Festa e bar chiuso per 45 giorni, lo sfogo della titolare: "Non ho colpe, ho sbattuto fuori chi si comportava male"

SPILIMBERGO. Nelle ultime ore, tanto nelle piazze e lungo le vie di Spilimbergo quanto sui social, si parla di quanto accaduto al Caffè Roma, bar ubicato nel centro storico di Spilimbergo.
Il questore di Pordenone, Marco Odorisio, ha infatti sospeso la licenza per 45 giorni all'esercizio pubblico. Il tutto è partito nella mattinata di venerdì 22 da una segnalazione del sindaco di Spilimbergo Enrico Sarcinelli al questore Odorisio.
Il primo cittadino della città del mosaico ha denunciato una situazione di allarme per l'ordine e la sicurezza pubblica riconducibile al caffè culminata nei fatti occorsi nella notte fra il 18 e il 19 maggio quando proprio nella prima serata di riapertura dei locali, dopo il lockdown imposto dall'emergenza coronavirus, nel “Caffè Roma” sarebbe stata organizzata una vera e propria festa alla quale hanno partecipato numerose persone che si sarebbero intrattenuti fino a notte fonda, tutti senza mascherina.
La titolare File Mehmetaj, 48 anni, albanese di origine ma spilimberghese d'adozione, non ci sta e considera quanto accaduto “una cosa completamente ingiusta”.
“Da quando abbiamo preso in gestione il Caffè Roma tre anni fa, siamo sempre stati nel mirino di qualcuno” spiega l'esercente “fin da quando abbiamo fatto la festa dell'inaugurazione del bar così come fa qualunque altra attività che apre, festa fatta ovviamente dopo avere chiesto tutti i permessi necessari, in regola, quindi mi chiedo ancora quali sarebbero le irregolarità di cui si sentiamo accusati”.
“Da quando abbiamo aperto” prosegue Mehmetaj “siamo stati oggetto di maldicenze che hanno portato a serrati controlli che non hanno mai riscontrato nulla per cui poterci muovere delle accuse”.
“Rispetto a quanto accaduto lunedì sera, è vero che un gruppo di ragazzi è venuto nel mio locale, come è altrettanto vero che nel momento in cui hanno cominciato a comportarsi scorrettamente sono stati sbattuti fuori.
Non ho alcuna responsabilità per quanto è successo, perché il problema è che sono state contestate cose che sono avvenute fuori dal mio locale, non al suo interno” sottolinea Mehmetaj, la quale aggiunge che i 45 giorni di chiusura forzata sono un danno economico da migliaia di euro.
“La parte lesa per quanto accaduto sono io” prosegue l'esercente e, “quello che più mi dispiace è che siamo stati dipinti come delle persone violente” ribadisce la donna.
“Non solo mi mettono alle strette ma anche alla gogna per colpe che non ho. Mi sento discriminata. Se ci sono prove che uno sbaglia è giusto che questo paghi, ma io non posso pagare per colpe che non ho” insiste Mehmetaj.
“Questo bar” conclude “è quello che dà l'opportunità a me e alla mia famiglia di mangiare. Io lavoro dalla mattina alla sera e ho la dignità di non andare in municipio a chiedere buoni spesa o sussidi. Ci facciano lavorare”.
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