Gli affidano il servizio di accertamento e riscossione, lui si tiene i tributi: ora dovrà risarcire dodici Comuni friulani

UDINE. Si allunga l’elenco dei Comuni friulani che hanno ottenuto il via libera della Corte dei Conti al risarcimento dei danni, dopo essere caduti nella rete del cosiddetto sistema Cassani. E cioè del meccanismo che, mentre impoveriva le casse delle decine di enti pubblici che, da un angolo all’altro d’Italia, avevano affidato alla “Duomo Gpa srl” il servizio di accertamento e riscossione dell’imposta di pubblicità, dei diritti sulle pubbliche affissioni e della tassa di occupazione di spazi e aree pubbliche, incrementava gli introiti di quella stessa società, ora in stato di fallimento, e dell’uomo che la amministrava. Federico Cassani, appunto, 64 anni, di Milano.
Con altre nove sentenze, praticamente identiche l’una all’altra, e che vanno ad aggiungersi alle tre emesse lo scorso novembre, la sezione giurisdizionale della Corte dei conti del Friuli Venezia Giulia in questi giorni ha infatti condannato entrambi, la concessionaria e il suo amministratore unico, a pagare i danni erariali ai Comuni delle province di Udine e Pordenone che un’indagine della Guardia di finanza aveva scoperto avere patito il mancato riversamento integrale dei tributi riscossi a causa dello stato di insolvenza della Duomo.
La somma più cospicua, pari a 75.221,17 euro, è quella riconosciuta a Tarvisio, per il periodo compreso tra il 2011 e il 2017. Seguono Manzano, con 50.204,63 euro (2012-2016), Pozzuolo del Friuli, con 46.941,06 (2015-2016), San Quirino, con 46.161,45 (2011-2016), Lestizza, con 36.124,10 euro (2012-2016, Dignano, con 12.666,66 (2011-2016), Malborghetto Valbruna, con 11.128,97 euro (2014-2018), Chiusaforte, con 5.403 euro (2015-2017), e Treppo Grande, con 3.445,63 euro (in forza di un contratto stipulato per il periodo 2012-2016 con la cooperativa sociale onlus Fraternità Sistemi, cui la Duomo Gpa era subentrata nell’ottobre 2012).
Sul caso è in corso un procedimento penale avviato dalla Procura di Milano a carico della società e di Cassani per le ipotesi di reato di peculato e truffa. Stando alla ricostruzione accusatoria, l’amministratore avrebbe incrementato gli introiti dell’impresa mediante artificiose od omesse rendicontazioni delle riscossioni, con commistione degli incassi riferiti a enti locali diversi.
Cassani si sarebbe appropriato di somme versate dai contribuenti, non riversando ai Comuni quanto di loro pertinenza e provocando così lo stato d’insolvenza della società, per un’esposizione debitoria complessiva verso gli enti pari a oltre 8 milioni di euro. Da qui, l’accusa di «avere gestito in modo personalistico le entrate riscosse, ingerendosi nella gestione tipica della società, quale agente contabile di diritto, divenendo a sua volta un agente contabile di fatto».
Difeso dall’avvocato Maria Chiara Marchetti, di Milano, Cassani aveva chiesto la sospensione del procedimento contabile, in attesa della definizione di quello penale, ma la Corte ha ricordato come l’ordinamento non sia più ispirato al principio della prevalenza del giudizio penale sugli altri, vigendo completa autonomia degli stessi. Nel merito, la difesa aveva sollevato l’eccezione di prescrizione, escluso che il pregiudizio economico, manifestatosi per gli enti locali dopo il 2011, potesse essere riferito a Cassani, sostenendo doversi fare coincidere con la distrazione dei fondi da parte della società risalente al periodo 2004-2011, e contestato la quantificazione del danno.
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