L’attico di palazzo Moretti riqualificato dagli studenti

Porta la firma dei ragazzi delle classi quinte dell’indirizzo Costruzioni, ambiente e territorio dell’It Marinoni il progetto per il recupero e la riqualificazione dell’attico del palazzo Moretti di piazzale Osoppo, immobile confiscato alla criminalità organizzata, assegnato al Comune di Udine e destinato a nuovo uso di residenza protetta. L’attività, autorizzata e finanziata dal Miur nell’ambito del Programma operativo nazionale 2014-20, ha ottenuto la collaborazione dell’Osservatorio regionale antimafia. Ed è in quest’ottica educativa che, nei giorni scorsi, l’aula magna dell’istituto ha ospitato l’incontro con tre dei suoi cinque componenti.

Il coordinatore, Michele Penta, dopo una breve analisi sulle caratteristiche delle organizzazioni mafiose e sulle specificità delle loro attività criminali, ha ricordato come il principale compito dell’Osservatorio in regione sia quello di monitorare la presenza della criminalità organizzata sul territorio, anche e in specie nelle sue connotazioni in apparenza meno evidenti all’opinione pubblica, per poterne cogliere le dinamiche, e promuovere «interventi di prevenzione e di contrasto del fenomeno sempre più attuali ed efficaci».

La giornalista Luana de Francisco ha focalizzato l’intervento sul carattere silente del fenomeno mafioso a nord-est, di cui si ha conoscenza solo attraverso le indagini giudiziarie e la cronaca giornalistica, ma che si insinua in forme meno riconoscibili, anche per l’impossibilità di rendere il tessuto socio-economico sempre e comunque impermeabile e per le possibili cointeressenze di frange dell’imprenditoria e della politica locali. Ha suscitato interesse, in particolare, il caso giudiziario a monte della confisca dell’attico che, ora in affitto, vedrà nuova vita sociale grazie alla proposta degli studenti del Marinoni.

L’avvocato Maila Gualteroni si è infine soffermata sugli aspetti giuridici delle strategie di contrasto alle mafie, facendo riferimento alla legislazione antimafia, che oggi consente di attaccarne i patrimoni di formazione illecita per un fine di grande significato democratico: la restituzione sociale dei beni confiscati. In questo modo, si indeboliscono le organizzazioni criminali, si afferma il principio di legalità nei luoghi in cui la mafia esercitava potere, si sconfigge il falso mito dell’invincibilità della mafia perché si dimostra che l’azione repressiva dello Stato, rivolgendosi non solo contro le persone, ma anche le loro ricchezze, oltre a provocare un ingente danno economico, può incidere sull’immagine e l’autorità dei suoi esponenti.

Il progetto punta a sviluppare competenze tecniche professionali coerenti con il percorso di studi e a promuovere competenze di cittadinanza attiva in un’ottica di valorizzazione del patrimonio culturale, artistico, paesaggistico come bene comune e potenziale per lo sviluppo democratico del Paese. —

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto