L’autonomia delle Regioni come fondamenta dello Stato

Udine 13 Maggio 2013 provincia consiglio Copyright Foto Press/Turco
Udine 13 Maggio 2013 provincia consiglio Copyright Foto Press/Turco

UDINE. Pare in dirittura d’arrivo la lunga trattativa della Regione Veneto con lo Stato al fine di dare attuazione all’articolo 116, comma 3 della Costituzione. Si tratta, come noto, di quel meccanismo che abilita il legislatore statale ad attribuire, a singole Regioni che lo richiedano, forme e condizioni particolari di autonomia in talune materie, attraverso una procedura rinforzata e basata su un’intesa.

La disposizione consente quindi la realizzazione di un sistema regionale differenziato o, meglio, “ponderato” sulla base della valutazione politica di ciascuna Regione – da condividere con lo Stato – in merito alla propria vocazione e capacità istituzionale di assumersi credibilmente e responsabilmente il carico di una pluralità di competenze di governo, nell’ambito di un perimetro di materie determinato.

Trattasi dunque di un meccanismo volontario, selettivo, partecipato (poiché la Regione deve sentire gli enti locali), consensuale (sia nei rapporti Stato-Regione che in sede di deliberazione parlamentare ove si richiede la maggioranza assoluta), che concretizza al massimo grado la logica della differenziazione organizzativa, funzionale e competenziale delle Regioni, quale proiezione delle diversità che oggettivamente connotano ciascun territorio.

L’attivazione e l’esito del processo dipendono infatti della vocazione dei diversi territori all’autogoverno, che a sua volta è legata non solo all’efficienza economica – certo imprescindibile – ma anche al radicamento identitario, al valore del capitale sociale, all’effettività della partecipazione, alla continuità dell’esperienza di governo rispetto a determinati obiettivi ritenuti prioritari, in sintesi alla cultura dell’autonomia che un territorio esprime.

Il percorso che il Veneto ha tenacemente seguito non è stato privo di ostacoli, tant’è che il bilancio tra le competenze chieste e ottenute non è sempre positivo: soddisfacente, per esempio, per istruzione e servizi per il lavoro, molto meno per autonomia tributaria, sanità, trasporto pubblico locale, energia e ambiente. Ma l’ostacolo forse più significativo alla sottoscrizione dell’intesa è stato determinato, come intuibile, dalle coperture finanziarie delle nuove competenze richieste dalla Regione.

Tale ostacolo pare sia stato superato da un accordo con il Mef volto ad avviare un percorso che, partendo da una fase iniziale in cui le risorse sono calcolate sul costo storico dell’esercizio delle funzioni, approderà al calcolo delle risorse in base a costi e fabbisogni standard e che, soprattutto, garantisce una copertura a saldo zero e il conseguimento delle risorse tramite la compartecipazione di imposte.

Il risultato ottenuto dal Veneto denota: chiarezza e ampiezza di visione negli obiettivi dell’azione politica; determinazione nel perseguirli, pur nel variare delle legislature; adeguatezza degli strumenti tecnici prescelti e acume nel loro utilizzo; volontà perentoria di assunzione di responsabilità come ragione ultima della richiesta di autonomia.

Le voci, peraltro politicamente trasversali, che si levano per denunciare questo risultato come un attentato all’unità del Paese o uno strumento per amplificare le diseguaglianze tra i cittadini, non tengono adeguatamente in considerazione non solo il fatto che c’è comunque la garanzia costituzionale data dal principio-dovere di solidarietà (articolo 2 della Costituzione), ma nemmeno che, nel caso concreto, questo accordo non determinerà il venir meno di alcun meccanismo perequativo, né determinerà squilibri di sorta tra le Regioni, proprio perché ciò che cambia è solo il soggetto che eserciterà le funzioni, gestirà le risorse e se ne assumerà la relativa responsabilità.

Ma è proprio questo il punto rivoluzionario, che può provocare l’inversione della sempre più diffusa e negativa tendenza alla deresponsabilizzazione: l’affermazione chiara del principio di corrispondenza tra funzioni, risorse e responsabilità, coniugata con il cambio di prospettiva che pone al centro non un’idea astratta di Stato, da cui dipendono imperscrutabilmente i destini delle comunità, ma le Regioni come mattoni che compongono l’edificio statale e la cui efficienza non può che ripercuotersi positivamente sull’intero edificio.

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