La svastica a San Daniele e quel tentativo di cancellare la Storia - L'editoriale

L’amore è più forte dell’odio. Questo vuole dire il cuore che San Daniele ha appiccicato al muro per coprire la svastica, prima di cancellarla. È una buona consolazione per quanti, come noi, sono portati a sperare che il Bene alla fine trionfi.
Ma il Male c’è e da qualche settimana alligna in San Daniele, città abitata per secoli da una importante comunità ebraica. Prima un consigliere comunale, poi un corvo autore di lettere antisemite, infine una mano vile armata di pennarello stanno cercando di sottrarre alla Storia un elemento costitutivo del Friuli: gli ebrei.
Trovo preoccupante la trascuratezza applicata a questi episodi. Fossero accaduti a Udine, che ebbe un sindaco di religione ebraica, morto nel 1944 mentre veniva portato al campo di concentramento di Auschwitz, o a Trieste, la città da cui Mussolini promulgò le leggi razziali, si sarebbero stracciati le vesti in molti. Ciò è insopportabile.
Quel che sta accadendo a San Daniele riguarda tutti noi, fosse anche colpa di un manipolo di insensati privi di intenti politici. Se siamo disposti a considerare con cotanta leggerezza l’esibizione dell’antisemitismo e la diffusione dei simboli nazisti significa che l’ignoranza populista avanza. Vincono i propagatori di veleno, quanti annullano o rimodellano la memoria. Che non è solo quella dello sterminio degli ebrei. È pure la nostra di cristiani qui, sul confine fra i due Imperi, intrisa di sangue sparso tra nemici e tra fratelli, come ammonisce la strage di Porzûs che oggi viene ricordata.
Il confine fra l’esibizione di svastiche mortifere e il conflitto violento fra corpi sociali, prima verbale e poi fisico, è molto labile. In Friuli e nella Venezia Giulia non si può sostenere che questo sia facile allarmismo: il Sacrario di Redipuglia, la foiba di Basovizza, l’occupazione cosacca e il muro di Gorizia stanno lì a ricordarci che non si sa mai come s’inizia ma si sa sempre come va a finire.
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