La classe dei bulli, «la scuola sapeva»

Nessuna segnalazione sul caso specifico, ma il clima fra i banchi era noto: in passato erano spariti in aula soldi e cellulare

Sul caso di bullismo a scuola che ha spinto una dodicenne del Pordenonese a un gesto estremo il 18 gennaio scorso, la Procura intende vederci chiaro. La relazione dell’ufficio minori della questura è stata depositata sulla scrivania del procuratore della Repubblica Marco Martani.

Saranno disposti approfondimenti istruttori per valutare se vi siano, o meno, eventuali responsabilità di alcuni insegnanti o della stessa dirigente. L’ipotesi di reato – al momento il fascicolo è ancora a carico di ignoti – è di concorso omissivo in atti persecutori.

Scatteranno eventuali iscrizioni nel registro degli indagati nel caso in cui dagli ulteriori accertamenti disposti dal pm emerga che i soggetti preposti alla vigilanza degli alunni abbiano omesso di intervenire nel caso specifico, pur essendone a conoscenza.

«La scuola – ha precisato il procuratore Marco Martani – era al corrente dell’esistenza di problematiche generali in quella classe, tanto che erano già stati presi provvedimenti, ma non erano giunte segnalazioni specifiche sul caso della dodicenne».

La Procura intende verificare anche l’incisività e l’adeguatezza dei provvedimenti presi dalla dirigenza scolastica per arginare il fenomeno. Da quanto si è appreso, già un anno fa, erano state segnalate sparizioni di soldi e di un cellulare durante le lezioni, proprio in quella classe.

Dove la competenza della scuola finisce, però, subentra l’educazione impartita in famiglia: spetterà agli inquirenti appurare se, effettivamente, le istituzioni scolastiche avrebbero avuto la facoltà di impedire simili accadimenti.

Sono stati individuati anche i responsabili degli episodi di bullismo subiti dalla dodicenne e anche da altri compagni di scuola: si tratta di due minorenni. Su di uno, in particolare, si concentra l’attenzione degli inquirenti: sarebbe stato lui il “capo” della banda. Non solo la dodicenne, ma anche altri compagni di scuola – in particolare ragazzine – sarebbero finite nel mirino dei bulli. Lancio di quaderni, sputi di gomme in faccia, scherzi telefonici anonimi, persino molestie nei bagni: il quadro emerso dalle testimonianze raccolte finora racconta di una situazione di disagio patita – e spesso taciuta per paura – dalle vittime dei bulli. Le attività di indagine non si sono ancora chiuse neanche sul fronte della Procura dei minorenni di Trieste. In questo caso l’ipotesi di reato – per la quale sono stati aperti due fascicoli, civile e penale – è di induzione al suicidio. L’indagine, coordinata dalla polizia postale di Trieste per quanto riguarda l’attività di analisi sui social network e dall’ufficio minori di Pordenone per la raccolta delle testimonianze in loco, è delicatissima, perché riguarda due soggetti non imputabili.

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