Il 20 gennaio 1945 fu l’inferno: venti bombardieri su Udine

Martedì ricorre il settantesimo anniversario della pioggia di fuoco alleata. Furono sganciate ventiquattro tonnellate di bombe da cinquecento libbre

UDINE. Fra il 31 gennaio del ’44 e il 7 marzo del ’45 Udine fu bombardata per nove volte da parte delle forze aeree alleate. Di uno dei bombardamenti più disastrosi per la città si celebra martedì il 70º anniversario.

Il 20 gennaio 1945 è un sabato. Alle tre del pomeriggio, 20 quadrimotori B-24 Liberator si alzano in volo dall’aeroporto di Foggia diretti verso Udine; il loro obiettivo è quello di colpire l’importante scalo ferroviario, dove si trovano in quel momento ricoverati oltre 600 fra locomotive e carri-merci.

I bombardieri appartengono agli squadroni 31 e 34 della South African Air Force, unità inquadrate nella famosa Desert Air Force, la quale successivamente alla Campagna d’Africa era stata dislocata nelle basi alleate in Italia; gli equipaggi dei B-24 hanno combattuto a Tobruk ed El Alamein, giovani veterani con decine e decine di missioni alle spalle.

Le formazioni giungono sul Friuli innevato circa un’ora dopo il tramonto; alle 18.23, dalla quota di tremila metri vengono lanciati i primi bengala che illuminano il cielo di Udine a giorno.

Sotto il fuoco della contraerea tedesca, in tre ondate successive i Liberator sganciano sulla città ventiquattro tonnellate di bombe da cinquecento libbre.

I rapporti operativi conservati su microfilm presso i National Archives britannici descrivono in termini asettici gli effetti dell’attacco.

«Il riconoscimento fotografico rivela un bombardamento ben riuscito. Tutte le linee ferroviarie interrotte, considerevoli danni al materiale rotabile, agli edifici della stazione e ai vicini stabilimenti industriali. L’esplosione di un convoglio munizioni ha provocato un vasto incendio avvistato da tutti gli equipaggi. La colonna di fumo, innalzantesi per seicento metri, era visibile alla distanza di 50 km».

Ben diversa è evidentemente l’impressione riportata dagli udinesi, come rivelano le pur composte note del diario di Umberto Paviotti, impiegato originario di Bicinicco e residente a Cussignacco.

«Il cielo era leggermente annuvolato ma il lancio di razzi, subito dopo l’allarme, mise Udine alla luce del giorno. Si iniziò quindi il bombardamento della zona del deposito ferroviario compreso fra viale 23 Marzo, cavalcavia, via Pradamano, Laipacco, dove i danni sono gravi. Sono stati fatti saltare due vagoni di mine al tritolo e il boato è stato terrorizzante. Il deposito delle locomotive, specie dal cavalcavia alla fabbrica di cementi, è stato tutto sconvolto. Naturalmente non tutte le bombe sono cadute in stazione: sei o sette sono cadute qui fra via Zorutti e vicolo degli Orti, provocando la distruzione di sei o sette case e facendo sei o sette vittime. Un altro grappolo di bombe è caduto in via Cividale, colpendo fra l’altro un ricovero casalingo con nove persone dentro, che perirono tutte. In via Gorizia è stata rasa al suolo una villa seppellendovi i quattro componenti della famiglia. In tutto vi sono stati una trentina di morti...» (da Udine sotto l’occupazione tedesca – pagine di un diario 1943-1945, a cura di T. Sguazzero, IFSML, Udine 2009).

Alle 18.36 i piloti sudafricani invertono la rotta per rientrare a Foggia, dove atterreranno poco prima delle 21:00.

Ritorneranno altre due volte a devastare la città: martedì 20 febbraio e mercoledì 7 marzo, ultimo bombardamento alleato su Udine. Ma questa è un’altra storia.

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