«Illy ha indebolito il Friuli»

Elvio Ruffino (Ds): dopo l’elezione ha violato il patto territoriale
Elvio Ruffino, 56 anni, diessino, è presidente del consiglio comunale. Da studente al Malignani, negli anni '68-'69 fa parte del Comitato studentesco. Diventa uno dei riferimenti dei giovani comunisti. Si contrappone a Bruno Alfare, di Lotta continua. Suo padre nel dopoguerra è stato segretario della Camera del lavoro di Udine e consigliere comunale del Pci. Nel '74-'75 Ruffino diventa funzionario del Pci. Successivamente, siamo nel 1988, segretario della federazione del Pci di Udine. L'anno dopo partecipa alla svolta di Occhetto. Nel 1991 diventa segretario regionale del Pds. Nel 1994 viene eletto deputato con i Ds: resterà in carica fino al 2001. Appassionato di storia, si definisce un divoratore di volumi. Il periodo preferito è quello della storia romana. Ama molto anche il calcio (ha allenato alcune squadre giovanili) e i cani (possiede un Golden retriever e un Bolognese).


Il futuro politico di Ruffino quale sarà?

«Sono molto impegnato nel volontariato. Sono presidente dell'Alef che si occupa di emigrazione e di immigrazione e di progetti di cooperazione internazionale».


Pensa mai di lasciare la politica?

«Penso di rimanere a fare attività senza uscire dall'alveo cittadino».


Ha mai nostalgia per il vecchio Pci?

«No, perché è storicamente superato sia dal punto di vista ideologico, sia da quello organizzativo. Ho la fortuna di avere conosciuto a fondo pregi e difetti di Pci e Dc che mi consentono un confronto con la politica d'oggi».


E cosa ne esce da questo confronto?

«Mi vanto di essere un esperto della transizione di questi anni in cui mancano soggetti politici consolidati».


Quindi?

«Credo di individuare la gracilità, l'improvvisazione di questi soggetti politici».


Anche dei Ds?

«Sì, se penso che il Pci quando ero all'opposizione aveva da 7 a 9 mila iscritti con sezioni in tutti i comuni e adesso che siamo in maggioranza abbiamo circa 1.700 iscritti credo di avere detto tutto».


Sbaglio o lo dice con un pizzico di rimpianto?

«No, per niente. Sono proiettato molto sul futuro».


Nessun altro rimpianto davvero?

«Quello di non avere mai avuto la capacità di imparare le lingue. Ma la mia è stata, comunque, una vita fortunata».


Cosa vede nel futuro?

«Sicuramente il Partito democratico e forti aggregazioni in entrambi i poli».


Com'era Ruffino comunista e come lo è adesso?

«Sono sempre stato un forte sostenitore dell'innovazione; ero infatti un pasdaran di Occhetto. Non ho mai considerato il Pci comunista in senso bolscevico perché faceva una politica sul piano democratico e programmatico di tipo socialdemocratico».


Lei è stato parlamentare. Non ritiene che la politica nasconda ancora troppi privilegi?

«Sì, soprattutto se questo viene visto da sinistra».


E cosa si dovrebbe fare?

«In parte qualche cosa è stato fatto. C'erano privilegi assurdi per i parlamentari come pagare le tasse sull'80 per cento del reddito. Lo stesso dicasi della pensione. Io beneficio di una norma che me l'ha anticipata di qualche anno. Adesso ci vogliono 60 anni».


Posso sapere a quanto ammonta la sua pensione?

«Quasi 3 mila euro netti. Sono sicuramente abbastanza per uno come me che ha sempre vissuto con stipendi da operaio».


Cosa vuol dire essere di sinistra oggi?

«Avere un'idea precisa del concetto di interesse generale. Poi avere una forte attenzione verso il mondo della solidarietà e una visione molto aperta del mondo».


Cos'ha fatto di centrosinistra l'attuale giunta comunale di Udine?

«C'è una politica sociale molto forte e su cui farei ancora di più. C'è un'attenzione particolare alle questioni ambientali e alla qualità della vita e, nonostante qualche battuta fuori del coro, c'è anche un buon impegno sui temi dell'immigrazione».


Però poi si parla di parcheggi, di pedonalizzazione e di poco altro...

«Sì, si parla di poco altro, ma si fa parecchio. Lo ripeto, dipendesse da me, farei ancora di più sul fronte del sociale».


Per esempio?

«Che tutti i bambini che nascono possano avere un posto al nido e alla scuola materna. Che ci sia la possibilità per tutti di avere il doposcuola. Insomma, priorità ai bambini e alla famiglia».


Ma questo comporta un costo e i soldi dove li prendete?

«Abbiamo il livello di tassazione tra i più bassi. Per cui se serve passare dallo 0,2 allo 0,3 sull'addizionale Irpef...».


Con Cecotti come sono i rapporti?

«Ottimi, lui è poco estroverso, per cui i rapporti sono essenziali».


Cosa farà Cecotti una volta lasciato il Comune?

«Credo che nessuno lo sappia, nemmeno lui. Spero che mantenga un impegno cittadino e regionale e che possa essere un punto di riferimento tra centrosinistra e civiche che è la chiave vincente».


Di recente lei hai detto che Martines è un candidato naturale per il dopo-Cecotti. Una dichiarazione che molti hanno letto come un freno alla candidatura-Bertossi.

«Si era aperto questo dibattito in cui sembrava ci fosse un candidato solo: Bertossi, appunto, ma indicato da Trieste».


E lei cosa pensa?

«Ho detto che il sindaco non può essere indicato da Trieste, che ci sono più possibilità, tra cui ovviamente quella del vicesindaco in virtù del suo incarico e del suo lavoro».


Quando affronterete il problema candidature?

«Credo il prossimo inverno per non rischiare che arrivi stanco».


Sulle primarie è in atto una sorta di scontro sotterraneo nel centrosinistra.

«Sono un ottimo strumento di partecipazione che rafforzerebbe la candidatura, ma il primo obiettivo è di rinnovare e consolidare il rapporto tra centrosinistra e liste civiche».


Davvero il rapporto con le civiche è così essenziale e perché?

«Questa è la formula con cui abbiamo governato e con su cui possiamo confermare il centrosinistra. Inoltre, qui a Udine il movimento autonomista ha una consistenza anche elettorale. Per questo puntiamo a un rapporto permanente e strategico».


Nel 2008 punterete alla continuità?

«Sì, compatibilmente con il grado di innovazione necessario mediante alternanze di persone e di interessi rappresentati».


Illy e l'indebolimento del Friuli. Tormentone o verità?

«Penso sia la realtà».


Perché?

«La maggioranza regionale è stata costruita su un patto territoriale, che subito dopo è venuto meno. Credo che anche nel mio partito regionale siano stati sottovalutati l'importanza della provincia di Udine anche sotto il profilo del peso elettorale. Ci sono stati poi atteggiamenti vagamente tecnocratici da parte di Sonego che rischiano di drammatizzare la realizzazione di grosse infrastrutture. C'è stata poi qualche correzione che apprezzo, ma questo ha dimostrato che esisteva una certa frattura».


Frattura anche tra i ds regionali e quelli friulani come ha testimoniato il recente congresso?

«Beh, il congresso avrebbe dovuto aprire un rapporto nuovo dentro i Ds e tra i territori».


Poi, invece?

«Nella pratica comune si vede che certe incomprensioni rimangono, come per esempio una certa sottovalutazione della provincia di Udine o la significatività di certe tensioni politiche. E così facendo si rischia una routine amministrativa che rischia la miopia».


Sbaglio o lei è anche insoddisfatto di Illy?

«Sì, mi piaceva l'Illy della campagna elettorale che cercava di mettere assieme le varie realtà, non il decisionista che dà la sensazione di tagliare le questioni con l'accetta».


E se si ripresentasse?

«Lo voterei, ma cercando di fare prevalere un atteggiamento più consapevole sull'importanza del Friuli».


Illy ha mortificato il Friuli?

«No, non lo ha mortificato, ma ha deluso le aspettative accese in campagna elettorale».


Illy-Cecotti: rapporto finito?

«Spero proprio di no e spero anche si possa ricostruire. Se si trovasse la strada giusta non sarebbe male».

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