Il bluff delle monete da collezione: sono medaglie, non un investimento

UDINE. «In negozio da me passano ogni mese un paio di persone con le monete uguali a quelle acquistate dalla signora di Udine. Io spiego chiaramente come stanno le cose, la gente si rassegna e se ne va, incassando la perdita di denaro. Al massimo chi le ha ricevute in eredità mi dice “eh, povero papà, si era fatto abbindolare quando era già avanti con gli anni”...».
A parlare è il triestino Giovanni Paoletti, uno dei pochissimi operatori professionali in oro autorizzati in Friuli Venezia Giulia, con tanto di licenza della Banca d’Italia. Ha letto dell’anziana udinese che, comperato un cofanetto con 4 monete d’oro (conio da 10, 5, 2 e 1 lira) dalla ditta Editalia, emanazione della Zecca dello Stato, per 7.900 euro, oggi se ne ritrova in mano appena mille di euro, il valore della materia prima.
La donna si è rivolta all’associazione di tutela Consumatori attivi ed è decisa a dare battaglia anche nelle sedi giudiziarie, perchè ritiene di essere stata truffata. Ma secondo l’esperto le speranze di ottenere il denaro (e pure giustizia) sono davvero residuali.
«La materia riguardante le monete da investimento - racconta Paoletti - è regolata dalla legge 7 del 2000. È un provvedimento con pochi articoli, ben chiari e precisi. Il più importante stabilisce che si può definire moneta da investimento se è di oro puro o di oro 22 carati e se viene venduta a un prezzo al massimo superiore dell’80 per cento del valore dell’oro contenuto. Mi spiego: se un “pezzo” vale 100 euro, non potrà essere venduto a più di 180: questa sarà una moneta da investimento certificata.
Possono essere zecchini, sesterzi, ce ne sono tanti tipi in circolazione. La loro quotazione futura sarà sempre legata al costo dell’oro, che è soggetto a oscillazioni, ma in un negozio specializzato potrà essere venduta o acquistata al giusto prezzo di mercato».
Ma allora come si definiscono le lire in possesso dell’anziana di Udine? «Sono medaglie - aggiunge Paoletti -, il cui prezzo di vendita è slegato dal valore del materiale con il quale sono state realizzate. In questo caso molto, ma molto più elevato rispetto all’oro, visto che sono state pagate 7.900 euro. Ma evidentemente nel prezzo è compreso il cofanetto, che è molto elegante, le provvigioni del venditore e chissà quante altre cose. Un altro indizio che dovrebbe far capire che ci troviamo di fronte a un affare potenzialmente a rischio, è che il conio originario delle 10, 5, 2 e 1 lira era in alluminio.
Poi è stato “trasformato” in oro, proprio per farlo diventare una medaglia. Purtroppo tanta gente ci casca, soprattutto anziani. E un ruolo fondamentale lo gioca la pubblicità, che passava in continuazione, fino a qualche tempo fa, sui canali televisivi della Rai. E gli stessi manifesti tappezzavano le principali stazioni ferroviarie del Paese, dove si sa che c’è un via vai continuo di gente. Inoltre i venditori sono “abili” a far intendere all’ignaro cliente, che in buona fede vuole lasciare un regalo che resti al figlio o al nipote, che si tratta di un vero investimento in monete preziose, senza però scriverlo da nessuna parte.
Il certificato che viene rilasciato al momento della firma, infatti, riporta solo caratteristiche tecniche e peso delle monete, nient’altro». L’operatore professionale, che in passato è stato ospite anche della trasmissione “Mi manda Raitre” proprio in relazione a un caso simile, constata amaramente come «in questa storia delle monete ci sia di mezzo la Zecca dello Stato, attraverso la società Editalia. Una persona è portata a fidarsi dello Stato, quindi va sul sicuro quando effettua l’acquisto. E invece...».
Consumatori attivi non vuole comunque lasciare nulla di intentato nella difesa dell’anziana udinese che in un colpo solo ha visto evaporare ben 6.900 euro dei 7.900 investiti nelle quattro monete della lira. Già ieri ha fatto partire una lettera con richiesta di spiegazioni a Editalia, ma non è escluso l’approdo della vicenda anche nelle aule di un tribunale o negli uffici dell’Autorità di vigilanza».
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