Il “giallo” del tallio a Varmo: morti padre e figlia

VARMO. Un’intera famiglia originaria del Friuli avvelenata dal tallio, sostanza spesso utilizzata come topicida. Patrizia Del Zotto, 62 anni, è morta, così come il padre, Giovanni Battista, 94 anni (che però era affetto da diverse patologi croniche).
E anche la moglie e l’altra figlia di quest’ultimo sono finite in ospedale: Gioia, 87 anni, è in condizioni critiche, mentre sta migliorando lo stato di salute di Laura, 58 anni. Tutti e quattro in agosto hanno trascorso un periodo di vacanza a Santa Marizza di Varmo dove c’è una casa di famiglia.
Anche altre due persone sono state contaminate: il marito di Patrizia e la badante. Mentre i componenti della famiglia che sono rimasti a Nova Milanese, dove tutti risiedono, sono risultati negativi ai test, nel loro sangue nessuna percentuale del pericoloso metallo.
I primi sintomi e il ricovero
Secondo la prima ricostruzione dei carabinieri di Desio, lunedì 25 settembre Patrizia e Laura hanno cominciato a lamentare i primi disturbi. Giovedì sono state ricoverate. E venerdì pomeriggio i medici, di fronte al peggioramento della 62enne e ai risultati degli accertamenti di laboratorio, si sono rivolti ai militari dell’Arma.
Le indagini portano a Varmo
Gli investigatori in poche ore hanno sentito tutte le persone coinvolte e gli elementi che sono emersi hanno fatto finire Santa Marizza di Varmo sotto la lente. Sei dei nove componenti della famiglia, infatti, erano positivi al tallio, proprio i sei che erano stati nel paesino della Bassa friulana fino alla terza settimana di agosto compresa. Mentre gli altri tre rimasti nella zona di Monza no. Ecco perché i successivi accertamenti si sono concentrati in questa località.
Ipotesi: piccioni, cibo, acqua
Inizialmente i carabinieri, sentito anche il parere di un medico, hanno ipotizzato che l’avvelenamento fosse stato causato da un prolungata esposizione a escrementi di piccione (che contengono appunto tallio) vista la presenza dei volatili in un fienile adiacente alla proprietà della famiglia Del Zotto. I primi sintomi di avvelentamento, infatti, si manifestano, in media, dopo 30-40 giorni. Poi però si sono fatte strada anche altre ipotesi che fanno riferimento al possibile consumo di acqua o alimenti contaminati.
Per questo motivo ieri e stamattina, martedì 3 ottobre, durante il sopralluogo effettuato nella villa di via Thanner dai carabinieri della stazione di Rivignano, sono stati fatti diversi campionamenti, anche nel pozzo più vicino.
Il “giallo” del tallio
Come questa famiglia sia potuta venire a contatto con il tallio per ora resta un mistero. E se da un lato la teoria legata ai piccioni sembra sfumare con il passare delle ore, d’altra parte l’ipotesi di un’intossicazione alimentare è ancora tutta da verificare. I carabinieri si sono già messi alla ricerca, sia nella casa di Desio, sia in quella di Varmo, di eventuali elementi utili. È stato attivato anche il personale dell’Azienda sanitaria.
Lo sgomento in paese
A Varmo i Del Zotto sono conosciuti anche se da molti anni risiedono in Lombardia. Giovanni Battista combattè in Russia, nel ’43 venne catturato e rimase in un campo di lavoro per quattro anni. Dopo la guerra si trasferì a Nova Milanese per raggiungere la sorella e in seguito grazie a un compagno di prigionia trovò lavoro in un’azienda attiva nel settore dei lavori pubblici.
La figlia Patrizia ha lavorato a lungo in un’azienda di tessuti di Seregno. I vicini raccontano che questa famiglia è molto legati a Santa Marizza, tanto che vi fa ritorno più volte l’anno e sempre nel periodo di Ferragosto, quando c’è la festa dell’Assunta.
Ora non resta che attendere gli esiti delle analisi sui comapioni raccolti.
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