Feto morto al quarto mese «Difetto di placentazione»

Un difetto di placentazione. Sarebbe stato questo a determinare la morte, ad appena il quarto mese di gravidanza, del feto di una coppia di friulani che, sospettando una qualche responsabilità medica,...
Un difetto di placentazione. Sarebbe stato questo a determinare la morte, ad appena il quarto mese di gravidanza, del feto di una coppia di friulani che, sospettando una qualche responsabilità medica, avevano denuncia il caso ai carabinieri del Nas. Ad affermarlo è la perizia depositata in tribunale dal medico legale di Mestre, Gianni Barbuti, e dallo specialista in Ostetricia e ginecologia di Trieste, Paolo Bogatti, che lo scorso dicembre erano stati incaricati dal gip Matteo Carlisi di eseguire l’autopsia nella forma dell’incidente probatorio.

Le conclusioni sono state illustrate alle parti nei giorni scorsi, nell’udienza cui erano presenti anche i consulenti nominati rispettivamente dalla pubblica accusa, rappresentata dal pm Claudia Finocchiaro, e dai difensori dei sei sanitari iscritti sul registro degli indagati dalla Procura, quale atto di garanzia, per l’ipotesi di reato di procurato aborto colposo o, in alternativa, di omicidio colposo. Nella vicenda sono rimasti coinvolti una ginecologa, un anestesista e un’infermiera, tutti dell’ospedale (assistiti dall’avvocato Rino Battocletti), un medico (avvocato Michele Tibald), un’altra ginecologa che aveva seguito la futura mamma nel suo studio privato (avvocato Tiziana Odorico) e un chirurgo (avvocato Angela Di Marco).

«Il dato anatomopatologico – si legge nelle conclusioni peritali – fa rientrare l’evento nell’ambito di un impianto placentale patologico, superficiale, con successivo distacco spontaneo causale della morte del feto». Un evento le cui cause al momento, in letteratura, restano ignote, benché «appaiano prevalere quelle materne. Allo stato attuale – continua la perizia –, non esistono trattamenti efficaci capaci di prevenire e/o curare il predetto difetto di placentazione». Spetta ora al pm, alla luce dell’elaborato dei periti d’ufficio e delle osservazioni portate dal proprio consulente e da quelli delle difese, decidere se proseguire nelle indagini, ravvisando una qualche responsabilità in capo a uno o più sanitari tra quelli già iscritti, oppure procedere con l’archiviazione del procedimento.

Assistita dall’avvocato Andrea Tascioni, la coppia - 27 anni lei e 31 lui, residenti nell’hinterland udinese - aveva ipotizzato che a causare l’interruzione della gravidanza alla diciottesima settimana potesse essere stata una manovra sbagliata compiuta dalla ginecologa che seguiva la ragazza, oppure di un qualche altro errore commesso dai sanitari che l’avevano poi assistita in ospedale, al “Santa Maria della Misericordia”, negli ultimi giorni prima dell’aborto, avvenuto l’11 dicembre scorso. Preoccupata per alcuni insoliti dolori e perdite, una decina di giorni prima la giovane si era recata dalla propria ginecologa e, il giorno dopo, al Pronto soccorso ginecologico. In entrambi i casi, però, aveva ricevuto risposte rassicuranti.
(l.d.f.)

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