Giro di droga, in tre patteggiano dal gup

Scoperto un traffico tra i dipendenti di una società di trasporti. Uno di loro aveva una coltivazione sul Cormor

UDINE. Tre dipendenti di una ditta di trasporti accusati di detenzione di droga ai fini di spaccio hanno patteggiato ieri davanti al gup del tribunale di Udine Matteo Carlisi una pena complessiva di poco inferiore ai tre anni di reclusione.

Gary Colautti, 32enne nato a Maniago domiciliato a Moruzzo, difeso dall’avvocato Ezio Franz ha patteggiato 11 mesi di reclusione e 3.500 euro di multa. Sergio Malagoli, 43enne pordenonese, domiciliato a Pasian di Prato, difeso dall’avvocato Giovanni Adami ha invece patteggiato 10 mesi e 20 giorni di reclusione oltre a 3 mila euro di multa. Khalid Khayari, marocchino di 32 anni residente a Udine, difeso dal legale Federico Plaino invece si è accordato con il pubblico ministero Letizia Puppa per una pena di 1 anno di reclusione e 3.600 euro di multa. Il giudice ha concesso anche la sospensione condizionale della pena per tutti e tre gli imputati (a Khayari per la sola multa) e ordinato la confisca e la distruzione della droga sequestrata.

L’operazione dei carabinieri del Nucleo investigativo di Udine, dopo una serie di controlli e appostamenti, è scattata il 26 ottobre del 2013 con una perquisizione nell’abitazione di Colautti a Moruzzo. I militari hanno recuperato una decina di “panetti” di hascisc e marijuana per un quantitativo complessivo di circa 300 grammi. Secondo i militari, Colautti avrebbe acquistato da Khayari diversi quantitativi di droga che sono poi stati ceduti ad altri acquirenti. Non solo. Colautti avrebbe anche creato una piccola coltivazione di marijuana lungo l’argine del Cormor, nei pressi del Villaggio Primavera.

Dopo il blitz a Moruzzo, gli investigatori, il 27 novembre del 2013, hanno passato al setaccio l’abitazione di Sergio (detto Luca) Malagoli a Pasian di Prato dove hanno recuperato, nascosti in parte in casa e in parte nella sua autovettura, poco meno di 200 grammi di hascisc che, secondo i militari, sarebbe stato acquistati in “conto vendita” da Khayari. Tutte accuse respinte al mittente dal legale Adami che ha preferito patteggiare la pena «solo per evitare al suo cliente la pressione processuale che ne sarebbe derivata».

Nella ricostruzione dei militari, a rifornire i due colleghi sarebbe stato Khayari che mensilmente smerciava quantitativi di hascisc da un etto ciascuno ai suoi “grossisti” che a loro volta poi spacciavano arrotondando così lo stipendio.

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