Emergenze, in Fvg il numero unico arranca: i tempi d’intervento sono lunghi

UDINE. La valutazione della Corte dei conti sulla gestione degli interventi in soccorso sanitario non è ancora completa. Ma gli elementi per una considerazione complessiva non positiva ci sono già.
Le ragioni per cui nella relazione dei magistrati contabili dedicata alla sanità regionale, il capitolo dell’emergenza resta aperto, è data dalle «molte difficoltà – si legge nel documento – nell’acquisizione di dati sufficienti alla valutazione» del nuovo sistema Nue112-Sores118.
Alla Corte la Regione ha spiegato che richieste istruttorie dovevano essere «indirizzate direttamente alla Protezione civile, centrale unica di risposta 112».
Da qui la necessità dei magistrati di limitare «in questa prima fase di controllo, l’attività di valutazione delle richieste di soccorso sanitario».
I dati recuperati dalla Corte dicono già, però, che i tempi di intervento negli anni si sono allungati. Rispetto al 2013, quando il tempo necessario tra la chiamata di allarme e l’arrivo sul posto dell’ambulanza era mediamente attorno ai 15,6 minuti, nel 2017 si sale a 17.
E questi 17 minuti sono solo quelli che intercorrono tra l’apertura della conversazione telefonica dell’operatore 118 e l’arrivo del mezzo di soccorso sul target (ovvero il luogo in cui la o le persone che hanno bisogno di assistenza, si trovano).
«Pertanto – rileva la Corte – i tempi esposti non tengono conto del periodo di tempo relativo alla gestione dell’attività di verifica e smistamento compiuta dalla centrale Nue 112, periodo di tempo che sappiamo essere mediamente pari a più di 90 secondi».
A questi si somma ancora il tempo di attesa del cittadino prima della risposta dell’operatore, mediamente 17,4 secondi. E poi c’è l’intervista, 134 secondi, ovvero 2,14 minuti, che non va interamente sommata ai tempi di risposta perché se l’operatore individua rapidamente l’elevata gravità del caso, fa partire i soccorsi prima di completare l’intervista.
La relazione della Corte dei conti mette il classico dito sulla classica piaga. Le contestazioni sulle modalità di gestione dell’emergenza, infatti, non mancano.
Se ieri un cittadino identificava l’emergenza da sé e poi chiamava i soccorsi adeguati (per casi di violenza polizia e carabinieri, 112 e 113, per malori il 118, per incendi il 115), oggi deve tenere a mente un solo numero, il 112.
Con un solo difetto: è l’operatore che individua il tipo di emergenza e che dirotta l’utente su un altro servizio. Il risultato? Che i tempi di intervento si allungano e l’utente deve rispondere due volte alle stesse domande.
Azzardando: non è che, come spesso accade in Italia, le liti sulle competenze inficiano il servizio? Perché, come accade in altri Paesi, il cittadino chiama, spiega e l’operatore, il solo operatore che risponde, attiva i soccorsi opportuni?
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