Il presidente del Volley Pordenone: «Minacciato e insultato, ma io non ho licenziato la pallavolista»

PORDENONE. «Sono finito nel tritacarne mediatico così, all’improvviso. E minacciato, insultato, chiamato da giornalisti addirittura stranieri e anche di notte. Il tutto per essermi difeso dovo aver ricevuto un decreto ingiuntivo che ritenevo iniquo».
Franco Rossato, presidente dell’allora Volley Pordenone, dice la sua sull’ormai celebre caso Lara Lugli, deflagrato qualche giorno fa e approdato all’attenzione non soltanto di tutti i media italiani, ma anche di prestigiosi giornali internazionali come The Guardian e il New York Times.
I dilettanti e la federazione
Pensionato, 68 anni, di cui 40 spesi nel mondo della pallavolo come dirigente di club e pure federale (presidente del comitato provinciale per due mandati e poi consigliere regionale), Rossato non aveva mai vissuto una situazione simile.
«L’origine del problema – spiega – è l’assurdo limbo in cui da sempre vivono le società dilettantistiche. Atleti e atlete non godono di coperture previdenziali, non dovrebbero neppure avere procuratori né prendere stipendi.
Si va avanti con questa assurda cosa dei “rimborsi spese”, che spesso portano a incomprensioni e delusioni. Ne ho parlato con il neoeletto presidente nazionale Giuseppe Manfredi».
E Manfredi ha confermato di avere sentito Rossato e Lugli, rivelando che «le parti si sono dette disponibili a parlare per risolvere celermente il contenzioso e che la tematica sarà tempestivamente presa in carico dal Consiglio federale».
«Nessun licenziamento»
Tornando alla vicenda, Rossato si dice pronto ad assumersi le sue responsabilità. E a pagare di tasca propria, se del caso.
«Attendo la sentenza del giudice di pace, che dovrà decidere sulla questione economica. Ma non ci sto a passare per discriminatore, per un presidente che caccia via una giocatrice in quanto incinta. Io per la società e Lara per se stessa avevamo sottoscritto un contratto in cui il procuratore dell’atleta, alla voce “cause di rescissione” aveva inserivo la “comprovata gravidanza”.
Probabilmente per tutelare l’atleta stessa, che nel caso fosse rimasta incinta avrebbe così potuto smettere di giocare immediatamente».
Il contenzioso è nato sull’ultima mensilità del suo “rimborso spese”: «Non lo pagammo – i fatti sono riferiti al 2019 – perché ritenevamo che, in base a quella clausola e alle penali previste in caso di rescissione anticipata, fossimo “in pari”. Ma, ripeto, Lara non è stata affatto licenziata e non le abbiamo chiesto alcun risarcimento danni».
La gogna dei social
Tre giorni fa è uscito alle 8 del mattino per una passeggiata con il cane, e sotto casa s’è ritrovato di fronte Veronica Ruggeri, inviata delle Iene. È stato pure chiamato in diretta da Barbara D’Urso.
«Ho risposto senza problemi – conclude Rossato –, ciò che mi amareggia sono le falsità che ho letto e sentito. Spero solo che tutto questo possa contribuire a risolvere una situazione paradossale, spero che l’Inps finalmente apra una cassa speciale per questioni del genere.
Nel frattempo ho fatto partire un po’ di querele: chi insulta e minaccia gratuitamente via internet deve imparare a vivere. Abbiamo dovuto chiudere i nostri canali social: gli “haters” se la stavano prendendo addirittura con gli sponsor di allora».
Il vaso di pandora di Lara
Venerdì 12 è tornata a parlare anche la protagonista della vicenda, intervenendo alla presentazione delle Finali di coppa Italia di Rimini: «Abbiamo scoperchiato un vaso di Pandora – ha detto –. Questa non è solo la mia storia, coinvolge tutti gli atleti di questo sport.
Non è giusto che dobbiamo scendere a questi compromessi per fare quello che ci piace, che sappiamo fare, che è la nostra vita. I campionati dilettantistici sono una giungla, per far valere i tuoi diritti devi essere veramente un leone, o vieni calpestato». —
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