Il figlio dell’ex console a Berlino: ho le carte e i diari di Mussolini

A Fiumicello c’è un uomo che dice di custodire le ultime carte di Benito Mussolini. Ma non potrà aprire la cassetta zincata in cui sono nascoste prima del 2025. Rocco Della Morte (foto) l’ha promesso a suo padre, Guglielmo che fu console italiano a Berlino, diplomatico molto influente, vicino al Duce, uomo fidato del regime, che morì nel 1961.
UDINE.
A Fiumicello c’è un uomo che dice di custodire le ultime carte di Benito Mussolini. Ma non potrà aprire la cassetta zincata in cui sono nascoste, sepolte in un luogo misterioso in valle Spluga, a pochi chilometri dal confine con la Svizzera. Dentro, sostiene, ci sono le lettere e i diari del Duce, di cui si favoleggia da tempo immemorabile senza che ne sia mai stata trovata traccia. In ogni caso quel mistero è destinato a durare: Rocco Della Morte, 74 anni, via Zorutti 13, di Fiumicello, infatti, quei documenti inediti non intende riportarli alla luce prima del 2025.


L’ha promesso a suo padre, Guglielmo della Morte, e gli ordini dei superiori non si discutono. Nato a Milano nel 1902, il papà di Rocco fu console italiano a Berlino, personaggio diplomatico molto influente ai tempi, vicino al Duce, uomo fidato del regime. Guglielmo della Morte morí nel 1961. Il tesoretto, e una promessa fatta piú di 60 anni fa a Mussolini, ora li custodisce il figlio Rocco, sposato, con un figlio che ha chiamato Guglielmino, prima rivenditore di auto, poi guardiano in un campeggio di Grado, ora pensionato casualmente capitato a Fiumicello.


Proprio ieri ha deciso di uscire allo scoperto con questa storia che ha molti suonerà una bufala, ma che per Rocco vale tutta una vita. Lo si intuisce dalla bandiera ostentata al balcone, dall’adesivo del tricolore sul campanello, dal saluto romano che fa accogliendo i giornalisti e dall’orgoglio di essere stato scelto per custodire un segreto fino al 2025. Il suo segreto.


Ma è proprio questo il problema: la data di apertura della cassetta in zinco nascosta in valle Spluga, a pochi chilometri dal confine italiano con la Svizzera, è ancora troppo lontana. Mancano quindici anni dall’adempimento dell’atto formale, preordinato in ogni particolare da come si dovrà aprire la cassetta sotto gli occhi di tutti a come saranno diffusi e pubblicati gli eventuali documenti. Rocco Della Morte di anni ne ha 74 e sente lo scorrere del tempo: cosí ha deciso di rivelare la sua storia, temendo di non riuscire ad arrivare al fatidico momento. L’ha raccontata, nei minimi dettagli, confessandosi ai cronisti dell’Ansa e ai giornali.


Nel riversarci il suo lungo racconto Rocco è prodigo di dettagli, tanti e tali da apparire credibili, anche se il dubbio aleggia, permane: «Guglielmo della Morte - dice - fu un personaggio di spicco del regime. Dopo avere lavorato in una bottega antiquaria, a Milano, già negli anni Venti aderí al Fascismo e intraprese una carriera diplomatica che lo portò, negli anni, a Kassel, Breslaw, Moulhouse, Saarbruken e a Berlino, come console italiano. Qui instaurò stretti contatti con le alte sfere del III Reich». Rocco va a ruota libera: «Lasciò la Germania, dove sposò Brigitte von Plotho (Darmstadt 1916-Milano 1958) dopo l’8 settembre 1943 per trasferirsi a Campodolcino di Valle Spluga, dove la famiglia aveva una villa».


Rocco si addentra nel mistero: «Nel ’45 mio padre fu convocato a Milano, dal Duce in persona, poco prima della cattura a Dongo, da parte dei partigiani. A Milano ricevette da Mussolini una borsa, chiusa con un lucchetto marchiato B.M., con documenti segreti e una somma di denaro in franchi svizzeri». Dopo la guerra rischiò ancora la vita perché subí un attentato. I due colpevoli furono individuati, ma usufruirono dell’amnistia voluta dal Guardasigilli dell’epoca, il leader del Pci, Palmiro Togliatti. Guglielmo Della Morte morí nel ’61, ma fece in tempo a trasmettere gli ordini ricevuti: la promessa fu tramandata di padre in figlio. Il segreto era al sicuro.


«Il Duce – racconta Rocco Della Morte - invitò mio padre a nascondere la borsa e rendere pubblico il contenuto non prima del 2025». Ottant’anni esatti, per far venire meno ogni timore di compromettere persone ancora in vita legate alla storia tragica del Duce e del Paese che trascinò in guerra.


Una richiesta che padre e figlio non hanno tradito: «Quando si riceve un incarico importante – racconta Rocco Della Morte – si va fino in fondo». Della Morte crede di sapere perché Mussolini chiese a suo padre di mantenere il segreto fino al 2025: «Se fossero stati solo soldi – dice – quella richiesta temporale non avrebbe avuto alcun senso. È logico pensare che il Duce in quella borsa-valigia avesse nascosto documenti importanti, magari copie di alcune lettere inviate ai leader occidentali (Churchill?) per trattare la sua fuga; oppure copia dei suoi diari, oppure altri documenti di particolare importanza. Insomma, materiale che avrebbe potuto compromettere altre persone. Di qui la richiesta di mantenere il segreto per gli 80 anni canonici».


Rocco Della Morte è pronto ad aspettare: crede alle parole del duce. «Ho una maglietta – racconta – con su scritto: “Contro Giuda e contro Fini, sempre fedele a Mussolini”. Dice di non aver mai fatto parte del Msi, ma osserva: «Il mio onore si chiama fedeltà».


Oggi Rocco rinnova cosí la sua promessa: «Vorrei mantenere fede alla richiesta del Duce e al segreto rivelatomi da mio padre quando compii 18 anni, il 18 giugno del ’54. Mi sento vincolato alla parola data». Ma quella cassa dov’è: «Ho fatto un sopralluogo – rivela – : è ancora là, al sicuro in valle Spluga».


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