La montagna era la sua meta ogni domenica

A Gemona la vittima gestiva col fratello la concessionaria Fiat. Il sindaco Urbani: un grande lavoratore

GEMONA. La montagna si porta via un altro scalatore esperto. Riccardo Aita, 55 anni, scomparso improvvisamente ieri sullo Jof Fuart, conosceva bene l’alta quota. Ogni domenica, dopo una settimana di lavoro, per lui era una meta frequente. A Gemona era ben conosciuto perché, assieme al fratello Renato, era titolare dell’autofficina e rivenditore Fiat situata sulla Pontebbana, all’altezza di Campagnola. Quell’autofficina sulla statale 13 fa ormai parte della storia di Gemona, visto che è operativa ancora prima delle scosse del terremoto quando era gestita dal padre dei due fratelli, Gianfranco: proprio in quella prima officina meccanica, inizialmente situata all’altezza di Ospedaletto e successivamente ricostruita e ingrandita a Campagnola, Riccardo imparò i rudimenti del mestiere. Una realtà produttiva, quella dei fratelli Aita, sempre operativa nonostante i tempi di difficoltà economica, tant’è vero che la scorsa primavera erano stati premiati proprio a Gemona dalla Confartigianato di Udine, in occasione della celebrazione di San Giuseppe, perché selezionati tra gli imprenditori che hanno saputo affrontare la crisi. «Un grande lavoratore - ci ha detto il sindaco Paolo Urbani - e una persona molto affabile. Ricordo di averlo salutato proprio due giorni fa in paese. E’ davvero una grande perdita per la comunità: l’autofficiana Aita che gestiva con il fratello Renato è una delle realtà produttive storiche, che negli anni ha saputo dare lustro per la professionalità e la serietà. Siamo vicini alla famiglia».

Riccardo Aita lascia la moglie Gina Cosani e la figlia Paola. Se il lavoro e la famiglia erano l’impegno costante, Aita aveva appunto una grande passione per la montagna che frequentava soprattutto nel fine settimana. Iscritto da diversi anni al Cai di Gemona, era un provetto escursionista e chi lo conosce bene è ancora stupito dalla tragica fine, ancora più incomprensibile per chi ricorda la precisione e la scrupolosità di un uomo abituato a fare le cose con attenzione. Anche la sua pagina facebook è un segno tangibile dell’amore per le alte quote, che molto spesso erano quelle fotografate da lui stesso e pubblicate sul social network dove lo si vede scalare le pendici del Glemine oppure avventurarsi tra salite innevate, ma anche riportare qualche traccia di montagna per i più pigri che si godono sullo schermo virtuale i suoi scatti raffiguranti stelle alpine, segni religiosi, oppure parole scolpite nella pietra: «Volevamo dare il nostro contributo - ha scritto parlando della croce sulla vetta del Cjampon - portando acqua che servirà per il calcestruzzo atto a riconsolidare la croce. Il contenitore è stato momentaneamente lasciato “tai girs” ripromettendoci di portarlo in vetta prima possibile. E’ un debito che abbiamo con una montagna che ci regala momenti come quelli in foto».

Piero Cargnelutti

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