Gustafsson: «Le migrazioni e il web destabilizzano l’uomo»

Premio Nonino, parla il piú internazionale degli scrittori svedesi: «Alla mia età posso permettermi molte cose, ma non di ripetermi»
Udine 29 gennaio 2016 Interviste Premio Nonino 2016: Lars Gustafsson Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone
Udine 29 gennaio 2016 Interviste Premio Nonino 2016: Lars Gustafsson Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone

PERCOTO. Lars Gustafsson, nato nel 1936 nella contea svedese sud-orientale del Västmanland, non è solo uno scrittore ma è soprattutto un filosofo. Studente a Oxford, con il grande Gilbert Ryle alla fine degli anni Cinquanta, in seguito ha insegnato per molti anni Storia del pensiero europeo ad Austin, in Texas.

Oltre a romanzi, drammi e poesie, ha pubblicato diversi scritti che non riguardano solo temi connessi con l'estetica, ma trattano anche di filosofia del linguaggio e di etica.

Gustafsson, che conosce l'italiano di Dante e Petrarca, un suo sonetto lo ha tradotto in svedese, ha pubblicato 82 libri (il debutto appena ventenne).

«Sono orgoglioso di quanto ho fatto come scrittore. Oggi mi occupo di letteratura soltanto dalle due alle cinque del pomeriggio. Non so ancora cosa sono ma, aggiunge sorridendo, faccio continui tentativi di scrivere un romanzo esistenzialista».

Gustafsonn, riceverà oggi, a Ronchi di Percoto, dalle mani di Claudio Magris, il Premio Internazionale Nonino.

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«Per una scrittura che trova il vero nella natura», recita parte della menzione.

E l'accademico svedese, giunto a Udine accompagnato dal figlio che vive a Los Angeles, chiarisce così il senso di una vita feconda, dedicata a una scrittura trapunta di gemme teoretiche.

«Ragionamento e immaginazione non possono stare nella stessa opera. Sarebbe una catastrofe. Ma ci sono scrittori che ne sono capaci come Kafka. Il trucco c'è ovviamente ma non si può raccontare, soltanto mostrare. In un romanzo non posso fare analisi filosofiche, ma posso mostrare, rappresentare un certo tipo di esperienza. Scrivendo letteratura si possono fare degli esperimenti con il pensiero che riescono molto efficaci per tante questioni filosofiche come ad esempio quella dell’identità».

All’autore di Morte di un apicultore, Il decano, Le bianche braccia della signora Sorgedahl e L'uomo sulla bicicletta blu (tutti tradotti in Italia da Iperborea), sono gia stati attribuiti importanti riconoscimenti, tra i quali il Premio Thomas Mann, istituito nel 1975 e fino a oggi assegnato esclusivamente ad autori di lingua tedesca.

Il Premio Nonino è l'ultimo tributo, in ordine di tempo. Emblematico il romanzo Il pomeriggio di un piastrellista, per spiegare la contiguità della scrittura con la filosofia.

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Udine 29 gennaio 2016 Interviste Premio Nonino 2016: Lars Gustafsson. Copyright Foto Petrussi / Ferraro Simone

«I personaggi che metto in scena divagano in continuazione, riflettono o semplicemente viaggiano mentalmente seguendo le loro libere associazioni, talvolta lo fanno entrando in un mondo diverso da quello reale in cui vige però comunque una logica. La vita è senza significato, diceva Shopenauer, il significato dipende da noi. L'unico valore della vita è nella dissonanza».

Chiara la sua visione dell’Europa. «Le migrazioni da un lato e la comunicazione in rete, unite assieme hanno un immenso potere destabilizzante».

E se la Svezia, blinda i confini ripristinando i controlli alle frontiere per arginare gli ingressi dei migranti, obbligando la politica a prendere delle decisioni, spetta a uomini come Gustafsson ricordare che «la cultura non è un ornamento, e la capacità di esercitare l'ironia è legata alla nostra stessa sopravvivenza. Penso alle grandi opere classiche, alla tragedia greca e a quanto Euripide scrisse sui rifugiati e sul sentirsi nudi, non in senso anatomico, ovviamente. Dobbiamo chiederci come formulare questo momento storico senza diventare cinici, senza farci distruggere dall'esperienza. La letteratura offre delle soluzioni».

Infine, una riflessione intimavenata d'ironia: «Quando uno scrittore ha raggiunto la mia età può permettersi di tutto. Ma mai deve cercare di ripetere se stesso. Da quando ero bambino ho avuto paura di annoniarmi. E di conseguenza di annoiare gli altri. Insegnando all'Università avevo due paure: non riuscire a scrivere correttamente Nietzche sulla lavagna, e dire di essere un filosofo senza trovare risposte da dare ai miei studenti».

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