Ecco perchè il Friuli è tornato in zona gialla: tutti i numeri e i parametri

UDINE. La zona gialla che non tutti si attendevano. La sorpresa è arrivata dalla Cabina di regia che ha deciso di far retrocedere da arancione a giallo il Friuli Venezia Giulia nonostante l’incidenza del contagio per 100 mila abitanti nei sette giorni (329.05) si mantenga oltre la media nazionale (245.46).

Rispetto alla settimana precedente questa stessa incidenza, che è anche quella che fotografa la situazione del momento, pur essendo migliorata (era 359,10) supera la soglia della Lombardia ferma a 284,14. Il Veneto invece è a quota 401,47.

L’incidenza del Fvg a 14 giorni sempre per 100 mila abitanti, invece, nell’ultima settimana è salita da 669,50 a 689,14 posizionandosi su livelli più elevati della media italiana pari a 590,65.

Nonostante questi numeri, a favorire il passaggio in zona gialla sono stati i punti recuperati dall’attività di tracciamento dei contatti avuti dai positivi al Sars-Cov2 e le previsioni sull’occupazione dei posti letto in terapia intensiva e nei reparti di area medica.

La proiezione dell’occupazione dei letti ospedalieri a 30 giorni è migliorata sensibilmente: nell’area medica la possibilità di superare la soglia critica di occupazione del 40 per cento oscilla tra il 5 e il 50 per cento, mentre in terapia intensiva il livello di allerta del 30 per cento dovrebbe essere scongiurato. La possibilità di andare oltre non supera il 5 per cento. Tant’è che nel report della Cabina di regia la classificazione complessiva del rischio non è più alta bensì moderata.

I parametri analizzati a Roma sono di difficile comprensione per chi soffermandosi sul numero giornaliero dei contagi, sui reparti Covid sempre in affanno e sul bilancio dei morti che, ieri, ha superato le mille unità si sentirebbe più tutelato in zona arancione. Non a caso il governatore, Massimiliano Fedriga, ha inasprito le misure e invitato tutti a ridurre i contatti con amici e conoscenti.

Nel corso della conferenza stampa, a entrare nel merito della questione è stato il vicegovernatore con delega alla Salute, Riccardo Riccardi: «Il passaggio della regione da arancione a giallo non significa che la storia è finita, al contrario dobbiamo continuare a insistere sul rispetto delle regole perché il virus corre con diffusione elevata su tutto il territorio regionale».

Riccardi ha invitato a osservare «l’andamento positivo sull’elevato numero di tamponi che continuiamo a fare in Friuli Venezia Giulia, dove la seconda ondata è arrivata con qualche giorno di ritardo rispetto al resto d’Italia». Nel richiamare l’attenzione sui 1.856 focolai attivi, l’assessore ha fatto notare che ora le zone più colpite sono proprio le aree non intaccate in precedenza, situate soprattutto in provincia di Udine.

Basti pensare che 507 degli 824 nuovi focolai sono distribuiti sul territorio di competenza dell’Azienda sanitaria universitaria Friuli centrale (Asufc). Al momento si contano 100 focolai nei luoghi di lavoro, 52 nelle scuole elementari e medie, le uniche che continuano a garantire la didattica in presenza, e 25 negli ospedali. È evidente che i contagi negli ospedali complicano le cose perché venendo meno i medici, gli infermieri e gli operatori socio sanitari (Oss) contagiati le strutture vanno ulteriormente in affanno.

Ecco perché la Regione sta valutando i risultati degli screening di massa effettuati in sei comuni che, rispetto al numero delle persone sottoposte al test, evidenziano un indice di contagio non ha superato l’1 per cento. «Al momento – ha spiegato Riccardi – non vedo la necessità di intervenire ulteriormente, significherebbe sottrarre risorse al sistema sanitario visto che per fare i tamponi devi avere un infermiere e un tecnico».

Riccardi e Fedriga puntano molto sull’utilizzo del tampone salivare in corso di validazione da parte dell’Istituto superiore di sanità (Iss). —

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