Il Comitato difesa delle osterie friulane compie trent’anni

Dei luoghi cari alle tradizioni parlava Ermacora già nel 1930. Quargnolo, allievo di Chino, aggiunse un racconto nel 1983

UDINE. Da trent’anni il Comitato ideato, promosso e retto da Enzo Driussi, tutela le osterie, ma questi luoghi cari alle nostre tradizioni hanno sempre avuto, anche in tempi precedenti, validi protettori. Fin dagli anni Trenta quando la penna di Chino Ermacora (1894-1957) segnò la svolta di «Vino al sole» e «Vino all’ombra». Giornalista e scrittore (fu tra i primissimi, già nel 1945, con «La patria era sui monti», a raccontare la Resistenza), Ermacora celebrò il prodotto dell’uva con queste due opere rimaste fondamentali: «Vino al sole», appunto, nel 1930, e cinque anni dopo la versione “all’ombra”, riguardante cioè le osterie.

Per avere un aggiornamento della materia bisognerà aspettare quasi mezzo secolo. Nel 1983 uscirà Caffè e osterie di Udine, di Mario Quargnolo (1922-2003), pure ricco di annotazioni storiche e di echi di “fatti e misfatti” di cronaca. Nel frattempo tanti autori si sono sbizzarriti a scrivere di osterie, ma possiamo dire che soltanto ai due che qui abbiamo citato, Ermacora e Quargnolo, si possa attribuire il merito di aver dato a questo argomento contorni e sostanza letterari.

Entrambi hanno messo in luce, nelle due diverse epoche, i locali storici come i mitici Piombi, il Dorta, il Roma, La buona vite. Inoltre Ermacora recupera locali scomparsi come All’agonia in via Poscolle, Agli stanchi della vita in via Mercerie, Da Paolate, in via Liruti, frequentata da poeti, dal Carducci a Pietro Zorutti. Quargnolo, invece, quasi cinquant’anni dopo, ci racconta la novità della pizza (arrivò nel 1952 alla birreria Moretti di piazzale 26 Luglio), i primi assalti dei cinesi (il Fornaretto), la fine del castagnaccio e la scomparsa delle rane in via Grazzano.

In questo momento di festa per il trentennale del Comitato, ricordiamo quindi i due fondatori del “culto” delle osterie: Ermacora, il maestro, e Quargnolo l’allievo. Quest’ultimo nel suo libro aveva reso omaggio a Chino, che conosceva fin da ragazzo (era amico di suo padre).

«Una volta – scrive Quargnolo – andammo in gita in bicicletta al lago di Cavazzo. Al ritorno, lungo la Tricesimana (eravamo sul far della sera) ci fece fermare: ”Tasèit, stin a sintì ches cjampanutis!” Era l’Angelus ed Ermacora aveva saputo cogliervi tutta la poesia».

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