La ferrovia rimasta incompiuta che doveva arrivare a Pordenone

Pochi i manufatti rimasti come testimonianza: un ponte in pietra e pezzi di rotaie in Comina 

la storia

Le ricorrenze fanno emergere storie coperte dall’oblio. La giornata di oggi, per esempio, è dedicata alle ferrovie dimenticate. Tanti avianesi ricordano la ferrovia Sacile-Pinzano-Gemona per averla percorsa da emigranti, cuochi o camerieri negli alberghi veneziani. Tanti la ricordano da militari, quando partivano per le caserme di Osoppo e Gemona, tornando poi in licenza ad Aviano. Studenti e lavoratori la usano ancora. Gli avianesi però hanno memoria di un’altra ferrovia particolare, con pochi manufatti rimasti: il ponte in pietra tagliata che scavalca il torrente Cavarezza nella campagna e, consumato l’asfalto, pezzi di rotaie riemersi in Comina. Infine un tratto di terrapieno, sempre in Comina, testimonia l’inizio dei lavori sulla massicciata. Molti disoccupati, reduci dagli orrori della prima guerra mondiale, avevano sperato, terminato il conflitto, nella costruzione di quell’opera ferroviaria, cominciando i lavori senza la garanzia di essere pagati. Scioperi alla rovescia (lavori spontanei) e dimostrazioni di piazza per essere pagati si sono susseguiti dal 1919 al ’21. Il 4 marzo 1920, durante una manifestazione, i carabinieri spararono sui dimostranti all’inizio di piazza Duomo, uccidendo Luigi Tassan Lugrezin, 20 anni, e ferendo gravemente Agostino Tassan Chiaret, di 16.

In seguito l’opera ferroviaria non venne più finanziata. La ferrovia Aviano-Pordenone, concepita dai sindaci socialisti del capoluogo, avvocato Guido Rosso, e di Aviano, Vincenzo Mazzocco, faceva parte di un piano di opere pubbliche volute da sette sindaci del Pordenonese, compresi i due nominati, e dall’avvocato Giuseppe Ellero, deputato socialista nel 1921. Amministratori e politici socialisti avevano progettato di modernizzare le infrastrutture locali. Se realizzato, quel piano di ampio respiro avrebbe garantito lavoro a migliaia di disoccupati. Ellero e Rosso, con l’aiuto dell’ingegner Augusto Mior, responsabile dei lavori pubblici nel municipio di Pordenone, volevano collegare la ferrovia Sacile-Pinzano, costruita per scopi bellici, da Aviano a Roveredo e Pordenone. Un secondo progetto prevedeva di unire, con un’altra ferrovia, Pordenone a Oderzo, dove passa la linea Treviso-Portogruaro. Le grandi opere comprendevano anche la costruzione di un porto fluviale sul Noncello, a ridosso della ferrovia Venezia-Pordenone-Udine.

Le due nuove ferrovie, appena avviate, vennero interrotte e rimasero sulla carta, mentre gli squadristi di Mussolini, usando i camion dell’azienda ferroviaria della linea Sacile-Pinzano, commettevano ogni tipo di violenza contro sindacalisti, soci di cooperative di lavoro e leader socialisti che quei progetti avveniristici cercavano di realizzare. Con l’ascesa del fascismo finì ogni progettualità e cominciò l’emigrazione verso Francia, Belgio, Svizzera e Stati Uniti. —

S.C.

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