Il “giallo” del tallio a Varmo: morti padre e figlia

Si indaga a Santa Marizza dove la famiglia ha trascorso le vacanze in agosto. Vittime Daniela e Giovanni Battista Del Zotto, in ospedale altri due parenti

VARMO. Un’intera famiglia originaria del Friuli avvelenata dal tallio, sostanza spesso utilizzata come topicida. Patrizia Del Zotto, 62 anni, è morta, così come il padre, Giovanni Battista, 94 anni (che però era affetto da diverse patologi croniche).

E anche la moglie e l’altra figlia di quest’ultimo sono finite in ospedale: Gioia, 87 anni, è in condizioni critiche, mentre sta migliorando lo stato di salute di Laura, 58 anni. Tutti e quattro in agosto hanno trascorso un periodo di vacanza a Santa Marizza di Varmo dove c’è una casa di famiglia.

Anche altre due persone sono state contaminate: il marito di Patrizia e la badante. Mentre i componenti della famiglia che sono rimasti a Nova Milanese, dove tutti risiedono, sono risultati negativi ai test, nel loro sangue nessuna percentuale del pericoloso metallo.

Il dolore e i dubbi dei vicini: "I piccioni non c’entrano"
Varmo 2 Ottobre 2017. Morti sospette nella frazione di Santa Marizza. © Petrussi Foto Press

I primi sintomi e il ricovero

Secondo la prima ricostruzione dei carabinieri di Desio, lunedì 25 settembre Patrizia e Laura hanno cominciato a lamentare i primi disturbi. Giovedì sono state ricoverate. E venerdì pomeriggio i medici, di fronte al peggioramento della 62enne e ai risultati degli accertamenti di laboratorio, si sono rivolti ai militari dell’Arma.

Le indagini portano a Varmo

Gli investigatori in poche ore hanno sentito tutte le persone coinvolte e gli elementi che sono emersi hanno fatto finire Santa Marizza di Varmo sotto la lente. Sei dei nove componenti della famiglia, infatti, erano positivi al tallio, proprio i sei che erano stati nel paesino della Bassa friulana fino alla terza settimana di agosto compresa. Mentre gli altri tre rimasti nella zona di Monza no. Ecco perché i successivi accertamenti si sono concentrati in questa località.

Ipotesi: piccioni, cibo, acqua

Inizialmente i carabinieri, sentito anche il parere di un medico, hanno ipotizzato che l’avvelenamento fosse stato causato da un prolungata esposizione a escrementi di piccione (che contengono appunto tallio) vista la presenza dei volatili in un fienile adiacente alla proprietà della famiglia Del Zotto. I primi sintomi di avvelentamento, infatti, si manifestano, in media, dopo 30-40 giorni. Poi però si sono fatte strada anche altre ipotesi che fanno riferimento al possibile consumo di acqua o alimenti contaminati.

Per questo motivo ieri e stamattina, martedì 3 ottobre, durante il sopralluogo effettuato nella villa di via Thanner dai carabinieri della stazione di Rivignano, sono stati fatti diversi campionamenti, anche nel pozzo più vicino.

I primi sintomi sono simili all’influenza

Il “giallo” del tallio

Come questa famiglia sia potuta venire a contatto con il tallio per ora resta un mistero. E se da un lato la teoria legata ai piccioni sembra sfumare con il passare delle ore, d’altra parte l’ipotesi di un’intossicazione alimentare è ancora tutta da verificare. I carabinieri si sono già messi alla ricerca, sia nella casa di Desio, sia in quella di Varmo, di eventuali elementi utili. È stato attivato anche il personale dell’Azienda sanitaria.

Lo sgomento in paese

A Varmo i Del Zotto sono conosciuti anche se da molti anni risiedono in Lombardia. Giovanni Battista combattè in Russia, nel ’43 venne catturato e rimase in un campo di lavoro per quattro anni. Dopo la guerra si trasferì a Nova Milanese per raggiungere la sorella e in seguito grazie a un compagno di prigionia trovò lavoro in un’azienda attiva nel settore dei lavori pubblici.

La figlia Patrizia ha lavorato a lungo in un’azienda di tessuti di Seregno. I vicini raccontano che questa famiglia è molto legati a Santa Marizza, tanto che vi fa ritorno più volte l’anno e sempre nel periodo di Ferragosto, quando c’è la festa dell’Assunta.

Ora non resta che attendere gli esiti delle analisi sui comapioni raccolti.

©RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto