Federico tradito da una delle sue due grandi passioni FOTO

Il 38enne gradiscano morto in val Saisera era tenore in molti cori, oltreché violinista noto: aveva studiato al conservatorio Tomadini di Udine. Alpinista esperto, stimato dai colleghi, aveva decine di escursioni alle spalle

GRADISCA. “Dio del cielo, Signore delle cime, un nostro amico hai chiesto alla montagna. Ma ti preghiamo: su nel Paradiso lascialo andare per le tue montagne”. Il testo del canto popolare di De Marzi pare quasi risuonare, crudele e commovente, sulla pagina Facebook di Federico Castellani.

Quante volte il giovane gradiscano l’ha cantato in giro per l’Italia. Oggi sono gli amici, tantissimi, a dedicargli quel brano e quelle parole. Federico aveva fatto della musica - quella sacra e quella popolare - la propria ragione di vita: il motore, il respiro delle proprie giornate.

Aveva studiato violino al conservatorio “Tomadini” di Udine e prestava la sua voce potente ed elegante di tenore a molti rinomati gruppi corali della regione. Era un punto fermo della Corale “Città di Gradisca” - praticamente dalla sua fondazione - e della “Coral di Lucinis”, ma aveva instaurato delle collaborazioni pure con il polifonico “Portelli” di Mariano del Friuli, il gruppo corale “Gialuth” di Roveredo in Piano, la Società Filarmonica di Sant'Apollinare a Trieste.

Il giovane isontino aveva anche trovato il tempo di fondare assieme ad amici un progetto più personale, “Sicut in caelo”, un ensemble d’archi con sede a Trieste dove riusciva a liberare il proprio indiscusso talento con il violino.

Non solo la sua cittadina d’origine, Gradisca, ma un po’ tutta la regione ha appreso con sgomento e infinita tristezza la notizia della drammatica scomparsa di Castellani. Un ragazzo dai modi fini ed educati, di ottima cultura, e dotato di una mimica e uno sense of humour quasi british che lo rendevano il compagno di tavolata ideale dopo un concerto o una serata di prove.

«Perdiamo un grandissimo amico - commenta commossa Daniela Snidersig, presidente della corale “Città di Gradisca” -. Un innamorato della musica, sempre disponibile a dare una mano. Per noi era una colonna non soltanto come primo tenore. Tanta era la sua competenza che seguiva le prove assieme al maestro Perissin. Sul piano umano poi non ci sono parole per descriverlo: una persona sempre positiva, gioviale, coinvolgente. Vorremmo dargli l’addio in musica assieme alle altre corali con cui ha lavorato, ma con il cuore in gola sarà molto difficile».

Castellani passava da un concerto all'altro, protagonista o semplice spettatore che fosse, e da una gita all'altra con le tante persone che gli volevano bene. «Sapeva godersi la vita con allegria e moderazione», ricorda un amico di sempre. «Amava la buona tavola come pochi, un vero intenditore», fa eco un altro.

L’altro grande amore, risultatogli fatale, era quello per la montagna. Castellani non era certo un alpinista inesperto, con decine e decine di escursioni alle spalle. E colpisce il fatto che il suo incidente sia capitato esattamente a cinque anni da un'altra tragedia avvenuta sempre sullo Jof Fuart ad un altro ragazzone molto conosciuto e benvoluto: il goriziano Alessandro Trampus. Federico, alle spalle gli studi di Giurisprudenza, era figlio unico. Viveva in un appartamento di via Eulambio con il padre Marino, ex insegnante di matematica alle scuole medie della Fortezza, e la madre Ileana, già infermiera a Gorizia.

 

Riproduzione riservata © Messaggero Veneto