La sfida impossibile delle aree dismesse

CIVIDALE. Fino ai primi anni Novanta lo scorrere del tempo era scandito dal suono della sirena che determinava l’ingresso degli operai all’Italcementi, e dalla tromba che annunciava l’alzabandiera e intonava il silenzio, inizio e fine delle attività nelle caserme della città ducale. Perché quella volta – ricordano i cividalesi – se non lavoravi sotto lo sguardo del Tabogàn, la ciminiera simbolo dell’opificio, eri per forza un militare. Un modo di dire che racconta molto bene il legame strettissimo tra Cividale e la Difesa. Oltre a essere tra le città decorate al valor militare per la guerra di Liberazione, nel secondo dopoguerra, Cividale è stata la sede del comando e di alcuni reparti della Brigata meccanizzata “Isonzo”, posta a difesa della frontiera orientale in caso di invasione da parte delle truppe del patto di Varsavia.
Tra alpini e reparti di fanteria, i militari erano alcune migliaia: più di un residente su tre indossava l’uniforme. Oggi invece l’unica caserma operativa è la Francescatto, sede, ancora per poco, dell’ottavo reggimento alpini. Le penne nere sembrano infatti destinate a spostarsi a Venzone nel 2017. E Cividale dovrà fare i conti con un’altra cittadella da riqualificare.
Una sfida quasi impossibile da vincere per il Comune che, in tempi di crisi e con la spada di Damocle del patto di stabilità sempre puntata contro, deve necessariamente chiedere aiuto ai privati per affrontare investimenti milionari.
In un caso l’amministrazione guidata da Stefano Balloch la sua sfida l’aveva anche vinta coinvolgendo l’Ater, la Guardia di finanza, l’Agenzia del Demanio e il Ministero dell’Economia in un progetto da 25 milioni di euro per il recupero delle caserme Zucchi e Lanfranco. Un progetto complesso e ambizioso che, con il supporto finanziario della Regione, prevedeva da un lato la realizzazione della nuova caserma della Gdf e dall’altro la costruzione di un’area residenziale di pregio, solo in parte destinata all’edilizia convenzionata, il tutto immerso in un’area verde a pochi passi dal centro. Le due caserme si trovano infatti in via Zuccola, sulla strada che porta a San Pietro, un’oasi di tranquillità a meno di un chilometro dal ponte del Diavolo.
Quello che potrebbe essere un paradiso al momento è però soltanto un villaggio fantasma. Abbandonata dal 1994, l’intera area, che si sviluppa su una superficie di 67.500 metri quadrati, è stata presa di mira dai ladri che hanno rubato tutto quello che si poteva rubare, sanitari, infissi, rame. Sono stati portati via persino i tombini in ghisa. E quello che poteva essere un tesoro, per il Comune si è rivelato un costo. L’amministrazione che ha ereditato gli immobili quando ormai già cadevano in pezzi è stata infatti costretta a spendere 10 mila euro per mettere in sicurezza il tetto e salvaguardare gli affreschi della cappella intitolata alla Beata Benvenuta Bojani che risale al XIII secolo. Un gioiello che rischia di rimanere nascosto a lungo.
Se per dare il via alla realizzazione della caserma della Gdf mancano all’appello soltanto 500 mila euro della Regione infatti, il progetto residenziale va invece completamente ripensato. «In quattro anni è cambiato il mondo», spiegano il presidente e il direttore dell’Ater, rispettivamente Luciano Aita e Domenico Degano. L’accordo risale infatti al 2011 e aveva una scadenza fissata al 2017. «Immaginare oggi un intervento del genere – taglia corto Aita – è impossibile, non ci sono soldi e non possiamo certo fare da banca e distrarre i pochi fondi disponibili da quelli che sono i nostri compiti istituzionali». Il recupero insomma dovrà essere completamente rivisto. Il consigliere di minoranza Cesare Costantini ha suggerito di realizzare un ostello, ma il sindaco spera ancora di poter ridiscutere l’accordo per trovare una soluzione che consenta il recupero delle ex caserme.
Al momento l’unica che il Comune è riuscito a “riconvertire” è la caserma Miani, poco meno di 50 mila metri quadrati che almeno in parte vengono sfruttati come magazzino o deposito: è lì, a Grupignano, che trovano posto gli allestimenti del palio, del Mittelfest e della messa dello spadone oltre ai pannelli elettorali e alle casette di legno per i mercatini. L’area verde che fino a poco tempo fa era invasa dai rovi adesso è diventata l’Oasi arborea d’Italia, un vivaio inedito con piante e alberi in rappresentanza di tutto lo Stivale. Sull’altro lato dell’area militare ci sono invece gli ex alloggi di soldati e ufficiali: nove palazzine di proprietà del Demanio quasi completamente abbandonate. Il sindaco, quando la Prefettura gli aveva chiesto la disponibilità di alcune scuole per ospitare i profughi, aveva suggerito di utilizzare quegli appartamenti, ma la proposta non ha avuto seguito. A ospitare i profughi in fuga dall’area balcanica per la guerra dell’ex Jugoslavia era stata invece la caserma Vescovo di Purgessimo. Prima della crisi economica, l’amministrazione guidata dall’allora sindaco Attilio Vuga l’aveva chiesta invano: la cessione non rientrava fra le priorità del Demanio. Dall’ultimo utilizzo legato all’accoglienza sono passati 20 anni e gli edifici si trovano ormai in pessime condizioni.
Un’altra cattedrale nel deserto è la zona artigianale che si può ammirare all’ingresso a ovest della città, dalla rotonda delle “3 Pietre”. Pensata prima della crisi si distende su una superficie di oltre 500 mila metri quadri e avrebbe dovuto accogliere decine e decine di aziende, invece fino a oggi è stato realizzato un solo capannone per la gioia dei ladri che si sono portati via i cavi di rame per l’illuminazione, nonchè degli amanti della corsa che hanno uno spazio in più dove allenarsi.
Un ulteriore problema per Cividale che dopo il riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’Unesco ottenuto nel 2011 punta a trasformarsi da località militare a cittadina a vocazione turistica e culturale. Per riuscirci, come nel caso dell’ex Italcementi ora sede della banca e del comparto Petrucco che oggi ospita la Coop, sarà indispensabile l’intervento dei privati. Anche perché i pochi soldi che sarebbero disponibili non sono utilizzabili a causa del patto di stabilità. «Abbiamo già stanziato 3 milioni di euro per il restauro e la valorizzazione del monastero di Santa Maria in Valle (che fa parte della “core zone Unesco”, ovvero l’area per cui è richiesta la maggior tutela) - spiega il sindaco Stefano Balloch -, ma incredibilmente non possiamo utilizzarli per poter completare il centro visita e il museo del Tempietto».
Una situazione assurda tanto più che a dicembre si è aperto uno squarcio nel tetto del sito Patrimonio Unesco che rischia di crollare. Sull’onda dei disastri verificatisi a Palmanova il primo cittadino ha lanciato anche un “Sos Cividale” che però, al momento, è rimasto inascoltato.
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