Gli anni di piombo in Italia e quel covo di lusso in Friuli dove nel 1978 si rifugiarono i terroristi

UDINE. Un grande casale nella campagna friulana, appena ristrutturato, con una piscina e tutti i comfort. Un gruppo di universitari udinesi incaricati di tenere in ordine la residenza. E alcuni ospiti romani, che per un breve periodo di quell’estate 1978, forse due settimane, occuparono la casa.
Sembra la sceneggiatura di un film e invece si tratta di un pezzo di storia degli anni Settanta che vide operare anche in Friuli i protagonisti degli “Anni di piombo”.
Sono già note vicende tragiche ed eclatanti come quelle del rapimento dell’ingegner Taliercio, tenuto prigioniero dalle Br per 47 giorni a Tarcento nel 1981 e poi ucciso, o come quella del maresciallo Antonio Santoro, comandante delle guardie carcerarie udinesi, assassinato la mattina del 6 giugno 1978 in via Spalato da un commando dei Proletari armati per il comunismo guidato da Cesare Battisti. È rimasto però nell’ombra questo caso che ha visto come teatro una villa di Galleriano di Lestizza.
Gli anni di piombo tra le pagine di un libro
A rivelarne alcuni particolari è stato il libro “Chi manovrava le Brigate Rosse?”, pubblicato nel 2011 e scritto a quattro mani dal magistrato Rosario Priore (noto per aver condotto indagini di primo piano tra le quali quella su Ustica) e dal giornalista Silvano De Prospo. A pagina 156 si parla proprio del Friuli.
Citando il friulano Vanni Mulinaris – intellettuale e fondatore a Parigi dell’Hyperion, la scuola che fu un punto di collegamento per i terroristi internazionali – Priore ci fa fare un tuffo in quell’estate del 1978: «Gianluigi Prevedello, un vecchio amico di Mulinaris sin da quando frequentavano il liceo a Udine, disse di averne perso le tracce dal 1970 quando l’amico si era iscritto a Sociologia a Trento, ma di averlo rivisto nel 1976, quando ritornò a Udine per il servizio di leva.
Prevedello ospitò Mulinaris per cinque giorni, durante l’estate del 1978 a Galleriano, in provincia di Udine, in una villa da poco comprata da suo padre, un commerciante di tessuti. Durante quei giorni, Mulinaris gli presentò diverse persone, italiane, dicendo che si trattava di attori, e li fece ospitare nella villa per due fine settimana consecutivi». Il testo prosegue con ulteriori dettagli sull’attività dell’ideologo Mulinaris e dei suoi rapporti con il brigatista rosso Mario Moretti.
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Ma quel passo con i riferimenti a Galleriano di Lestizza non è certo passato inosservato. Quando fu letto nel 2015 dall’insegnante udinese Paolo D’Odorico, provocò nel docente una reazione immediata. La memoria tornò appunto all’estate del 1978 quando D’Odorico era un ventunenne studente universitario di Lettere a Trieste.
A stretto contatto con i terroristi
Udinese doc, originario del quartiere di San Gottardo, D’Odorico si rivide con alcuni coetanei in quel casale di Galleriano. Invitati dall’amico Gianluigi Prevedello, avevano accettato di tenere in ordine l’abitazione in cambio di un libero utilizzo. Potevano dormirci, organizzare feste, fare un bagno in piscina. Per ragazzi poco più che ventenni la proposta era allettante.
«Leggendo il libro di Priore – racconta D’Odorico, oggi insegnante di Italiano e Storia al liceo artistico Sello di Udine e appassionato di Storia contemporanea – mi sono reso conto di aver vissuto per un paio di settimane fianco a fianco a quelli che ci erano stati presentati come attori romani, ma che in realtà erano brigatisti rifugiatisi in Friuli poco dopo l’omicidio di Aldo Moro. Il nostro amico Prevedello ci aveva detto che si trattava di persone riservate, che si stavano riposando».
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«In quei giorni – ricorda il professore – mentre noi tenevamo in ordine il giardino e la piscina, loro se ne stavano quasi sempre in casa. La residenza era enorme, con molte stanze e loro non si vedevano quasi mai. Erano sei o sette. Scambiavamo qualche parola con loro, ma non davano confidenza. Erano vestiti con camicie a quadri, avevano capelli lunghi e baffoni. Erano tutti uomini e pur essendoci stati presentati come attori non provavano mai una scena, non recitavano. Se ne stavano nelle loro camere. A un certo punto sono spariti».
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«Mai avremmo pensato che si trattava di terroristi – prosegue D’Odorico – , ma ora vedo le cose in modo diverso». Di quegli anni il professore ha un ricordo netto. «A Udine si respirava un’aria di tensione, ma si percepiva anche che c’era una trasformazione in atto. E a questo si voleva partecipare».
Il racconto dopo molti anni
L’interesse per la storia e il desiderio di comunicare hanno spinto D’Odorico ad accettare l’invito di alcuni amici che – nel 2015 – hanno organizzato alla “Tavernetta” di Remanzacco uno spettacolo in cui l’insegnante ha tenuto un monologo davanti a un centinaio di persone. In quella occasione, sul palco, raccontò per la prima volta la vicenda di Galleriano, spiegando al pubblico come si viveva in quegli anni e come era facile per un giovane trovarsi fianco a fianco con persone che poi sarebbero state coinvolte in vicende di cronaca.
«Nel 1977 e nel 1978 – ricorda l’insegnante udinese – nella nostra compagnia di amici di San Gottardo c’erano ragazzi dichiaratamente di sinistra, ma anche giovani di estrema destra, aderenti al Fuan. Tra di noi si conviveva senza problemi. Poi alcuni sparirono per riapparire qualche anno dopo sulle cronache. Alcuni furono coinvolti nell’eversione nera con i Nar, altri finirono in Libano con i falangisti.
Il mio compagno di banco al Malignani era Giuseppe Santoro, uno dei figli del maresciallo ucciso in via Spalato dai terroristi». «Quelli sono stati tempi completamenti diversi rispetto a oggi, con violenze che bene o male ci hanno toccato tutti. Udine, che poteva sembra un luogo periferico e tranquillo, in realtà ha vissuto da vicino anche quelle vicende».
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