Il pordenonese Furlan sposato in Sudafrica: fiero di essere italiano

Per la stepchild adoption servirà una norma apposita L’avvocato marito di Derek Wright temeva altri rinvii
Di Michela Zanutto

UDINE. «Oggi sono fiero di essere un cittadino italiano. Questo è il momento di festeggiare, perché adesso i diritti costituzionali sono garanti a tutti». Francesco Furlan, l’avvocato pordenonese sposato a Città del Capo con il compagno di una vita Derek Wright, non ha dubbi: «È una giornata storica».

Già pronte le prossime mosse: «Appena il Presidente della Repubblica firmerà la legge sono pronto ad andare in Comune per cancellare dal nostro atto di matrimonio quella noticina fatta apporre dal ministro dell’Interno Angelino Alfano che di fatto lo annullava».

Francesco e Derek si sono sposati nel 2013 a Città del Capo, in Sudafrica, dopo un fidanzamento durato 14 anni. È il 1999 quando i due ragazzi si incontrano, a Londra. All’ombra di Buckingham palace sboccia il loro amore e in Inghilterra riconoscono per la prima volta ufficialmente la loro unione civile. Sempre insieme, decidono di trasferirsi in Italia nel 2009 e nel Bel Paese si incagliano contro un muro che li divide dai loro diritti.

Ma è proprio nel freddo Nordest che trovano una sponda: «Il Comune di Pordenone è sempre stato molto aperto – sottolinea Furlan –, infatti dal 2009 ci siamo subito registrati come coppia convivente. Poi il nostro sindaco illuminato Claudio Pedrotti ha sposato la nostra battaglia per il riconoscimento e, sia lui sia Laura Toffolo, l’ufficiale dello stato civile di Pordenone, ci hanno veramente aiutato tanto, in tutto».

L’ufficializzazione dell’unione però è stata cancellata con un atto del ministro degli Interno che ha ordinato al Prefetto di stralciare l’atto. «La prima cosa che voglio fare non appena la Cirinnà sarà legge è ritornare in Comune per riattualizzare il nostro matrimonio. Non vedo l’ora di cancellare la nota di Alfano».

Entrando poi nel merito della legge sulle unioni civili, Furlan osserva che «è una buona norma, ma come tutte non è perfetta. Necessiterà di miglioramenti ma è un buon primo passo». La stepchild adoption? «Potrà essere giustamente affrontata con una legge autonoma diversa – continua Furlan –. Piuttosto che non avere nulla, meglio avere questo. Perché con la Cirinnà tutti i cittadini italiani diventano portatori di diritti. Piuttosto che non avere nulla, meglio avere questo».

Non esattamente la medesima posizione espressa dall’Arcigay, ma «io sono sempre ottimista – sono ancora le parole dell’avvocato pordenonese –. Forse perché sono abituato a seguire le normative in Italia e so che se si sospende un iter in attesa di una legge migliore, passano non gli anni, ma i lustri. Anche noi abbiamo rischiato uno stop di altri 10 se non 15 anni».

La legge perfetta in Europa, secondo Furlan, è quella spagnola: «In quel caso è bastata una semplicissima modifica di un articolo del codice civile, prima c’era scritto che il matrimonio poteva avvenire fra un uomo e una donna, ora quella stringa è stata sostituita da un più generico “due persone”. Certo, sono consapevole che siamo in Italia e le cose semplici molte volte non sono fattibili – ammette l’avvocato –. Per esempio in Slovenia era stata fatta una legge abbastanza innovativa, però poi l’hanno bloccata. E questo poteva essere un rischio anche in Italia».

E invece la Cirinnà «per certi aspetti penso che sia meglio del matrimonio, anche se, ripeto, servono modifiche – ribadisce Furlan –. Sugli aspetti successori e sulla reversibilità delle pensioni le unioni civili sono equiparate al matrimonio. Resta aperta la questione della fedeltà, che non sarebbe necessaria. Ma questa postilla, introdotta da Angelino Alfano con l’intento di screditare le unioni civili, in realtà è stata il grimaldello perfetto per farle digerire a tutti. Anche perché, da avvocato, so che quando due persone vanno a separarsi in tribunale l’obbligo alla fedeltà è sempre stato tradito».

Fra gli altri aspetti positivi, che rendono la legge «progressista», c’è l’accesso diretto al divorzio: «È inutile fare attendere le persone sei mesi fra separazione e divorzio: quando un gesto simile è deciso, è deciso. Non si torna indietro», assicura il pordenonese. Ma Furlan è felice soprattutto per «tutte quelle coppie che ho assistito in questi anni, coppie i cui i diritti elementari erano calpestati – ricorda –. Penso per esempio ai compagni di malati terminali che sono stati tenuti fuori dalla stanza dell’ospedale dell’amore di una vita dai parenti perché “non stava bene”. O a una coppia giovanissima, Donato, 19enne di Salerno e Gustavo, 22enne di Lima, che ha lottato con le unghie e con i denti per potersi ricongiungere in Italia. Questa vittoria è anche la loro».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Argomenti:diritti civili

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto