Folla al Tempio ossario per l’ultimo saluto al servitore dello stato

UDINE. «Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio e nessuno le toccherà». Sa di non sbagliare, don Plinio Galasso, a leggere questo passo dal libro della Sapienza della Bibbia, per rivolgersi alla memoria del generale Lorenzo Valditara.
Il Tempio Ossario è gremito e pregno di un silenzio rispettoso durante il funerale che è stato celebrato ieri mattina per salutare un uomo che è stato capace di riassumere nella sua persona i valori più alti di chi ha combattuto per la Patria, ma di chi è stato anche capace di svolgere con competenza ed estrema attenzione gli incarichi più alti sia nel corpo degli Alpini che nell’Arma dei Carabinieri una volta smessa la divisa dell’esercito. Ma prima del soldato, prima del comandante, ad essere ricordato è stato proprio l’uomo Lorenzo Valditara, da tutti affettuosamente ricordato semplicemente come “Renzo”.
Un marito devoto e fedele, un padre attento, un nonno premuroso e, da qualche tempo, un bisnonno orgoglioso. «Dovete essere fieri e grati di aver avuto in famiglia una persona così!». Il già comandante dell’Arma dei Carabinieri, generale Luigi Federici, parla con voce ferma e sincera dal pulpito del Tempio Ossario. Una chiesa eretta a eterna memoria dei caduti a difesa della patria durante la Grande Guerra, simbolicamente protetti dall’alta e solenne “statua dell’Alpino”, opera dello scultore torinese Emilio Musso nel 1958, in ricordo dell’epopea della “Julia” durante la II Guerra Mondiale.
Un luogo pieno di simboli, dal quale è partito – accompagnato dal “Silenzio” suonato dagli Alpini – l’ultimo viaggio di un soldato e di un carabiniere integerrimo omaggiato da tantissime persone, verso il cimitero di Camporosso dove Valditara è stato sepolto accanto all’amata moglie Marika. C’era l’amministrazione comunale di Udine rappresentata dal vicesindaco Carlo Giacomello, quella regionale dall’assessore Maria Sandra Telesca, quella provinciale dal presidente del consiglio Fabrizio Pitton e il viceprefetto vicario Francesco Palazzolo. C’erano i Carabinieri, rappresentati dal già citato generale Federici, dal generale Leonardo Gallitelli, dal comandante del Comando Regionale dei Carabinieri Fvg Flavio Garello, dal vicecomandante interregionale, generale Nedo Lavaggi e dal comandante della legione Veneto Maurizio Detalmo Mezzavilla. Ma c’erano anche gli Alpini, rappresentati dal generale Michele Risi, comandante della Brigata Julia, insieme alle decine e decine di penne nere che spiccavano fiere tra i banchi del tempio.
«È così difficile salutare un grande maestro – ha ammesso con voce carica di emozione il generale Gallitelli – ma tutti noi, carabinieri compresi, siamo qui per omaggiare un soldato valoroso e un servitore dello stato integerrimo». La lista degli incarichi, delle onorificenze e delle imprese del gen. Valditara è infatti lunghissima. Fu, tra tutte le altre innumerevoli cose, anche soldato coinvolto nella battaglia di Nikolajewka, deportato dai tedeschi nei campi di lavoro fra Polonia e Slesia e insignito della medaglia di bronzo al valor militare, poi Capo di Stato Maggiore della Julia e infine comandante generale dell’Arma dei carabinieri. «Eppure, a quanti si complimentavano per la sua brillante carriera – ha concluso don Galasso prima di salutare Valditara per l’ultima volta – lui rispondeva semplicemente “sono un uomo fortunato, non ho fatto nulla di particolare, solo il mio dovere”».
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