Il business del prosciutto è nelle mani dei big: sono friulane solo le firme artigiane

UDINE. L’addio dei Dukcevich al controllo del gruppo Kipre (450 dipendenti in sette stabilimenti, i più importanti dei quali in regione tra San Daniele e San Dorligo della Valle) segna un altro cambio di stagione ai vertici del business del prosciutto crudo.
La famiglia triestino-friulana (la signora Sonia, moglie dell’imprenditore Mario Dukcevich, è udinese doc) era l’ultima “regionale” al comando di uno dei “colossi” del Consorzio del prosciutto di San Daniele, che conta 31 soci.
Il “grande affare”, infatti, quello che fa chiudere alle aziende bilanci con fatturati da decine se non centinaia di milioni di euro, è da tempo nelle mani di industriali non friulani: Beretta, Citterio, Levoni e Negroni.
Vere e proprie multinazionali che hanno messo gli occhi, non da oggi, sull’eccellenza tipica del nostro territorio, il crudo che si stagiona in collina con la brezza del mare e l’aria delle montagne e che è uno dei principali asset economici friulani nel mondo.
Nel “club” dei magnifici 31 (i soli che possono fregiarsi della Dop) gli imprenditori friulani, ovviamente, non mancano. Anzi come numero sono ancora la maggioranza, 16, ma non si tratta di aziende di grandi dimensioni.
Le firme rigorosamente made in Friuli più importanti del San Daniele sono rappresentate da alcuni straordinari artigiani, riconosciuti e premiati per la qualità dei prodotti, ma che in fatto di “numeri” possono ben poco rispetto a chi stagiona le cosce in modo industriale.
I Morgante, oggi, sono rimasti gli unici “big” friulani (in termini di produzione), seguiti da Testa e Molinaro, Picaron e Dall’Ava. Tanti altri, da Prolongo a Bagatto, da Il Camarin a Zanini fino a Coradazzi e alla Casa del prosciutto di Alberti, passando per “La Glacere” sono splendidi ma piccolissimi artigiani, che hanno fatto arrivare ai giorni nostri una tradizione gastronomica le cui origini si perdono nella notte dei tempi.
Adesso, con l’ingresso del fondo Wrm Group in Principe e King’s il numero degli industriali “foresti” assume ancora più peso nella geografia dei produttori.
In ogni caso nella capitale del prosciutto crudo gli “indigeni” sono abituati a lavorare con chi viene da fuori. La nascita del Consorzio stesso, la cui costituzione risale al 1961, (l’anno prossimo si festeggeranno i 60 anni) fu iniziativa di tutti i produttori e di alcuni cittadini sandanielesi con lo scopo di tutelare e diffondere il nome del prosciutto tipico e di stabilire delle regole per le materie prime e per la lavorazione del prodotto, ma tra di loro vi erano alcuni imprenditori lombardi ed emiliani e un nome noto come Vismara, marchio poi scomparso.
Oggi annovera 31 imprese produttrici, tutte con stabilimenti nel Comune di San Daniele. Su incarico del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), il Consorzio detiene il Disciplinare di produzione, vigila sulla sua corretta applicazione e tutela il marchio affinché non vi siano abusi o usi illegittimi del nome, del marchio “Prosciutto di San Daniele”, e dei segni distintivi della Denominazione di origine protetta (Dop).
Il Disciplinare garantisce la tracciabilità di ogni prosciutto: richiede che siano riportati sulla cotenna i timbri che indicano la provenienza dei maiali, il luogo della macellazione, l’inizio della stagionatura e il prosciuttificio. Il Consorzio si impegna e attua iniziative per il perfezionamento e il miglioramento qualitativo, con servizi di assistenza e consulenza di carattere tecnico per i soci produttori.
Salvaguarda la tipicità e le caratteristiche del prodotto, regolamenta materie di interesse comune per tutti i soggetti della filiera produttiva (allevamento, macello, prosciuttificio) e svolge attività di normazione tecnico-produttiva in tutti i settori di interesse. Tutti i 31 produttori iscritti nel sistema della Dop sono soci del Consorzio. —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto