In groppa a un cavallo e tra gli animali per superare le disabilità
I racconti dei ragazzi che frequentano il centro di rieducazione equestre. Una coppia ha lasciato Roma per trasferirsi a Pordenone col figlio autistico

Sette cavalli (Apache, Mildy, Zoppas, Gigia, Sid, Spugna, Cayenne), tre gatti (Torachichi, Nina e Mia), due cani (Poppi e Ania), un coniglio (Bonnie) e quattro galline. Età: da pochi mesi a 26 anni. Occupazione: terapeuti. Segni particolari: inclinazione alla pazienza e dispensatori di benessere. L’allegra ma organizzata ed educata combriccola è la vera protagonista del centro di rieducazione equestre “Anche noi a cavallo” di Sant’Antonio di Porcia, che sta festeggiando i 30 anni di attività, nato grazie all’intuizione e alla caparbietà di Beatrice Zanchet, Marianne Muntendam e Giovanna Giordano. Ben prima che i benefici della pet therapy diventassero un dato di fatto, qui si è capito – e provato – che l’ippoterapia è un toccasana per le persone disabili, e non soltanto, di ogni età e patologia. Attenti e ubbidienti, i sette cavalli del centro curano una media di cento persone la settimana, regalano affetto e amicizia, con la complicità di cani, gatti & C.
Emanuele Polidoro, ragazzo autistico, aveva 16 anni quando i suoi genitori hanno lasciato Roma, lavoro, casa e affetti per trasferirsi a Pordenone. «Da piccolo lo sport lo aveva aiutato, ma ormai la città non offriva più niente per lui. Con il passare degli anni il suo destino sarebbe stato la casa di riposo, come accade ancora a tanti. Avevo letto della Fondazione autismo – racconta la madre, Daniela Volpe – e quindi abbiamo preso la decisione. E siamo felici di averlo fatto. Poi abbiamo scoperto il centro, la competenza dei suoi operatori. Oggi Emanuele, che ha 26 anni e grazie alla Fondazione autismo lavora, vive in simbiosi con il cavallo, tanto che se durante la settimana pratica l’attività, al sabato vuole tornare per accudire l’animale».
Vedendo Matteo Secco, di San Quirino, e la sua sedia a rotelle sembra impossibile immaginarlo sul cavallo. E invece grazie al sollevatore sale in groppa e utilizza una sella speciale, con la maniglia al posto delle redini. Affetto da tetraparesi spastica, «ha cominciato a fare fisioterapia da neonato – spiega la madre, Fabia Marson –, poi un giorno ho visto un servizio sull’ippoterapia e l’ho portato al centro. Con il cavallo è stato amore a prima vista e la trasformazione si è vista nel tempo. Oggi ha 19 anni, un diploma di liceo artistico ed è un gran chiacchierone». Silvia Ballardini, 41 anni, di Pordenone, è una delle frequentatrici storiche del centro. Per un ritardo psicomotorio ha sempre avuto difficoltà nelle relazioni, non sa leggere, un tempo non parlava, camminava in punta di piedi. Spronata da una madre instancabile, Dida Marconato, ex insegnante che si è battuta per garantirle qualsiasi sostegno, spesso pagando di tasca propria, «grazie al cavallo – racconta – ha migliorato la postura, l’equilibrio, l’orientamento, il rapporto con le persone. Oggi Silvia lavora (quando gli inserimenti lavorativi lo consentono), è cintura nera di judo, fa gare di nuoto, suona il piano, ha un fidanzato, fa la volontaria in parrocchia, a Roraigrande». Storie di rieducazione e d’amicizia. Straordinariamente quotidiane per “Anche noi a cavallo”.
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