Holding in Lussemburgo, ma de Eccher non ha evaso

UDINE. Il fatto di costituire una holding in Lussemburgo, così come in qualsiasi altro paradiso fiscale estero, non significa per forza di cose frodare il Fisco italiano. È quanto dimostra l’epilogo della vicenda giudiziaria nella quale il Gruppo Rizzani de Eccher era stato chiamato a rispondere di esterovestizione.
E cioè di avere fintamente localizzato al di fuori dei confini nazionali la residenza fiscale di una società che, in realtà, persegue i propri interessi in Patria. Il caso, che ipotizzava l’omessa dichiarazione dei redditi dal 2009 al 2011, per un totale di 317.536 mila euro di Iva non versata, è stato archiviato in questi giorni, su richiesta della stessa Procura di Udine.
A mettere in moto le indagini, alla fine del 2013, era stata la serie di verifiche fiscali condotte dalla Guardia di finanza sulle principali holding friulane.
Nel mirino degli investigatori era quindi finita anche la “Marienberg sa”, con sede a Lussemburgo, cioè la società holding del gruppo Rizzani de Eccher (detiene l’82 per cento delle azioni della “Rizzani de Eccher spa”, con sede a Pozzuolo del Friuli), a sua volta controllata per metà da Claudio de Eccher e per l’altra metà dal fratello Marco.
Entrambi residenti in Italia e amministratori della società lussemburghese, oltre che detentori del 9 per cento l’uno delle azioni della capogruppo di Pozzuolo, erano finiti sotto inchiesta insieme a Marianne Goebel, Ascanio Martinotti e Riccardo Biaggi. Incappando così anche nei relativi avvisi di accertamento dell’Agenzia delle entrate per il periodo 2008-2011.
È stato il pm Elisa Calligaris, esaminate le due memorie difensive dell’avvocato Maurizio Miculan e l’annotazione conclusiva delle Fiamme gialle, a concludere per l’archiviazione - accolta poi dal gip del tribunale di Udine, Emanuele Lazzàro -, difettando «elementi chiari, precisi e concordanti» sulla presunta esterovestizione.
Ossia su uno dei tasselli che la prefettura di Udine aveva posto alla base della richiesta di interdittiva antimafia emessa nel 2014 (e poi annullata dal Tar).
«Trattandosi di holding di partecipazione – scrive il pm –, la Marienberg è caratterizzata da una struttura organizzativa di modeste dimensioni: ne consegue che non può trovare applicazione il criterio della localizzazione (in Italia) delle strutture materiali e organizzative della società, che dovrebbero rappresentarne il centro amministrativo-gestionale. Nè può ritenersi – continua – che questo coincida automaticamente con la sede della principale società del gruppo, la Rizzani de Eccher spa, di Pozzuolo».
Il magistrato ha quindi rilevato come, oltre ai fratelli costruttori, il Cda sia composto da altre tre persone non residenti in Italia e che non sono estranee alla gestione, come le riunioni del Cda e le assemblee dei soci si svolgano in Lussemburgo e come la documentazione contabile sia custodita lì.
Era stata la stessa Finanza a osservare come il risparmio d’imposta conseguito dal Gruppo attraverso la costituzione della holding «sia del tutto irrilevante in rapporto ai suoi volumi d’affari e risultati di bilancio».
Gli utili distribuiti dalla Marienberg, inoltre, sono comunque soggetti a tassazione italiana, visto che soci e fratelli de Eccher risiedono in Italia.
Senza contare il fatto che la holding, costituita nel 2002, ossia in epoca antecedente alla normativa in contestazione, «non risulta avere realizzato operazioni generatrici di importanti plusvalenze che, come tali, avrebbero potuto fruire del favorevole sistema di tassazione estero». E allora, «la sua costituzione pare obbedire a logiche gestionali di gruppo e non a intenti fraudolenti in danno al fisco italiano».
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