In Friuli Venezia Giulia la variante inglese è rintracciata in un caso su quattro: ecco dove ha colpito e i dati sulle altre mutazioni

TRIESTE. È in rapida crescita l’incidenza della variante inglese in Friuli Venezia Giulia. Un positivo su quattro – considerando i campioni esaminati – ha contratto questa mutazione del virus Sars-CoV-2 che secondo quanto comunicato dall’Istituto superiore di sanità «ha una trasmissibilità superiore del 37% rispetto ai ceppi non varianti».
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La buona notizia emersa dal sequenziamento dei tamponi è che nella nostra regione per il momento non risultano presenti altre due mutazioni, quella sudafricana e quella brasiliana, ma nel commentare i risultati il vicegovernatore con delega alla Salute, Riccardo Riccardi, ha sottolineato che «l’andamento della diffusione della variante inglese è tutt’altro che trascurabile in Friuli Venezia Giulia».
Le analisi sono state effettuate dal laboratorio di virologia dell’Asugi (laboratorio di riferimento in ambito regionale) in collaborazione con il Centro di genomica e di epigenomica di Area Science Park. Per quanto riguarda la presenza della variante inglese, si è passati da un’incidenza sui casi esaminati del 5% (campioni del 3 e 4 febbraio) a quella del 26% (campioni del 18 febbraio). L’approfondimento sulle varianti è stato eseguito attraverso un’indagine di sequenziamento su 50 tamponi provenienti da aree diverse della regione.
Ma qual è il territorio dove la variante inglese risulta più presente? Premesso che si tratta di considerazioni che possono risentire del numero limitato di campioni, la diffusione è maggiormente pronunciata nell’Isontino: su 5 tamponi esaminati in 3 casi è stata rilevata la variante inglese. A seguire il Friuli centrale.
A questo punto diventa sempre più evidente l’importanza di un monitoraggio costante, senza trascurare la ricerca anche di altre mutazioni, con un aggiornamento sui risultati che avrà cadenza settimanale. Tenere sotto stretta osservazione il trend sarà utile a prevenire situazioni allarmanti come quelle di altri territori italiani in cui la variante inglese sta dilagando: su tutti Pescara dove ieri si è toccato il record di positivi e la variante è risultata responsabile del 70 % dei contagi.
«Come noto – ha ribadito Riccardi – a questa mutazione del Covid è attribuita una capacità di diffusione accentuata di almeno il 37%. Per prevenire l’insorgere di altri focolai i Dipartimenti di prevenzione sono impegnati nelle operazioni di tracciamento cercando di isolare il più possibile questa variante». Secondo il direttore dell’Unità complessa di Igiene e sanità pubblica dell’Asugi, Pierlanfranco D’Agaro, «questo rapido incremento era prevedibile e non lo definirei preoccupante, nel senso che abbiamo ancora un margine per pensare, qualora l’Rt salisse ulteriormente, a delle misure di contenimento più stringenti in modo da evitare scenari come quelli che stiamo vedendo in certe zone del Paese dove la situazione è fuori controllo». «È rassicurante – aggiunge D’Agaro – il fatto che ad oggi non ci siano, nella nostra regione, le varianti sudafricana e brasiliana anche in considerazione delle eventuali implicazioni che potrebbero esserci sui vaccini».
Per contrastare le varianti sarà fondamentale poter accelerare la campagna vaccinale: «Al momento i vaccini sembrano essere pienamente efficaci sulla variante inglese» ha precisato ieri l’Iss. E proprio in tema di immunizzazioni, mentre proseguono le prenotazioni da parte del personale scolastico, c’è da registrare l’inclusione dei duecento lavoratori dei Ricreatori dipendenti del Comune di Trieste nella campagna di vaccinazione, in quanto riconosciuti come lavoratori che operano nel sistema dell’istruzione regionale. —
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