Il disegno di Colautti «Udine di nuovo al centro del Friuli»

Il consigliere di Ap apre la campagna elettorale al Visionario E agli alleati dice: non possiamo aspettare le scelte di Roma
Alessandro Colautti apre la sua campagna elettorale con l’obiettivo di diventare il candidato sindaco di un centrodestra unitario alle Comunali di primavera. Il consigliere regionale di Alternativa popolare apre le danze in maniera felpata, intelligente, con parole che miscelano l’orgoglio di un’appartenenza – presente e passata – che non può e non deve essere cancellata da un colpo di spugna, a una “vision” sul futuro di Udine che, almeno per questo momento, punta decisamente sulla partecipazione attiva dei cittadini e su quell’innovazione necessaria sicuramente per la città, ma anche allo stesso Colautti per provare a scrollarsi di dosso la polvere di chi lo accusa, più o meno velatamente, di non essere nulla più di una sorta di usato sicuro.


Location e strategia


L’alfaniano (ancora non si sa per quanto
ndr
) sceglie quasi evocativamente il cinema Visionario di Udine per spiegare ad associazioni, rappresentanti di categoria e qualche politico presente in sala, come lui, un’idea della città del domani ce l’abbia bene impressa in mente. Così come la scelta dei due relatori tecnici –
Paolo Marizza
a parlare di “Innovazione aperta” e
Vittorio Sgueglia della Marra
di “Cittadinanza attiva e gestione dei beni comuni” – si muove in questa direzione. C’è il passato, in altre parole, che non va dimenticato, ma bisogna parlare soprattutto di futuro. Troppo intelligente, Colautti, per autocandidarsi e rischiare di finire “bollito” prima ancora di cominciare la corsa vera e propria, non ha nemmeno un partito alle spalle – almeno con i crismi tradizionali – in grado di supportarlo: per cui sceglie una strategia ben chiara. Prova, in altre parole, a creare consenso e attenzione attorno a sé nel mondo della società civile. E per riuscirci non ha che un’alternativa, cui, a essere onesti, pare crederci sul serio e cioè la partecipazione attiva degli udinesi. «Il programma elettorale – sostiene – va costruito, davvero, assieme ai cittadini. Per quanto mi riguarda lo sforzo, culturale e politico, è quello di riuscire a disegnare un progetto vero per questa città utilizzando strumenti nuovi che, in un momento di crisi della politica, ci avvicinino nuovamente alla gente».


Il ruolo di Udine


Colautti non entra nel merito dei singoli aspetti cittadini – dalla viabilità al commercio passando per i richiedenti asilo –, ma punta a fissare un primo paletto da qui a primavera perché «con lo scenario politico che tende al proporzionale a Roma ed è fortemente maggioritario in Fvg corriamo il rischio di arrivare a febbraio prima che i livelli nazionali si occupino di Udine e la città non lo si può permettere». Una Udine, ed è quantomeno qualcosa che anticipa i temi dei prossimi mesi, che deve ritrovare il proprio ruolo. «Si sta chiudendo una legislatura regionale – spiega – in cui con l’abolizione delle Province e la polarizzazione del territorio in una miriade di staterelli, la città ha perso potere, baricentrisimo e il suo ruolo. Il capoluogo va riportato al centro dello scacchiere friulano e regionale perché ne ha le potenzialità e l’ambizione. Quello che avviamo oggi è una sorta di regalo che ho pensato di offrire non soltanto alla città, ma anche ai partiti per vedere se siamo in grado di arrivare, insieme, a una sintesi finale». Anche perché «pure la società cittadina si è impoverita in questi anni» e «pur non facendo parte di chi pensa che gli avversari facciano sempre tutto male, mi rendo conto che le risposte fornite alle sofferenze di Udine dall’amministrazione di
Furio Honsell
non sono state né adeguate né coerenti con quello che chiedevano e si attendevano i cittadini». Per motivazioni endogene, ma anche esogene considerato come per Colautti il centrodestra ha il diritto e dovere di «riportare il capoluogo friulano al centro di uno scacchiere in cui sia realmente in grado di beneficiare delle politiche amministrative della Regione».


Il campo di gioco


Colautti parla di centrodestra perché si sente parte integrante di quel sistema – tanto in Regione quanto in Comune – anche se il suo attuale partito, ormai, ha scelto in Sicilia, e quindi probabilmente anche alle Politiche, il nuovo abbraccio con il Pd. E per quanto il consigliere regionale abbia detto – perfino in tempi non sospetti – che dopo la fine del tentativo di riformismo renziano, tramontato il 4 dicembre, l’esperienza dell’allora Nuovo Centrodestra (attualmente Alternativa popolare) a sinistra doveva considerarsi conclusa portando in caso contrario «all’implosione del partito che perderebbe i riferimenti al Nord», non è certo un mistero come sugli alfaniani aleggi il concreto rischio di un “veto” leghista. «Il nostro perimetro in Regione è chiaro – racconta –. È vero che in questi anni spesso abbiamo tenuto posizioni responsabili, sapendo che quasi sempre non pagano in termini elettorali, ma siamo sempre stati ben chiari e radicati all’opposizione della giunta di
Debora Serracchiani
. Certo qualcuno può non condividere le mie scelte politiche, ma spero che alla fine vinca il buonsenso e la progettualità perché non possiamo permetterci di continuare a parlare di mondi e di una città che non esiste più proponendo ricette che, forse, andavano bene soltanto nel passato. Ed è altrettanto evidente come non si vincano le elezioni in una città, così come in una Regione, con una semplice sommatoria di liste».


Avversari e “slot”


Progetti, processi di condivisione, modelli di sviluppo e concretezza amministrativa vanno bene, ma è indubbio come – in fondo è il segreto di Pulcinella – Colautti punti al ruolo di candidato sindaco altrimenti non si sarebbe nemmeno preso la briga di organizzare l’incontro di ieri mattina. Ambizione lecita, e per molti versi una delle migliori carte che potrebbe mettere sul tavolo il centrodestra, ma che deve affrontare una serie di oggettive problematiche. A quel ruolo, innanzitutto, punta
Pietro Fontanini
che da “vecchio” frequentatore di Palazzo ha recentemente sostenuto una teoria che quasi tutti pensano, ma in pochi ammettono: tra i conservatori il manuale Cencelli nelle scelte vale ancora parecchio. Cioè, volgarizzando al massimo il ragionamento, se la palma di candidato presidente della Regione andrà a finire in quota Forza Italia, lo “slot” a Udine potrebbe automaticamente toccare alla Lega Nord e quindi il ruolo si cucirebbe perfettamente addosso al presidente della Provincia. È un’ipotesi, tutta da verificare, e che potrebbe anche cambiare – visto che aleggia sempre la voce secondo cui alla fine Fontanini potrebbe anche tornare a Roma –, ma anche per questo più di qualcuno sta provando a lavorare a un possibile tandem. Con Fontanini candidato sindaco e Colautti suo numero due secondo uno schema che, a oggi, pare avere poche possibilità di lasciare la pura speculazione teorica e diventare reale, ma che non va comunque archiviato sotto il concetto di “fantapolitica”. Fontanini a parte, poi, Colautti dovrà comunque affrontare anche altri due nodi. Il primo porta a
Enrico Bertossi
– che però non scalda il cuore, per utilizzare un eufemismo, di Lega Nord e Forza Italia – il secondo, pur in tono minore, a
Loris Michelini
, di fatto autocandidatosi prima di trovare l’appoggio di
Sergio Bini
.


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