavoratori (62,4%) ha un contratto a tempo indeterminato, mentre così avviene per il 50,8% di chi risiede nel Mezzogiorno.




Nonostante la centralità attribuita al lavoro dalla popolazione, tuttavia questo tema compare assai di rado nella narrazione e nella comunicazione (politica, in particolare, e di tutti gli schieramenti). Soppiantato da altre questioni sicuramente socialmente rilevanti, ma non così altrettanto centrali. Il lavoro e la creazione di opportunità per l’occupazione è la vera porta per la cittadinanza, e non solo perché è inscritto nel primo articolo della nostra Carta. Rendere il lavoro concretamente meno bipolare fra le generazioni dovrebbe stare al primo punto nell’agenda politica, anche della comunicazione: meno post (sui social), più posti (di lavoro).




Community Media Research, con Intesa Sanpaolo, realizza l’indagine che si è svolta a livello nazionale dall’12 al 25 settembre 2018 su un campione rappresentativo della popolazione residente in Italia, con età superiore ai 18 anni. Gli aspetti metodologici e la rilevazione sono stati curati dalla società Questlab. I rispondenti sono stati 1.427 (su 15.033 contatti). L’analisi dei dati è stata riproporzionata sulla base del genere, del territorio, delle classi d’età, della professione e del titolo di studio. Il margine di errore è pari a +/-2,6%. La rilevazione è avvenuta con una visual survey attraverso i principali social network e con un campione casuale raggiungibile con i sistemi CAWI e CATI. Documento completo su www.agcom.it e www.communitymediaresearch.it

 

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