Ecomostri e incompiute, ferite sempre aperte

SAN DANIELE. Come descrivere questa città in cui oltre 20 anni fa decidemmo di trasferirci con tanto entusiamo perché, come un amore a prima vista, la ritenevamo un rifugio ideale dove il tempo e i valori di una volta sembravano immutati e praticati? Gli amici udinesi, che cercavano in tutti modi di dissuaderci da prendere tale decisione, li consideravamo dei malauguranti e guasta feste.
Sì, perché San Daniele del Friuli, la “Siena del Friuli”, conosciutissima in tutto il mondo sia per il prosciutto che per le sua bellezza paesaggistica, sancita per decreto già in epoca fascista, suscita ammirazione e invidia anche per i suoi tesori e la sua famosissima Biblioteca Guarneriana.
Insomma una cittadina bella e irrangiungibile dove volevamo far crescere i nostri figli con dei ritmi a dimensione d’uomo e con tutte le strutture all’avanguardia a portata di mano: l’ospedale, le scuole, il campo sportivo.
Provenendo dalla Germania ci ritenevamo in un certo senso fortunati di vivere qui, coniugando le caratteristiche di un salubre borgo tradizionale con la sua gente genuina con quelle di un’epoca moderna.
Ben presto iniziammo, però, a renderci conto che, forse, ci eravamo fatti prendere un po’ troppo la mano dal nostro entusiasmo che distoglieva lo sguardo dalla realtà. Avevamo, infatti, un’immagine troppo idilliaca. Ora dopo tanti anni siamo stati costretti, nostro malgrado, a ricrederci: il degrado e le ferite architettonico-urbanistiche sono visibili ovunque e non sappiamo se siano da attribuire all’incompetenza o all’ interesse dei vari amministratori. E si ha la sensazione che tutto ciò si sia potuto verificare anche grazie al complice silenzio della Sovrintendenza alle belle arti a cui spetta il compito di vigilare sul rigido vincolo paesaggistico. Lo stato delle cose, ora, anche e soprattutto grazie alle decisioni errate degli amministratori che si sono susseguiti nell’ultimo ventennio non è ottimale, per dirla con un eufemismo.

Il maxi-parcheggio: mostro di cemento
Ma andiamo con ordine e facciamo un malinconico viaggio indietro nel tempo. Il nostro sconcertante tour attraverso i disastri architettonico-urbanistici di San Daniele inizia dal famosissimo Portonat che vanta un fantastico rilievo di Andrea Palladio che anche qui lasciò traccia della sua reinvenzione degli elementi classici. Siamo quindi in pieno centro, sulla strada che porta a Gemona.
A due passi da qui sotto, l’egida del primo Paolo Menis come sindaco, si diede il via alla costruzione di un gigantesco parcheggio coperto che si articola su diversi pieni a ridosso del centro storico. Per realizzare la “geniale idea” venne sventrata un’intera collina. In fondo si doveva fare fronte alle future orde di turisti che si sarebbero riversate a San Daniele. Oggi il mostro di cemento è costantemente quasi vuoto e costa alle prosciugate casse comunali diverse migliaia di euro all’ anno solo per la sua manutenzione. E vedendo come le intemperie aggrediscono anche il cemento armato c’è da giurare che i costi in futuro aumenteranno anziché diminuire. Si riempie a malapena solo in occasione della festa del prosciutto. Per il resto dell’ anno si presterebbe benissimo come un naturale set per un film horror. Ma le magagna urbanistiche non finiscono qui.
Il flop del piano del traffico
Lo stato delle strade, ad esempio in diversi borghi, è penoso oltre che pericoloso, perché molte vie sono strette, prive di marciapiede e trafficate come quelle di un grande centro. Dopo vari esposti l’allora sindaco Gino Marco Pascolini, successore di Menis destinato a compiti maggiori come consigliere regionale, prese atto di questa situazione e tentò di porre rimedio.
Si rivolse infatti a un rinomato studio tecnico per redigere un nuovo piano del traffico che doveva rendere più vivibile la “perla del Friuli”: più slow come si disse, spendendo alcune migliaia di euro affinché si elaborasse un nuovo assetto del traffico cittadino. Ma anche qui le cose non andarono per il verso giusto. Alla fine anche il nuovo piano del traffico divenne carta straccia a causa delle proteste di alcuni cittadini. Singolare motivazione: una volta giravano per le viuzze del centro anche autocorriere e Tir! Quello che ne è rimasto di quel ambizioso piano sono solo alcune strisce sulla strada oramai sbiadite che collegano la scuola elementare alla scuola media. Al massimo qualche centinaio di metri. A conti fatti le strisce stradali probabilmente più costose al mondo.
Il restauro d’oro di villa Serravallo
All’“era” Pascolini risale, inoltre, anche la ristrutturazione della prestigiosa villa Serravallo con la sua posizione maestosa. Il Comune acquistò la magnifica villa circondata da un enorme giardino in stato d’abbandono dal Consorzio del Prosciutto che non sapeva cosa farsene per le difficoltà finanziarie in cui versava. Dopo un costosissimo restauro è divenuta la sede regale dell’amministrazione. Unico neo: la vecchia sede del Comune, in pieno centro di fronte alla chiesa Sant’ Antonio con i suoi straordinari affreschi rinascimentali di Giovanni da Udine, che si voleva inizialmente vendere rimase per lungo tempo praticamente vuota. Ora, per mancanza di acquirenti, è sede dell’ ufficio anagrafe del Comune, dell’ Inps e di diverse associazioni cittadine.

La piscina comunale incompiuta: un ecomostro
Ma le scelte disastrose degli sfortunati amministratori non finiscono qui, come ci insegna il progetto della nuova piscina comunale: fu il colpo di scena con il quale Emilio Iob voleva entrare a pompa magna negli annali di San Daniele. La “nuova promessa” doveva far compiere quel grandissimo salto di qualità alla vita dei sandanielesi che per andare in piscina, ora, devono recarsi nella vicina Spilimbergo.
E anche qui la malasorte ci mise lo zampino. Il grezzo della piscina era praticamente finito quando, però, tutto si bloccò a causa delle difficoltà finanziarie della Hypo Bank Alpe-Adria che finanziava la società esecutrice. Ora il cantiere – alcuni a ragione lo definiscono ecomostro, altri una splendida piscina per svariati tipi di pantegane del Mediofriuli – è abbandonato a se stesso.
Le annose proteste dei vicini di ultimare o demolire l’ impianto non sono valse a nulla. Intanto continuano i proclami anche del neosindaco Paolo Menis, rientrato dagli anni di gloria in Consiglio regionale, che verso la metà del 2014 si sbilanciò non poco, dichiarando alla stampa che si prospettava un’apertura dell’impianto già a fine 2014. É inutile aggiungere che questa sua previsione era alquanto azzardata. L’ecomostro continua a dormire il sonno della bella addormentata.
La colata di cemento in via Piave
L’ultimo “colpo di genio architettonico-urbanistico” vede di nuovo protagonista Paolo Menis, suo malgrado: questa volta in via Piave. Di fronte ad una casa padronale del 1719, nell’ antico Borgo Pozzo, l’amministrazione ha dato infatti il via senza batter ciglio a un progetto di ristrutturazione che è un’autentica colata di cemento: dove c’era un bellissimo giardino pensile, sul fronte strada, si è data l’autorizzazione a uno scempio tipo Anni Settanta. Del giardino oggi, infatti, non vi è più traccia. Al suo posto c’è un garage e un ampliamento, una cementificazione totale del vecchio giardino.
A nulla sono valse le segnalazioni al sindaco, al comandante di vigili urbani e alla Sovrintendenza che l’impresa esecutrice dei lavori aveva con una ruspa volutamente abbattuto un muro in sasso sul fronte strada per costruire al più presto un garage, commettendo un reato penale per eludere in questo modo furbescamente i vincoli paesaggistici. L’esposto formale avvenne nel settembre 2013. Fino ad oggi nessuna risposta. Perfino la richiesta formale dei vicini di prendere visione del progetto è caduta nel dimenticatoio amministrativo. Dopo un anno e mezzo si attende ancora una risposta dal Comune. Un autentico muro di gomma. Stessa fine per le segnalazioni alle autorità competenti.
Il futuro del teatro Ciconi
Cosa dire ora del progetto di restauro del teatro Ciconi che proprio in questi giorni è oggetto di diatriba politica? Se il giorno si vede dal mattino non c’ è da aspettarsi nulla di buono.
*docente di tedesco all’università di Udine, collaboratore di Süddeutsche Zeitung, Frankfurter Allgemeine Zeitung, Tagesspiegel, Ard, Zdf, Orf .
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