I settecento anni del nostro ospedale I medici “pionieri” che fecero la storia
IL RACCONTO
alberto rossi
Nella sua lunga storia, l’Ospedale di Pordenone, è stato contrassegnato dalla presenza di grandi medici, che hanno lasciato una traccia importante della loro opera.
Una interessante ricerca condotta nel 2014 dall’archivista Francesca Fioret riporta, con maggior dettaglio, alcune testimonianze molto interessanti. Almeno a far data dal 1878, operava a Pordenone un medico condotto di nobili origini, il conte dottor Basilio Frattina. Allora erano i medici condotti ad assicurare assistenza ai degenti ospedalieri e l’organizzazione dei servizi non prevedeva la separazione tra funzione medica e funzione chirurgica.
Tuttavia, pare che il nobile medico fosse abile chirurgo. Afferma il dottor Pericle Corsara, Regio Delegato Straordinario per le Opere Pie di Pordenone, in una relazione al Consiglio Comunale del 1886, che “il servizio procede in modo lodevolissimo, a merito dell’egregio dottor Frattina. Accorrono d’altri paesi gli ammalati per operazioni d’alta chirurgia”.
Il dottor Frattina
Venne nominato nel 1888 direttore sanitario dell’ospedale, incarico che mantenne fino al collocamento in quiescenza nel 1904. Sotto la sua direzione l’ospedale superò le 100 presenze giornaliere e nel 1891 si inaugurò la prima sala operatoria. È lui stesso a descrivere in una pubblicazione del 1881, quali erano le tecniche seguite per gli interventi chirurgici ed è proprio di quell’anno una straordinaria operazione eseguita su una giovane di Roraigrande a cui fu asportato il rene sinistro. Si trattava del terzo intervento di quel tipo in Italia, ma del primo riuscito con la sopravvivenza del paziente.
Valan e Rizzetto
Angelo Valan subentrò nel 1904 a Frattina e, grazie alla solida preparazione in campo medico e alla forte personalità, segnò un ulteriore, importante capitolo nella storia dell’Ospedale. In una deliberazione del 1904 si legge, infatti, che il dottor Valan dimostrò “un’attività e una premura encomiabili nel disimpegno delle sue mansioni, non disgiunte da una illimitata passione per la professione”. Un altro periodo molto fecondo per l’Ospedale di Pordenone, fu a cavallo tra gli anni’50 e’60. Nel 1954 fu assunto come primario della divisione medica il professor Enzo Rizzetto della Clinica Universitaria di Padova, specialista delle malattie dell’apparato cardio respiratorio e direttore del Centro cardiologico dell’università del Santo, un “mago nel campo della semeiotica chirurgica strumentale”, come lo aveva definito il professor Alessandro Beretta Anguissola, direttore della 2ª Clinica Medica dell’Università di Roma.
La cardiochirurgia
Con il professor Galeno Ceccarelli, direttore della clinica chirurgica dell’università di Padova, Rizzetto portò la cardiochirurgia a Pordenone. Grazie alla collaborazione del primario chirurgo professor Cornelio De Marchi e del primario anestesista professor Ruggero Zane, sui quali anche Ceccarelli riponeva grande fiducia, furono eseguiti nel nostro ospedale, tra il 1955 e il 1963, ben 165 interventi con risultati straordinari. Si trattava, in gran parte, di pazienti affetti da disturbi valvolari, in piccola parte di cardiopatie congenite. Interventi delicatissimi “a cuore battente” in cui il chirurgo forzava con un unghia metallica la valvola cardiaca, dilatandola.
“La coraggiosa e pensosa personalità di Rizzetto – scriveva Zane – sorretta dalla sua matura competenza cardiologica, dall’intuito clinico, dalla seria valutazione delle indicazioni ci aveva coinvolti tutti in un entusiasmo anticipatore, in uno spirito di collaborazione senza riserve”.
Queste testimonianze, con le moltissime altre che hanno contrassegnato un storia nobile e importante, ci raccontano di come l’ospedale di Pordenone sia stato e sia tuttora un contenitore straordinario di cultura, di competenze ed esperienze uniche. Un patrimonio che non dobbiamo in alcun modo disperdere. —
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto