La Comunità montana muore e si regala un impianto inutile

PRATO CARNICO. Lungo il confine tra Veneto e Friuli Venezia Giulia, ai piedi di imponenti blocchi rocciosi che svettano fino a 2 mila 400 metri di quota, si trova la piccola località sciistica di Pradibosco, in comune di Prato Carnico.
Siamo in Carnia, in Val Pesarina, a un’ora circa di macchina da Udine. La vista che si apre al turista, una volta giunto sul posto, propone vette tutt’intorno.
Ma è abbassando lo sguardo che ci si rende conto di avere davanti ai propri occhi una montagna ferita, in nome del turismo invernale che propone tanto una pista nuova con relativo impianto di risalita quanto dubbi sulla bontà dell’investimento che è in corso di completamento.
Quella degli impianti sciistici di Pradibosco è una storia che inizia con una fine. Nel 2009 tutto è stato chiuso poiché la concessione trentennale di cui godeva il gestore di allora, l’Amministrazione frazionale di Pesariis, era scaduta. Venne deciso di rifare ex novo pista e servizi. Ingegneri, consulenti, politici locali esposero le proprie idee.
Tra queste, la creazione di una seggiovia, da preferire agli obsoleti skilift non adatti alle caratteristiche del luogo. Ma la seggiovia non venne mai realizzata perché la zona ove avrebbe dovuto sorgere è sottoposta ad un vincolo legato al pericolo di caduta sassi.
Così prevalse lo skilift, con una variante sostanziale: un tappetino di risalita coperto. Costo preventivato dell’opera in corso, 3 milioni di euro, messi a disposizione dalla Regione, gestiti dalla Comunità montana della Carnia, su iniziativa della giunta guidata dal presidente Riccardo Illy.
La cifra sarebbe stata il doppio se fosse stata approvata la seggiovia, ma si è arrivati evidentemente a più miti consigli.
Nel 2014 i progetti sono diventati definitivi e sono state avviate le procedure di appalto e l’iter autorizzativo per la Valutazione di impatto ambientale necessario perché la struttura è inserita in un ambito di un certo valore dal punto di vista paesaggistico.
Nel 2015 i lavori vengono appaltati dalla Comunità montana. La ditta aggiudicataria dovette però rinunciare, essendo emerse irregolarità in seno alla medesima e così l’impegno andò alla Leitner di Vipiteno, in provincia di Bolzano.
Ad ottobre 2015 è partito il cantiere per realizzare una pista nuova, un tappetino coperto, l’impianto di innevamento e la nuova centrale di pompaggio per fornire neve sia alla pista di discesa che al vicino anello di fondo.
Ben mille 300 metri cubi di alberi sono stati rimossi e il legname è stato venduto dal Comune di Prato Carnico per conto del Consorzio Vizza Collina con un ricavo di 110 mila euro, successivamente ripartiti fra sei amministrazioni locali.
«Ma il taglio è stato percepito bene dagli abitanti del posto perché la vegetazione opprimeva» ha detto il sindaco di Prato Carnico, Verio Solari giustificando l’operazione che era stata compiuta.
A questo punto iniziano a sorgere i dubbi, tanto più che nel frattempo la Comunità montana è stata abolita con la riforma delle Autonomie locali.
Quando finiranno i lavori? Solari confida entro l’anno ma nemmeno Francesco Brollo (sindaco di Tolmezzo e presidente dell’Uti della Carnia, subentrata alla disciolta Comunità montana nella gestione delle attività) ha saputo rispondere.
Anche perché lunedì è stata chiusa (e lo sarà per due mesi) la strada regionale della Val Pesarina tra le località Culzei e Tesa per sistemare i due ponti sul Rio Bianco e questo potrebbe comportare rallentamenti anche sulla realizzazione della pista di discesa.
Ci sono strutture ricettive funzionanti a disposizione dei turisti? No, perché l’adiacente hotel Pradibosco, posto di fronte agli impianti, è chiuso da tempo e non può mettere a disposizione i suoi 88 posti letto come faceva una volta, in particolare nella Prima Repubblica, quando era diventato noto perché gli esponenti regionali del Partito socialdemocratico vi tenevano il raduno estivo.
Altri tempi, altri periodi storici. In più se una persona volesse usare il telefonino, potrebbe? No, perché non c’è segnale da parte dei gestori.
Guardando ai costi e usando l’impianto di fondo come parametro, emerge che ogni anno il conto della manutenzione ammonta a 25 mila euro (illuminazione, battitura, sfalci, segnaletica, innevamento e altre migliorie minori) per soli 6 mila euro di incassi. Un vero e proprio flop che pesa sui bilanci pubblici.
«Nessun impianto garantisce un ritorno economico - ammonisce il sindaco - Bisogna mettere in conto che impianto e pista avranno un costo, così come ce l’ha l’anello da fondo. Tenere aperto quest’ultimo è una scelta di politica economica. Mi preoccupa piuttosto la chiusura dell’albergo Pradibosco e che non si riesca a trovare un gestore che voglia prenderlo in affitto. È fondamentale che sia aperto, che eroghi servizi e che crei un turismo. Il gioco, comunque, vale la candela. Poi - prosegue - dipenderà da noi, dagli imprenditori. L’albergo è impegnativo ma ha potenzialità. Io sarei per venderlo. Noi (inteso come Val Pesarina) non abbiamo potenziale per un turismo di massa, lo sappiamo. Ma possiamo comunque far lavorare l’indotto e fare turismo culturale e per famiglie».
Difficile, però, che senza gli impianti sciistici aperti e senza un albergo di spessore, unitamente a problemi di comunicazione, si possa creare un’offerta turistica invernale.
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