Frode fiscale da 281 milioni di euro, Gruppo Danieli in tribunale

La Procura ha chiuso l’inchiesta e chiesto il giudizio per il presidente Benedetti e sei dirigenti. Fondi neri, esterovestizione ed evasione per 80 milioni

UDINE. Fondi occulti per elargizioni a soggetti esteri, attraverso false fatture a una società degli Emirati Arabi Uniti. Ma anche tre società esterovestite, con sede formale in Lussemburgo e gestione operativa in Friuli, e un vorticoso ma fittizio giro di operazioni societarie e finanziarie intragruppo, capace di creare interessi passivi e conseguenti vantaggi fiscali alla holding stessa.

Sono i tre pilastri della maxi-frode fiscale da circa 281 milioni di euro, che la Procura di Udine ha contestato al Gruppo Danieli di Buttrio. L’inchiesta si è chiusa a dicembre, con sette richieste di rinvio a giudizio, tra cui quella del presidente della società, Giampietro Benedetti.

In questi giorni, il tribunale ha fissato per il prossimo 8 maggio la data dell’inizio dell’udienza preliminare davanti al gup. Imposte evase per 80 milioni Ci sono ancora una volta i “paradisi fiscali” e la tentazione tutta italiana di dribblare l’Erario sullo sfondo di questa nuova e quantomai vasta operazione della Polizia tributaria friulana. Era stato il procuratore facente funzioni di Udine, Raffaele Tito, già un paio d’anni fa, a puntare gli occhi sul colosso della siderurgia mondiale e a delegare la Guardia di finanza a setacciarne tutta la documentazione via via sequestrata.

Una montagna di file e di materiale cartaceo, dal quale gli investigatori hanno ricavato la convinzione di trovarsi di fronte ad almeno tre tipologie di reato, tutte riconducibili alla sfera fiscale. Per una frode calcolata complessivamente in circa 281 milioni di euro e un’imposta evasa pari a qualcosa come 80 milioni di euro. Nei guai presidente e dirigenti.

Precisati i capi d’imputazione, nei mesi scorsi la Procura ha notificato agli indagati gli avvisi di conclusione delle indagini preliminari e ha poi proceduto, in assenza di richieste d’interrogatorio, con la conferma delle accuse e la trasmissione del fascicolo in tribunale per la fissazione dell’udienza preliminare.

Il magistrato che si occuperà del caso è il gup Daniele Faleschini Barnaba. In testa all’elenco degli indagati, chiamati a rispondere a vario titolo delle ipotesi contestate, svetta il nome del presidente e amministratore delegato, Giampietro Benedetti. Gli altri sei indagati sono tutti dipendenti dello stesso gruppo, con posizioni di dirigenza in Danieli e all’Abs.

Società esterovestite La fetta più grossa della somma di denaro che la Procura imputa a Danieli di avere movimentato all’insaputa del Fisco e, quindi, in violazione del Decreto legislativo 74/2000 sui reati tributari riguarda l’ipotesi dell’esterovestizione (articolo 5 del decreto).

La difesa: "Accuse infondate, siamo sereni"
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Nel mirino, tre società con sede formale in Lussemburgo, cioè in uno dei cosiddetti “paradisi fiscali”, ma di fatto gestite in Italia. Ossia, direttamente dal quartier generale di Buttrio. Escamotage, questo, che avrebbe permesso al Gruppo di omettere la presentazione delle dichiarazioni dei redditi dal 2004 al 2013, per un totale di 255 milioni di euro e per un’imposta evasa pari a circa 73 milioni.

Secondo gli inquirenti, le società “esterovestite” avevano mere domiciliazioni fiscali in alcuni “open space” in Lussemburgo ed erano prive di dipendenti e di effettive strutture societarie. Operazioni intragruppo fittizie Ingegnoso il meccanismo ideato – sempre a parere della pubblica accusa – per garantire alla capogruppo Danieli e ad altre società nazionali del medesimo gruppo «imponenti vantaggi fiscali».

L’articolo che si suppone violato, in questo caso, è il numero 3, relativo alla “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”. Ossia, contabilizzando e dichiarando costi fittizi, rappresentati dagli interessi passivi, maturati attraverso complessi schemi negoziali (“conferimenti azionari”). In buona sostanza, il denaro partito dalle società nazionali del gruppo, dopo un giro internazionale, sarebbe ritornato in parte sotto forma di prestito fruttifero alle società nazionali del medesimo gruppo.

Il tutto sarebbe avvenuto nell’arco della stessa giornata di valuta, iniziando poi a maturare interessi passivi in capo alle stesse società nazionali di Danieli. Risultato: costi fittizi dichiarati per 12.891.551 euro e un’imposta evasa pari a 3.899.885 euro.

«L’intera architettura negoziale – fa sapere in una nota la Procura – è stata progettata dal management del Gruppo Danieli, senza alcuna decisione delle società estere coinvolte e con l’ausilio di una società specializzata in pianificazione fiscale di Lussemburgo».

Giri sospetti negli Emirati Arabi Dalle carte sarebbe infine emersa l’esistenza di “fondi occulti”, creati grazie a fatture riconducibili a prestazioni mai avvenute (articolo 2). La società alla quale i documenti sotto sequestro fanno riferimento ha sede negli Emirati Arabi Uniti. Il totale dei costi fittizi ipotizzati per gli anni d’imposta compresi tra il 2006 e il 2010 ammonta a 13.327.509 euro e l’imposta evasa a 3.780.293 euro.

Il “mucchietto” di denaro così raccolto e sottratto a qualsiasi imposizione fiscale, in tesi accusatoria, sarebbe servito «per elargizioni a soggetti terzi esteri».

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