La polizia: Annalaura uccisa da un 14enne

L’accusato è David Rosset, oggi 34 anni, venditore di computer. La madre lo avrebbe aiutato
Sino all’altro giorno era un pordenonese come tanti. Ora non più. Secondo le tesi investigative della Squadra mobile, David Rosset, 34 anni, residente in città in via Gemona 6 e impiegato al negozio di informatica Armotech, in viale Grigoletti, accanto alla caserma della Guardia di Finanza, sarebbe, infatti, l’assassino di Annalaura Pedron. Uccisa il 2 febbraio 1988 in città, in un appartamento in via Colvera dove stava accudendo il bimbetto di cui era baby sitter, all’epoca Annalaura aveva 21 anni; David Rosset, nato il 7 giugno 1973, ne aveva esattamente 14 e 10 mesi. Era minorenne, insospettabile, all’epoca ascoltato, ma mai davvero sospettato. Conosceva Annalaura in quanto figlio di Gianfranco Rosset e Rosalinda Bizzo, i quali, assieme alla primogenita Deborah, erano adepti di Telsen Sao, la setta di cui era fondatore e guida Renato Minozzi, e di cui anche la giovane assassinata faceva parte. Nella giornata di ieri, David Rosset - che aveva trascorso il week-end a Verbania, in Piemonte, assieme ad amici - è stato raggiunto da un invito a presentarsi nella Questura di Pordenone per “comunicazioni” che lo riguardavano. Questura dove, già in mattinata, erano stati convocati i genitori Rosalinda e Gianfranco e la sorella Deborah. Tutti e tre sono stati ascoltati - alla presenza di inquirenti e magistrati - per stabilire quanto sapessero della vicenda e che ruolo possano eventualmente aver avuto all’epoca nell’occultare o tacere elementi determinanti alla soluzione del caso. David Rosset è arrivato in Questura intorno alle 19 ed è stato ascoltato per ore dagli inquirenti. Insieme a lui, sono state riascoltate la madre e la sorella, tutti assistiti dall’avvocato Filomena Acierno. Stando a quanto si è appreso, i faccia a faccia sarebbero proseguiti sino a notte fonda con un sostanziale muro contro muro. L’accusa è convinta di una tesi, la difesa si avvale della facoltà di non rispondere, negando di fatto qualsiasi tipo di coinvolgimento. Al di là del ruolo di primo piano recitato da Rosset, dei tre indagati in famiglia, la persona che la polizia ritiene abbia avuto un ruolo chiave nel “giallo Pedron” è la madre di David, Rosalinda Bizzo Rosset. Al momento, nei suoi confronti l’accusa sarebbe quella di “vilipendio di cadavere”. Questo la dice lunga. Anzi, potrebbe spiegare tutto. Potrebbe spiegare come il movente che ha portato un ragazzino di nemmeno 15 anni a soffocare con un cuscino una giovane donna di 21 sia stato passionale. E come, commesso l’irreparabile in un raptus di violenza da amore non corrisposto, l’indagato abbia chiamato la madre perché lo aiutasse a porre rimedio a quel disastro. Il mai risolto “omicidio Pedron” ha sonnecchiato tra fascicoli e reperti archiviati in tribunale per quasi vent’anni. Ma un caso di assassinio, in prescrizione, non cade mai, e mai gli inquirenti della polizia di Stato succedutisi nel tempo hanno ignorato il tarlo di quell’“insuccesso”. Sino a che, più o meno l’anno scorso, determinazione e supporti tecnologici all’epoca inesistenti, hanno dato la svolta all’indagine. Una svolta che si chiama Dna. Negli ultimi mesi, i poliziotti della Squadra mobile, guidati dal dirigente Massimo Olivotto e coordinati dai magistrati Luigi Delpino e Annita Sorti, hanno nuovamente perquisito abitazioni, passato al setaccio prove e documenti, riascoltato e confrontato testimonianze. A ritagliare attorno alla persona di David Rosset l’inaspettato ruolo di principale indagato sarebbe stato il Dna su sangue e impronte, all’epoca impossibile da “catalogare”, trovato sulla scena del crimine assieme a quello di Annalaura. A indicare nella madre Rosalinda la figura che lo avrebbe aiutato e gli avrebbe permesso, per oltre vent’anni, di condurre un’esistenza normale, sarebbero testimonianze oculari e altre prove che, al momento, non è dato conoscere. Vedremo infine se, ad avallare senza margini di dubbio le tesi investigative della polizia, sarà, a questo punto, la coscienza di entrambi o se, come hanno fatto ieri, gli indagati continueranno a difendersi tacendo e negando ogni accusa.

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