Coronavirus, dagli impianti incassi per 12 milioni di euro: Natale vale da solo il 30% di ricavi

Operatori economici e sindaci di Carnia e Tarvisiano preoccupati per lo scenario attuale. Chieste soluzioni univoche: se restiamo chiusi, deve valere anche per Austria e Slovenia 

UDINE. Un settore che, in Friuli Venezia Giulia, dà lavoro a centinaia di addetti e che, solo con l’apertura degli impianti nei sei poli sciistici, incassa 12 milioni di euro a stagione. Numeri, questi, che stridono con quelli raggelanti delle vittime del Covid 19, che ogni giorno si sommano in un elenco lunghissimo. Ma purtroppo la pandemia, della quale non si vede ancora la fine, sta mettendo muro contro muro salute ed economia, in un corto circuito che paralizza la nostra società.

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E così si provano a studiare tutte le opzioni per salvare quante più vite possibili, visto che la malattia è altamente contagiosa, e quanti più posti di lavoro e attività imprenditoriali. L’Italia, parole del Premier Conte, è orientata a vietare le vacanze sugli sci, almeno fino dopo le feste natalizie. Ma il governo chiede una soluzione europea, perchè è evidente che se Tarvisio e Sella Nevea fossero costrette a chiudere, e nello stesso tempo a Pramollo e Kraniska Gora ci si potesse esercitare in discese e slalom, saremmo di fronte al classico caso di beffa oltre al danno. Proprio le nostre stazioni sciistiche, che sono di confine, potrebbero soffrire ancora di più la situazione.



Paola Schneider, presidente degli albergatori del Fvg e titolare di un hotel di montagna, ha le idee chiare. «Sono d’accordo con Fedriga, non possiamo chiudere solo noi - spiega - . Se c’è una linea comune a livello europeo, va bene, se ci sono disparità, bisogna pensare ad altre strategie, inutile regalare turisti agli altri. Sarà una battagliona, ma se le problematiche sono così pesanti dal punto di vista sanitario, bisogna prendere una decisione univoca. Perdere una stagione invernale intera non è una passeggiata, tanti rischiano di andare sottosopra.

La salute è bene comune, bisogna pensare a quello, diciamo no alla guerra tra poveri. In montagna operano un centinaio di alberghi e poi c’è l’indotto: maestri di sci, logistica, guide, trasporti. Lo sci dà lavoro a migliaia di persone e solo il Natale vale un terzo dell’incasso della stagione. E si tenga conto che perderemo tutti i turisti dell’Est Europa, non credo che si spostino, sono messi peggio di noi per il Covid. La corsa alla settimana bianca non ci sarà, è evidente. Il Natale invece è turismo di prossimità, ci farebbe sopravvivere».

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Ermes De Crignis è sindaco di Ravascletto, nel comprensorio dello Zoncolan (30 km di piste), e maestro di sci. «Abbiamo parlato con tutti gli operatori - afferma - . La preoccupazione c’è, soprattutto dal punto di vista sanitario, ci auguriamo di essere arrivati in cima e che la curva cominci a flettere, l’auspicio è che nella seconda metà di dicembre si possa essere più tranquilli e liberi. Se ci danno la possibilità di aprire gli impianti, faremo una sensibilizzazione forte per utilizzarli nella sicurezza più grande possibile: per un anno si può anche sopportare una perdita di un terzo del fatturato, a patto che ci siano i ristori. Abbiamo 5 alberghi, qualche appartamento in affitto, con 500 posti letto e molte seconde case. Arriviamo a 850 seconde case che se riempite in parte potrebbero creare un giro abbastanza alto, ma bisogna risolvere prima il problema della pandemia».



Prudente anche il sindaco di Tarvisio Renzo Zanette. «Ancora notizie sicure non se ne hanno, ma sembra che austriaci e sloveni possano aprire - osserva - . Se effettivamente sarà così, ci auguriamo che noi non saremo da meno: se trova chiuso qua, la gente andrà a sciare all’estero. Tarvisio perderebbe un indotto importante, con centinaia di persone in difficoltà, si metterebbero in crisi le strutture turistiche, gli alberghi. Per fortuna l’estate ha funzionato, c’è stato un recupero.

Chiudere adesso gli impianti sarebbe una mazzata per tutte le attività che hanno fatto investimenti per ammodernare e rendere sicure le strutture. Siamo preoccupati di questa situazione, ci auguriamo che il Governo abbia una posizione unica, non aree che aprono e altre che non aprono. E la soluzione europea, sarebbe importante. Speriamo di superare, attraverso le restrizioni, la fase più delicata e a Natale avere condizioni per cui gli impianti possano essere aperti. Non si può pensare di avere Pramollo e Kraniska aperti e noi chiusi, anche se da loro la situazione sanitaria non è migliore rispetto al Friuli».

Il direttore di Promoturismo Lucio Gomiero attende paziente. «Aspettiamo l’evoluzione sanitaria, il tema dello sci riguarda il Natale ma anche il dopo - spiega - . Io posso aspettare ancora un paio di settimane prima di prendere le decisioni definitive. Il punto fondamentale è questo: il protocollo di sicurezza per gli sciatori è una condizione necessaria, ma non sufficiente, prima infatti deve esserci la mobilità fra Comuni e Regioni. Come Friuli dobbiamo diventare gialli, se sei rosso o arancione è molto difficile riuscire ad aprire gli impianti, ecco che l’evoluzione dello scenario sanitario diventa fondamentale. Ma noi abbiamo molti sciatori locali, tanti giornalieri. Di fatto potremmo anche sganciarci dal concetto di vacanza invernale».

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