L’Austria salva Hypo Bank e anche la sede di Tavagnacco

Lo Stato copre il “buco” da 280 milioni e ricapitalizza l’istituto con 100 milioni. La manovra mette in sicurezza la società e dà più certezze a 315 dipendenti

KLAGENFURT. “Keep calm and carry on”, Hypo Bank viaggia in totale sicurezza. Anzi, è oggi forse la banca più sicura d’Italia. Il “miracolo” si legge nel bilancio approvato sul filo di lana, prima che scadesse il termine del 30 giugno.

La soluzione sembra oggi l’uovo di Colombo, ma non lo era stata fino a pochi giorni fa. Per quattro mesi il management della banca italiana, di cui è azionista unico lo Stato austriaco, attraverso una sua Bundesholding, ha lavorato pancia a terra, per far tornare i conti.

Che in partenza erano orrendi: un buco di 280 milioni, che avrebbe praticamente azzerato il capitale. Le norme bancarie in vigore impongono una “ratio” (rapporto tra patrimonio proprio e crediti concessi) dell’11,5% (in passato era stata dell’8%) e una liquidità sufficiente.

Con una perdita di quelle dimensioni la “ratio” sarebbe scesa allo 0,6% e le casse sarebbero rimaste vuote. Non sarebbe stato possibile redigere quello che viene definito «un bilancio in continuità aziendale» e Bankitalia avrebbe commissariato l’istituto.

Per capire le dimensioni del rischio corso, bisogna fare un passo indietro fino al 1º marzo scorso e fornire alcuni aggiornamenti societari. Hypo Italia è nata come banca controllata dalla holding carinziana Hypo Alpe Adria Bank (assieme a tante altre Hypo Bank nazionali in Austria e nel Sud-Est Europa).

Dall’estate scorsa le altre Hypo Bank sono state tutte vendute, la holding è stata trasformata in una bad bank che si chiama Heta Asset Resolution e Hypo Italia è sopravvissuta da sola come banca, avendo come azionista la Bundesholding, cioè lo Stato austriaco che abbiamo menzionato sopra.

Veniamo dunque a quel 1º marzo, che era una domenica. A fronte di una nuova emergenza di Heta di oltre 7 miliardi, il ministro delle finanze austriaco Hans-Jörg Schelling dispone quel giorno una moratoria fino al 2016 di tutti i debiti della bad bank.

Significa che le obbligazioni in scadenza della ex Hypo non saranno più onorate. Ma il provvedimento riguarda anche Hypo Italia, per la quale Hypo International (ora Heta) era il principale finanziatore (accanto al flusso di denaro proveniente dalla clientela), con un rapporto contrattuale che comportava il rinnovo automatico dei prestiti in scadenza.

Con la moratoria disposta dal ministro quel rinnovo non ci sarebbe più stato. Ciò avrebbe messo in crisi Hypo Italia e, quel che è peggio, avrebbe potuto creare un esodo accelerato della clientela. E, in effetti, in marzo la banca di Tavagnacco ha rimborsato 70 milioni, tra bond e depositi, contro una media mensile di 10/15 milioni.

Non vi sono stati tuttavia problemi di liquidità, grazie ad accantonamenti prudenzialmente disposti in precedenza proprio per evenienze del genere. Me se i prelievi fossero stati maggiori (tra bond e depositi, Hypo Italia gestisce ancora circa 300 milioni della sua clientela), le conseguenze sarebbero state allarmanti.

Lo stop di Heta a rifinanziare Hypo Italia è stato uno dei fattori di difficoltà. Ma le ragioni del “buco” in bilancio di 280 milioni sono altre. La prima è data dalla truffa dei leasing dopati: tutti i clienti coinvolti sono stati rimborsati con gli interessi, con un costo che per la banca è stato di oltre 100 milioni.

La seconda, da una politica di valutazione molto prudenziale dei crediti deteriorati, con rettifiche addirittura del 68%, ottenute attraverso perizie aggiornate sui mutui e sui leasing immobiliari.

Colmare quell’enorme perdita ha richiesto un intenso confronto con Heta, il Ministero delle finanze austriaco, il Finanzmarktaufsicht (Fma), organo di vigilanza sulle banche, lo Stato austriaco attraverso la Bundesholding. Un lavoro che nelle ultime settimane è stato frenetico e nel quale Hypo Italia ha sempre avuto al fianco la Banca d’Italia.

L’obiettivo di fondo – ci ha detto il direttore generale Marco Gariglio – era convincere gli interlocutori d’Oltralpe che era nell’interesse della Repubblica austriaca che Hypo Italia proseguisse la sua attività «in continuità aziendale», perché altrimenti sarebbe passata in gestione a Bankitalia, che avrebbe tenuto più conto degli interessi della clientela che non dell’azionista austriaco.

Ed ecco allora le “medicine” per riportare in attivo i conti. In deroga alla moratoria disposta il 1º marzo, Heta rinuncia ai propri crediti nei confronti di Hypo per un ammontare corrispondente alle perdite previste nel 2014. La Bundesholding, a sua volta, conferisce 100 milioni in Hypo Italia, come nuovo capitale.

La stessa Bundesholding dispone un ulteriore finanziamento di 96 milioni. Heta, infine, dispone una nuova linea di credito per Hypo Italia, a cui si potrà attingere in ogni momento, qualora si presentassero problemi di liquidità.

Grazie a queste misure, Hypo Italia ha ora una copertura del 3,8% per i crediti performanti (contro la media dello 0,6% delle altre banche, secondo dati Bankitalia), del 36% sui crediti in difficoltà (contro la media del 22%) e addirittura del 68% sui non performing loans perduranti (contro la media del 52%).

Sono questi i dati di bilancio per cui in apertura avevamo scritto che Hypo è forse oggi la banca più sicura d’Italia e che proprio per questo potrebbe più facilmente trovare un nuovo acquirente, in grado di restituirle piena operatività e dare qualche certezza in più ai suoi 315 dipendenti.

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