La Regione punta alla quarantena per chi va a sciare in Austria e Slovenia

UDINE. La Regione ha chiesto al Governo di prevedere, nelle pieghe del prossimo Dpcm che dovrà essere firmato da Giuseppe Conte entro il 3 dicembre, la quarantena obbligatoria per quegli italiani che dovessero andare all’estero – ma nel nostro caso soprattutto in Austria oppure Slovenia – per sciare, ma anche semplicemente trascorrere le vacanze natalizie oppure, in alternativa, una vera e propria chiusura dei confini.
La posizione del Friuli Venezia Giulia, in fondo, era stata anticipata ieri mattina dal vicepresidente Riccardo Riccardi attraverso i social. «Non basta l’aspetto economico – aveva “cinguettato” su Twitter l’assessore alla Salute – . Il Friuli Venezia Giulia si trova al confine con due Paesi dove si può sciare. Mi auguro che qualcuno, la Regione non potrebbe farlo, ricordi l’effetto-ritorno dalle vacanze dall’estero di quest’estate. Il Covid-19 d’importazione ha contribuito non poco alla ripresa del contagio».
E così, quando nel pomeriggio è andato in scena il confronto tra Governo e Regioni in relazione alla gestione del Natale e della stagione invernale – con l’esecutivo sempre più orientato a rimandare l’apertura almeno a gennaio –, Massimiliano Fedriga ha ribadito il concetto con buona parte dei presidenti che anche da parte loro hanno chiesto una sorta di chiusura delle frontiere nel caso in cui non si riesca a trovare una posizione comune con Austria, Slovenia e Svizzera che si sommi a quella che – sembra – essere stata trovata con Francia e Germania.
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Nel frattempo il centrodestra continua a chiedere chiarezza e aiuti per quelle attività che non potranno nemmeno inaugurare la stagione. «Vietare lo sci in Italia ma consentirlo in altri Paesi d’Europa non avrebbe senso e rappresenterebbe un duro colpo a un settore già in difficoltà – ha detto l’europarlamentare del Carroccio Elena Lizzi che ha chiesto sostegno a Bruxelles tramite un’apposita interrogazione in materia –. Pare che l’Ue stia valutando di chiedere agli Stati membri di bloccare le aperture delle piste, impedendo così lo svolgimento della stagione turistica invernale. L’economia di montagna è già fragile e sottoposta a continui stress, uno choc del genere potrebbe portare alla perdita di migliaia di aziende e decine di migliaia di posti di lavoro, con devastanti ricadute sociali che potrebbero diventare irreversibili. Serve una decisione chiara, a livello europeo. Siamo ancora in attesa di sapere cosa intenda fare il Governo, che finora non ha comunicato come sosterà il comparto del turismo invernale che in Italia vale 10 miliardi di euro e occupa più di 150 mila persone, molte delle quali con contratti stagionali».
Una posizione, questa, simile a quella dell’azzurra Sandra Savino. «Tra una decina di giorni con ogni probabilità in Austria e Slovenia, dove già sono in vendita gli skypass, prenderà il via la stagione sciistica – ha spiegato la parlamentare azzurra –. In Italia invece gli impianti sciistici sono serrati con la concreta l’ipotesi che la chiusura possa protrarsi ben oltre il periodo natalizio. E non si parli di differenti situazioni epidemiologiche, perché il quadro non è così differente. Ecco perché è necessario un coordinamento europeo per scongiurare una sorta di concorrenza sleale che danneggerà un importante comparto turistico. Se non interverrà l’Europa, il risultato sarà che, solo per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia, gli appassionati avranno la possibilità di sciare oltre confine, invertendo una tendenza che vedeva il turismo estero coprire quasi la metà delle presenze nelle stazioni Tarvisio/Monte Lussari, Ravascletto/Zoncolan. La tutela della salute prima di tutto, ma non possiamo non tener conto di questa evidente disparità».
Palese, infine, la richiesta di un altro azzurro, Roberto Novelli. «Il risultato attuale è che – ha sostenuto – gli italiani che lo vorranno potranno andare all’estero a sciare per poi tornare in Italia. Con il rischio di importare il virus. E nel frattempo il comparto pagherà un prezzo carissimo. Poche garanzie dal punto di vista sanitario, molti danni dal punto di vista economico».
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