Falsi prosciutti Dop, il pm: truffavano anche gli allevatori

Guadagni illeciti modificando il peso delle carcasse macellate

PORDENONE. Non solo avrebbero guadagnato di più grazie ai maiali di razza danese, non consentiti dal disciplinare della dop, ma avrebbero lucrato anche ai danni di allevatori che non facevano parte del Gruppo carni friulane srl. È quanto ipotizza la Procura di Pordenone, che ha indagato a vario titolo 29 persone, fra professionisti, imprenditori e allevatori nell’ambito della maxi-inchiesta sui falsi prosciutti dop.

Falsi prosciutti Dop, il pm: suini trattati con la candeggina
20090428 - MORCONE (BENEVENTO) - CRONUOVA INFLUENZA: CAMPANIA; COLDIRETTI, ALLEVAMENTI SICURI. Un allevamento di maiali a Morcone, provincia di Benevento, con i prelievi periodici di routine effettuati dai veterinai dellla locale ASL e dell' Istituto sperimentale Zooprofilattico. Allevamenti campani sicuri e sotto controllo. Nessun rischio, dunque, nella regione in relazione all'allarme generato dall'influenza suina che sta colpendo il Messico e che e' giunta in Europa. A rassicurare i consumatori sullo stato di salute degli animali campani e' il direttore di Coldiretti Campania, Vito Amendolara. ANSA/ CIRO FUSCO /DC


Guadagni illeciti

Secondo il pm Marco Brusegan l’associazione per delinquere che avrebbe gravitato attorno al macello di Aviano, gestito dalla srl Gruppo carni friulane, avrebbe avuto più fonti di guadagno illecito. Il vincolo associativo viene contestato a tutti e otto gli indagati ora agli arresti domiciliari (il procacciatore di suini Carlo Venturini, i dipendenti del macello Michele Pittis e Elena Pitton, gli ad della società Loris Pantarotto e Renzo Cinausero, gli ex consiglieri d’amministrazione Sergio Zuccolo e Stefano Fantinel, il veterinario Aurelio Lino Grassi).

Allevatori truffati

La Procura sta sondando anche l’ipotesi di reato di truffa semplice. Quattro gli indagati. Fra questi, Pantarotto, Pitton e Venturini. Nella ricostruzione della Procura, in concorso fra di loro, avrebbero modificato i pesi delle carcasse dei suini macellati nello stabilimento di via Monte Colombera, procurando alla società un ingiusto profitto e un pari danno agli allevatori. Per i dipendenti, tuttavia, le difese osservano che si limitavano ad eseguire gli ordini dei superiori. E a fronte di questa considerazione potrebbero profilarsi scenari diversi nel prosieguo delle indagini.

Il meccanismo

Il Gruppo carni friulane srl acquista da più allevatori i suini che macella poi nel suo impianto. A ciascun allevatore viene pagato un importo, determinato sulla base del peso vivo degli animali e il prezzo al chilogrammo indicato sui bollettini di settore. Se le cosce risultano idonee alla trasformazione in prosciutti dop, in carni con il marchio Aqua o se i suini vengono alimentati con mangimi senza Ogm, l’allevatore ottiene una maggiorazione sul prezzo, definita premio. Dal corrispettivo finale venivano detratte, però, alcune voci: 50 euro in meno per ogni capo sottopeso, 15 euro in meno per ogni coscia con peso inferiore a 12,5 chilogrammi e l’eccedenza di calo del peso. Il suino morto non doveva pesare meno dell’80% del suino vivo.

Calo dei pesi

Che cosa succedeva al macello di Aviano gestito da Gruppo carni friulane? Dalle intercettazioni gli inquirenti ritengono di aver scoperto che spesso veniva modificato il calo peso delle carcasse e il numero delle cosce sottopeso, in funzione della ditta e per varie ragioni.

Per esempio, il 7 settembre 2016, gli inquirenti intercettano una telefonata in cui Venturini, nella ricostruzione accusatoria, sembra chiedere a Pitton di distribuire su altre due aziende il calo peso accertato sui suini della ditta di cui lui stesso presiede il cda. Nello specifico Pitton rileva che sui capi macellati due giorni prima «c’è una mancanza di 174 chili». Venturini le suggerisce allora: «Metti un quintale a... e un quintale a... o 110 chili o 112, non proprio preciso». E alla ditta di cui presiede il cda, invece, chiede di mettere «20 chilogrammi o niente... Compensalo con loro due, metà e metà».

I maiali danesi

I Duroc danesi si distinguono dai suini italiani per le tipiche orecchie “bandierate”, ovvero all’ingiù. Non era possibile, secondo la Procura, non accorgersi della presenza di animali non conformi ai disciplinari negli allevamenti. Ma quale era il vantaggio? I carabinieri del Nas hanno scoperto che i suini danesi ingrassano in meno tempo rispetto a un suino ammesso dal disciplinare della dop San Daniele.

Per questa ragione possono essere macellati prima del previsto (e non alla scadenza dei nove mesi indicata dal disciplinare) e l’impresa può acquistare le partite di suini a un prezzo inferiore. Sul lungo periodo, dunque, la rendita per le imprese beneficiarie che adottano genetiche non ammesse diventa consistente. Il fatto di macellare prima del previsto i maiali, però, comporta la necessità di alterare i codici alfa-numerici tatuati sui capi suini. Ciascuna lettera identifica, infatti, un preciso mese di nascita.

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