Honsell: "Non è questa la vera immagine della città"

Il sindaco di Udine commenta l'indagine su tweet e insulti: twitter strumento superficiale. Arcigay: facile nascondersi dietro ai social
Udine 22 Aprile 2016 elezione presidente UTI Copyright Petrussi Foto Press / Turco
Udine 22 Aprile 2016 elezione presidente UTI Copyright Petrussi Foto Press / Turco

UDINE. «Il mondo virtuale non è la vera faccia della città, almeno quella che io conosco. Udine si è sempre caratterizzata per l’uguaglianza dei diritti. Da qui sono partite tante battaglie. Twitter non è il mondo reale, anzi è la quintessenza del semplicismo mentale».

Il sindaco di Udine, Furio Honsell, prende le distanze dall’immagine che viene data del capoluogo friulano dalla ricerca sui social curata dall’osservatorio italiano sui diritti.

Da professore di matematica quale è ritiene l’indagine svolta in collaborazione con le università di Roma, Milano e Bari «sicuramente interessante perchè analizza un fenomeno sociale, ma va pur sempre preso con le pinze. Bisognerebbe capire ad esempio quali sono gli indici usati, i parametri adottati, la base scientifica».

Trovare però il capoluogo friulano in testa alla classifica delle città intolleranti in Italia «comunque mi addolora», dice il primo cittadino come primo commento, quando viene interpellato sulla questione.

«Ma non credo che questo “popolo del web” – aggiunge precisando – rappresenti la maggioranza dei cittadini udinesi. Il mondo virtuale non è espressione di questa città».

Honsell confessa di non fare utilizzo di twitter perchè «è uno strumento che ritengo superficiale. Lo definisco la quintessenza del semplicismo mentale. In questo mondo serve invece più analisi e riflessione. Preferisco i rapporti umani e il confronto con le persone.

Centoquaranta caratteri sono poco più di un’imprecazione o di un allarme o di uno spot. E non si vive di slogan. Con questo non voglio dire che sono contro chi ne fa uso. Ma se usato nella maniera sbagliata può provocare danni».

E da qui i tanti esempi di intolleranza «contro cui – conclude Honsell – bisogna essere intolleranti».

Tra i tweet più offensivi ci sono soprattutto quelli contro gli omosessuali. Per l’Arcigay si tratta di «uno strumento pericoloso, in mano a persone che si nascondono dietro alla scrivania di un computer e che non accettanno il confronto».

Jose Ignacio Quintana Vergara detto “Nacho”, presidente dell’associazione cita i commenti agli articoli dei giornali.

«In un articolo di presentazione su un libro di due omosessuali si sono scatenati i tweet di odio da parte dei commentatori. Solo per la loro tendenza, senza leggere la storia del loro libro. Senza capire la loro storia. Solo per il fatto di essere transessuali. Perchè il “diverso” fa ancora paura nella mente di alcuni».

Secondo Vergara questo clima di “odio” «va ovviamente fermato», «ma fino a quando – spiega – non ci sarà una legislazione che equipara le offese agli omosessuali a quelle xenofobe non si riuscirà ad avere un argine al fenomeno. E qui tocca al governo e al Parlamento fare un passo in avanti».

«La gente non si ferma ad approfondire i fatti – aggiunge –. Si ferma alle prime parole, alle prime righe per scatenare l’odio che ha dentro. Ma questo accade dappertutto a Udine, come nel resto d’Italia».

E per concludere il presidente di Arcigay ricorda la manifestazione per i diritti civili organizzata in piazza San Giacomo il 25 gennaio quando vi parteciparono circa 500 persone. «Credo sia quello il vero volto di Udine – conclude – e non quello che si legge nella ricerca. Il mondo virtuale viaggia per conto proprio. Chi fa uso solo di questi strumenti spesso non accetta il confronto».

Don Pierluigi Di Piazza, parroco di Zugliano e del centro Balducci si è spesso contraddistinto per la lotta contro le discriminazioni di ogni forma e colore. Nel suo centro ci sono più di 40 immigrati. Si dice «dispiaciuto» per i risultati dell’indagine. «Personalmente – commenta – non frequento e non conosco questo mondo virtuale.

Per come rifletto, però, a me pare che questo strumento faciliti le espressioni dell’irrazionalità congiunta all’aggressività e negazione dell’altro, anche perchè non c’è confronto nè di volti nè di sguardi, nè di espressioni, nè di riflessioni».

«Nei nostri territori – continua – si avvertono tutte le difficoltà al’accoglienza delle persone diverse, siano essi immigrati, o omossesuali, transessuali, carcerati, nomadi, disabili nel corpo e nella mente, insieme, però, a tante disponibilità alle esperienze positive ad accogliere come possiamo riscontrare nelle scuole».

«La questione – conclude don Di Piazza – è soprattutto culturale. Per questo l’impegno che noi tutti dobbiamo assumerci è quello di rinnovarci quotidianamente».

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