Il 2019 meno brillante: le tensioni mondiali non aiutano l’export

PORDENONE. A leggere in controluce i dati di bilancio delle Top 500, le aziende più importanti del Friuli Venezia Giulia, pare che il 2018 sia stato un anno da età dell’oro. Indicatori macroeconomici tutti positivi, più della media del Paese e quasi in linea con quelli della macroregione “locomotiva” dell’Italia, il cosiddetto “pentagono” che oltre al Triveneto comprende anche l’Emilia Romagna e la Lombardia.
Ma ci pensano le previsioni per il 2019, il cui andamento è ormai consolidato visto che l’anno è agli sgoccioli, a gettare secchiate di acqua fredda sui facili entusiasmi. Il rallentamento dell’economia, anche alle nostre latitudini, è brusco e certificato.
E se guardiamo ai problemi di prospettiva il quadro, a medio e lungo termine, si fa ancora più incerto. Solo con un grande sforzo rivolto alla digitalizzazione, all’innovazione e al capitale umano le imprese di Pordenone e Udine, Gorizia e Trieste sapranno tenere la barra dritta e continuare a navigare nei mari agitati della globalizzazione. È un po’ questa la sintesi che i ricercatori Gianluca Toschi di Fondazione Nordest e Maria Cristina Landro PwC partner hanno fatto illustrando i risultati del 2018.
Ricavi e utili
«È stato un anno positivo per il sistema industriale del Friuli Venezia Giulia», ha sottolineato subito Toschi. Il Pil complessivo è stato positivo dell’1,1%, la disoccupazione si è attestata al 6,7%, mentre l’export ha fatto segnare un buon più 5,9%.
«Le imprese Top 500 - ha aggiunto Landro - hanno continuato la loro crescita, per il sesto anno consecutivo. I ricavi complessivi sono stati pari a 36,4 miliardi di euro, con un più 9,8% rispetto al 2017. Un risultato brillante, che ha sfiorato un avanzamento a doppia cifra. E il 20% delle società prese in esame hanno avuto una crescita superiore al 20% del fatturato, mentre il 37% delle società ha avuto aumenti superiori al 10%. Sono livelli ottimali». E veniamo all’Ebitda, ovvero il margine operativo lordo.
È stato pari, sempre per le Top 500, a 3 miliardi di euro, un valore in crescita dell’8%, con il 57% delle aziende che ha un Ebitda in ascesa. Sono invece il 48%, appena sotto la metà, le imprese che vantano un aumento sia di ricavi che di Ebitda. L’utile netto si è attestato a 1,2 miliardi di euro, con un più 49% rispetto al 2017. Le Top 500 che hanno fatto registrare utili sono state l’88%, mentre gli utili reivestiti sono stati il 77%.
«Ciò dimostra - ha detto Landro - che c’è una forte propulsione a reinvestire gli utili per ricapitalizzare le aziende piuttosto che distribuire dividendi». Il patrimonio netto, infine, è di 14,2 miliardi (più 8,3%). La posizione finanziaria, cioè l’indebitamento, è di 3,6 miliardi, ma è in calo del 2% rispetto al 2017. Roa al 4,1% (stabile), mentre il Roe (redditività dei mezzi propri) è cresciuto dell’8,8%. Il rapporto tra posizione finanziaria netta ed Ebitda si colloca all’1,2%.
Territorio e settori
È la provincia di Udine quella dove operano ben 205 Top 500 con un fatturato di 14,3 miliardi. Segue a ruota Pordenone con 179 campioni che portano a casa 8,7 miliardi di ricavi. Trieste si ferma a 62 aziende “big”, concentrate in pochi settori (navale, cantieristica, porto) e infine Gorizia con 54 delle Top 500, poco più del 10% del totale. I dati di comparto ci raccontano che i mezzi di trasporto, dove è compreso il gigante Fincantieri, la fa da padrone con 4,1 miliardi di fatturato (il 7% complessivo).
Seguono macchine e apparecchiature, che ha il cuore pulsante nel Pordenonese, con 3,9 miliardi di ricavi, appaiato alla siderurgia. Un gradino sotto c’è il settore acqua, gas, energia e rifiuti con 3,8 miliardi, seguito da apparecchiature elettroniche e porti e logistica. Il mobile e l’arredo (altro vanto del Pordenonese) totalizzano 2,3 miliardi di euro di ricavi, le costruzioni si fermano a 1,8 miliardi, ma hanno finalmente invertito il trend dopo molti anni di dura crisi.
A seguire ancora commercio all’ingrosso, chimica, alimentari e bevande (1,1 miliardi ma settore strategico per una questione di immagine e di reputazione) e commercio autoveicoli. «Costruzioni e siderurgia - ha evidenziato Toschi - vanno molto bene sia per fatturato che per Ebitda».
Scenari e priorità
«Il 2019 presenta dati poco confortanti rispetto al recente passato - hanno affermato gli studiosi - e alla fine il Pil della regione crescerà dello 0,3%, di più di quello del resto del Paese. Pesa l’incertezza internazionale, con i dazi americani, le tensioni per le guerre commerciali, la Brexit che colpiscono chi, come noi, ha forte propensione per le vendite all’estero.
Il nostro gap, rispetto alle regioni più avanzate, si concentra in formazione e capitale umano, dove c’è da lavorare e investimenti che sono in flessione. Nello scenario di medio periodo bisogna considerare anche invecchiamento della popolazione, cambiamento climatico, trasporti, innovazione tecnologica e sfida digitale, oltre ai nuovi assetti geopolitici. Infine le priorità delle aziende che riguardano crescita, efficienza, digitalizzazione e sostenibilità, con un occhio all’ingresso in Borsa e al passaggio generazionale. Solo il 15% delle imprese friulane supera, infatti, la terza generazione familiare».
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