Fondazione Einaudi tra i soci di Berlusconi c’è anche Blasoni

UDINE. Massimo Blasoni entra nella Fondazione Luigi Einaudi di Roma e lo fa dalla porta principale come alleato strategico – e pure economico – di Silvio Berlusconi nella “scalata” che ha portato il cavaliere a prendere il controllo dell’associazione dedicata al primo presidente della Repubblica italiana.
Nonostante l’opposizione di Roberto Einaudi, nipote di Luigi che ha tentato senza successo in cda di opporsi al passaggio di consegne e che minaccia di impugnare in Tribunale la decisione di “vendere” la Fondazione a Berlusconi, l’operazione – ideata e tessuta da Gianni Letta, amico del presidente Mario Lupo – è pressoché definita in ogni dettaglio.
L’ex presidente del Consiglio, infatti, aveva promesso ai vertici della Fondazione – i cui soci storici portano i nomi di Banca d'Italia, Unicredit, Intesa San Paolo e Generali – di partecipare al salvataggio della Einaudi con il versamento di 200 mila euro, ma poi ha deciso di allargare la platea di finanziatori a esponenti della società civile, vicini al centrodestra, per provare a creare, nella sede di largo dei Fiorentini, una nuova classe dirigente «opportunamente selezionata e adeguatamente formata».
Tra i soci che hanno risposto presente all’appello del cavaliere, dunque, c’è anche Massimo Blasoni, vicecoordinatore vicario in Fvg di Forza Italia con alle spalle un vero e proprio impero economico grazie alla sua Sereni Orizzonti e presidente del centro studi ImpresaLavoro che si occupa della stestura e analisi dei rapporti tra lo Stato e i cittadini italiani.

Blasoni, nel dettaglio, si è impegnato a versare nelle casse della Fondazione un assegno da 30 mila euro. Una cifra che, nell’operazione, è inferiore soltanto alla quota assicurata in prima persona da Berlusconi e pari a 45 mila euro.
Una mossa, questa, che permetterà a Blasoni non soltanto di entrare a far parte di una delle Fondazioni storiche, e più importanti, d’Italia – con un archivio enorme e una biblioteca composta da oltre 5 mila volumi –, ma anche di riavvicinarsi ulteriormente a Berlusconi, gettandosi definitivamente alle spalle la “vecchia” amicizia e vicinanza con Denis Verdini.
Non soltanto, però, perchè è sufficiente leggere i cognomi di coloro che hanno accettato di partecipare al finanziamento della Fondazione per rendersi conto di come questa mossa permetterà al presidente di ImpresaLavoro di stringere rapporti con alcune tra le persone più importanti d’Italia.
Perchè Blasoni non sarà l’unico a versare la quota di 30 mila euro, ma, assieme a lui, ci saranno Alberto Bombassei, deputato di Scelta Civica, ex numero due di Confindustria, ma soprattutto presidente della multinazionale dei freni Brembo.
Stessa cifra, quindi, per Claudio De Albertis, presidente della Triennale di design e arte di Milano e al vertice dell’Associazione nazionale costruttori edili, per il dirigente d’azienda Paolo Scaroni, già amministratore delegato di Eni ed Enel, e per l’imprenditore torinese Giuseppe Recchi, da aprile dello scorso anno presidente esecutivo del gruppo Telecom Italia.
Un profilo, quello di Recchi, manageriale e che certamente non può essere definito come quello di un uomo di partito, a differenza di Andrea Ruggieri, ufficialmente responsabile dei rapporti con le televisioni di Forza Italia nonché nipote di Bruno Vespa, il quale, però, si limiterà a versare la somma di 5 mila euro.
L’ultima tranche di fondi, infine, arriverà grazie agli eredi di Renato Altissimo – segretario del Partito liberale italiano a cavallo tra anni ’80 e ’90 – che tramite la figura di Luca De Martino ha garantito una copertura di 25 mila euro.
Un’operazione definita in ogni dettaglio con buona pace, almeno per il momento, di Roberto Einaudi per il quale la “cessione” a Berlusconi «è contro lo statuto, che precisa la natura indipendente della fondazione».
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