Ecco il linguaggio e il codice segreto di chi spara agli animali senza regole

Doppiette sotto accusa tra Venzone, Pontebba e Dogna. I caprioli erano chiamati «bambini», il camoscio «la Juve»
Due cacciatori nel corso della normale attività venatoria. L'inchiesta si riferisce, invece, a reati legati a violazioni in materia di caccia
Due cacciatori nel corso della normale attività venatoria. L'inchiesta si riferisce, invece, a reati legati a violazioni in materia di caccia

Da "Juve" a "violino": il codice segreto dei bracconieri indagati a Udine

VENZONE. «Andate a controllare i bambini dove piove d’inverno». Non è un invito amorevole, tutt’altro. È il linguaggio criptato utilizzato da gruppi di presunti bracconieri che più di due anni fa agivano tra Venzone, Pontebba e Dogna.

Una sorta di codice cifrato che consentiva a chi cacciava anche con armi non ammesse, di chiamare i caprioli «bambini». La selvaggina veniva recuperata e macellata in uno scantinato di Venzone per poi vendere la carne in Veneto.

IL LINGUAGGIO DEI BRACCONIERI



Stando alle conversazioni registrate dal Nucleo operativo per l’attività di vigilanza ambientale, la banda composta da diverse persone, entrava in azione non solo nei periodi di chiusura della caccia, ma anche nelle aree protette come il parco nazionale delle Prealpi Giulie.

Banda di bracconieri sgominata due anni fa: in sette sono sotto accusa
Udine 15 settembre 2016. Procura. © Foto Petrussi / Diego Petrussi

Le notifiche degli avvisi di conclusione delle indagini risalgono ad alcune mesi fa: Dark Di Bernardo, 26 anni, Raquel Trigili, 23 anni, Gianni Tondo, 62 anni, tutti di Venzone; Christian Filaferro, 34 anni, di Pontebba, Diego Battaglin, 60 anni, di Marostica (Vicenza), Antonio Brisinello, 54 anni, di Pontebba, e Walter Fantin, 26 anni, di Bassano del Grappa, dovranno rispondere dei reati legati alla violazioni in materia di caccia.

Secondo l’accusa, i componenti della banda svolgevano vari ruoli: non tutti sparavano agli animali, lo facevano solo alcuni, altri erano vedette. Al telefono, in auto o via whatsapp commentavano gli abbattimenti e definivano gli accordi utilizzando un linguaggio cifrato.

«Andate a controllare i bambini dove piove d’inverno» era un modo per dire «andate a controllare i caprioli a Pioverno» nell’ambito di un perlustramento. Nel vocabolario di chi violava le regole venatorie la piccola frazione di Venzone veniva individuata con «piove d’inverno».

E quando uno di loro si lasciava andare a un «vi aspetto da me con la spesa» era sottinteso il bottino di caccia. Era anche un modo per informare che l’animale ferito il giorno prima era stato recuperato nella zona di Cuel Lunc. La banda agiva in vari momenti dell’anno, interveniva anche in attività regolare di caccia evitando forse di dichiarare l’abbattimento.

Il linguaggio era duro soprattutto quando per commentare l’arma tarata correttamente dicevano «prova col pelo». Oppure quando definivano il camoscio ferito un «rocciatore». E il riferimento ai corvi era un modo per segnalare la presenza di un animale morto. Il «popotamo pervenuto a Tu», invece, era riferito al cervo abbattuto a Tuglizzo magari da un non socio delle riserva di caccia di Venzone.

Conversando tra di loro, i vari gruppi si lasciavano andare anche a qualche complimento prendendo in prestito termini dal vocabolario tedesco. «Van ma sciail» (Weidmannsheil significa buona caccia), a esempio, era un modo per complimentarsi tra di loro per l’abbattimento. Oltre alle intercettazioni, nel corso delle indagini preliminari, gli inquirenti hanno trovato anche alcune fotografie della fauna morta.

Dalle intercettazioni ambientali emergono elementi che se confermati lasciano presupporre a un’organizzazione che comunicava in codice anche per descrivere il ferimento di un cervo.

«Ieri sera tre supposte a quello grande», diceva uno di loro per confermare di aver ferito un cervo con tre fucilate, di aver cercato l’animale e di non averlo trovato immediatamente. Difficile dire quanti animali siano stati abbattuti violando le regole: potrebbero essere pià di una decina.—


 

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