Imu, store, lavori e Dacia Arena: la guerra dell’Udinese al Comune

La società bianconera spiega tutti i perché delle cause intentate nel tempo a Palazzo D’Aronco. Rigotto: versiamo ogni anno 215 mila euro e lo stadio è stato realizzato senza un euro di soldi pubblici

«Abbiamo fatto ricorso al tribunale solo quando non siamo riusciti a trovare un’intesa ed eravamo convinti delle nostre ragioni che in molti casi poi ci sono state puntualmente riconosciute, ma non si dica che l’Udinese non rispetta le regole o che non paghi il dovuto: basti pensare che anche dopo la famosa convenzione per il diritto di superficie dello stadio, ogni anno versiamo al Comune più di 200 mila euro».



Il direttore amministrativo dell’Udinese e project manager dello stadio, Alberto Rigotto, cifre e leggi alla mano, spiega i perché di tutte le cause in corso (e sono tante) tra la società bianconera e Palazzo D’Aronco respingendo al mittente le accuse della minoranza secondo cui il Comune in questi ultimi anni ha in qualche modo «favorito l’Udinese» mettendo in secondo piano l’interesse della collettività. Nel mirino dell’opposizione c’era prima “l’operazione stadio” che ha portato alla nascita del nuovo Friuli e adesso anche il progetto stadio2.0 che intende trasformarlo in una cittadella dello sport. Per l’Udinese invece a beneficiare di queste opere è stata e sarà l’intera comunità.

Cosa ci hanno guadagnato e ci guadagneranno gli udinesi?
«La verità è che prima della convenzione che ci ha fatto acquisire il diritto di superficie dello stadio per 99 anni pagavamo un “affitto” di 200mila euro e tutte le spese di manutenzione (circa 1 milione di euro all’anno secondo le stime di Palazzo D’Aronco, ndr) erano a carico del Comune. Adesso con lo stadio nuovo paghiamo 45mila euro di canone oltre a 120mila euro di Imu (che prima toccavano al municipio) ai quali dobbiamo aggiungere circa 50mila euro di pubblicità, il che significa che ogni anno versiamo alle casse comunali 215mila euro. E la manutenzione ordinaria e straordinaria dello stadio è a nostre spese. Di sicuro il Comune non ci ha rimesso... ma la cosa che mi fa più incavolare è un’altra».

E cioè?
«Chi critica questa operazione si dimentica del fatto che qui a Udine è stato fatto uno stadio nuovo, moderno e funzionale che viene considerato un gioiello tanto che ospiterà gli europei under 21 del 2019, senza spendere un euro di soldi pubblici. Prima ancora dell’approvazione della legge sugli stadi abbiamo sviluppato una convenzione che è considerata un modello da molti addetti ai lavori. Di questo molti non sembrano nemmeno rendersi conto».

Adesso che la Regione ha recepito la legge Delrio intendete sfruttarla per il progetto di stadio2.0?
«A parte che molte delle attività che vogliamo realizzare sono già previste all’interno della convenzione, puntiamo a sviluppare un progetto ludico, sportivo e ricreativo che, siamo sicuri, contribuirà anche al rilancio della città».

Nessun centro commerciale?
«Assolutamente no. Vogliamo trasformare lo stadio in una struttura per le famiglie da vivere tutti i giorni. Ci sarà un centro riabilitativo e fitness, piscine, saune, e un parco giochi sul modello di una “piccola Gardaland” oltre al museo dello sport friulano. Siamo convinti che ci saranno importanti ricadute anche grazie ai turisti».

Ci saranno bar e ristoranti?
«Certo».

Più di qualcuno ha criticato il fatto che mentre da un lato chiedete il via libera al vostro progetto dall’altro state preparando l’ennesima causa per l’auditorium..
«Non è che ci faccia piacere ricorrere al tribunale, ma non abbiamo avuto altra scelta. L’auditorium si trova nella pancia della vecchia tribuna, l’unico settore che non è stato demolito. Finora lo abbiamo usato per eventi privati, ma adesso vogliamo sfruttarlo anche per appuntamenti aperti al pubblico però manca il Certificato prevenzione incendi. La convenzione dice che laddove vi siano delle strutture non a norma nel vecchio stadio l’onere dell’adeguamento spetta al Comune. Abbiamo cercato di trovare un’intesa, ma non è stato possibile così ci siamo rivolti al giudice per la nomina di un consulente che effettuerà un accertamento tecnico preventivo. Noi poi saremo liberi di eseguire i lavori che costeranno più di 200 mila euro, ma riteniamo che a pagare debba essere il Comune».

Non avete trovato un’intesa nemmeno sull’Imu..
«La questione è molto semplice: prima di iniziare i lavori per uno stadio da 40mila posti l’Imu ammontava a 120 mila euro. Noi ritenevamo giusto ridurre questa somma per il periodo in cui la capienza è stata limitata fino a 12 e 9 mila posti. Alla fine abbiamo trovato un accordo con una conciliazione giudiziale e nei giorni scorsi abbiamo versato poco meno di 60 mila euro per il 2013. Di fatto è stato accolto il principio che sostenevamo e che varrà anche per gli anni 2014, 2015 e 2016. Per il 2017 con il nuovo stadio abbiamo anche una nuova rendita catastale e pagheremo di nuovo 120 mila euro all’anno».

Avete contestato anche l’imposta di registro?
«Sì, ma in quel caso il Comune è soltanto obbligato in solido. Se dovessimo perdere saremo noi a pagare e non certo il Comune. Quando abbiamo acquistato il diritto di superficie dello stadio ci siamo impegnati a versare 4 milioni e 455 mila euro al Comune (che poi è il canone annuo da 45 mila euro) e a ristrutturare lo stadio demolendolo con un investimento di altri 21,6 milioni. L’Agenzia delle entrate ci ha chiesto un’imposta per 26 milioni, noi invece abbiamo pagato l’imposta per 4,4 milioni versando 200 mila euro e abbiamo constestato gli 863 mila euro che si riferiscono ai 21,6 milioni per il semplice fatto che l’imposta si paga sul valore del bene e noi abbiamo comprato il diritto di superficie di uno stadio da demolire...».

Adesso vi chiedono di demolire anche lo store?
«Sì, per un regio decreto del 1934 che stabiliva una fascia di rispetto cimiteriale di 200 metri... Avevamo chiesto al Comune di rivedere il piano regolatore nel 2011, ma per il cimitero dei Rizzi non è cambiato nulla. Curiosamente è l’unico ad avere una fascia così estesa. Quella di Cussignacco nel 2004 è stata portata a 60, quella di San Vito è stata ridotta a 100, poi a 85 e infine agli attuali 55».

Sicuramente un’anomalia, ma resta il fatto che lo store è abusivo.
«In futuro speriamo di realizzarlo all’interno dello stadio che per fortuna rispetta la fascia di rispetto».

Per i canoni arretrati vi siete rivolti al Tar..
«La convenzione antecedente all’acquisizione del diritto di superficie prevedeva che l’Udinese potesse fare determinati lavori allo stadio di proprietà comunale e così abbiamo fatto spendendo circa 3 milioni di euro. Quando poi abbiamo rendicontato gli interventi per chiedere di procedere alla compensazione dei canoni dovuti per 940 mila euro, ci è stata contestata la procedura seguita per l’affidamento dei cantieri che però non deve essere sempre eseguita tramite il ricorso a gare pubbliche. Dire che non abbiamo pagato però è incredibile visto che abbiamo investito 3 milioni..».

La tassa sulle insegne della Dacia invece l’avete pagata?
«Abbiamo pagato quella così come tutte le altre. Negli ultimi 8 anni abbiamo versato al Comune 377 mila euro di imposta pubblicitaria. Noi però riteniamo che quelle scritte non siano né una forma di pubblicità né un’insegna di esercizio, ma una sorta di brandizzazione (sull’esempio di quanto fatto dal Bayern con l’Allianz Arena) e ne discuteremo nella prima udienza della causa civile il prossimo 11 settembre. Il Consiglio di Stato ha ribadito che la natura di quelle insegne è pubblicitaria e il codice della strada stabilisce un limite di 6 metri quadrati ma noi abbiamo fatto ricorso in Cassazione per la revocazione. Dobbiamo sottostare a quei limiti solamente perché la zona dello stadio incredibilmente non rientra tra i centri abitati dove invece vale il regolamento comunale che non stabilisce una dimensione massima... Siamo stati anche multati per omessa rimozione di pubblicità non autorizzata, ma abbiamo contestato la sanzione davanti al prefetto».

Non vi arrendete mai?
«Quando pensiamo di avere ragione no, e sono convinto che chiunque avrebbe fatto lo stesso al posto nostro. Poi è strano notare come sulle insegne del vicino nessuno abbia avuto nulla da dire».

Si riferisce al Palazzetto di via Lodi che è sponsorizzato da Fiditalia?
«Sì. Dacia Arena no e Pala Fiditalia sì? Abbiamo chiesto un accesso agli atti per capire quale procedura sia stata seguita in quel caso, magari prenderemo spunto».
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