È morto l’avvocato Cosattini Collaborò con Parri nel CLN
Il 3 giugno aveva festeggiato i 93 anni. E in ottobre la ripresa della «sua» Università popolare lo aveva visto ancora presente. Poi il fisico ha ceduto sempre più e ieri mattina l’avvocato Alberto Cosattini – esponente dell’antifascismo friulano, stretto collaboratore di Ferruccio Parri nel CLN è morto.

di
Mario Blasoni
UDINE.
Il 3 giugno aveva festeggiato alla grande, con parenti e amici, i 93 anni. E in ottobre la ripresa della “sua” Università popolare lo aveva visto ancora presente. Era uscito per l’ultima volta di casa, per una breve passeggiata, il giorno della befana. Poi il fisico, indebolito, ha ceduto sempre più e ieri mattina l’avvocato Alberto Cosattini – esponente di spicco dell’antifascismo friulano, stretto collaboratore di Ferruccio Parri durante la Resistenza e successivamente suo segretario anche alla Presidenza del Consiglio – ci ha lasciato.
È spirato verso le 8, nella sua abitazione-studio di via Cairoli, assistito dalla moglie Graziella Iacchìa. È subito sopraggiunta la figlia Giovanna, che prosegue il lavoro dello studio legale, mentre l’altro figlio, Luigi Andrea, avvocato a Bologna, sarà a Udine per l’ultimo saluto che si terrà, con una semplice cerimonia civile, domani, sabato, alle 12, nel cimitero urbano.
Con Alberto Cosattini si chiude una pagina di storia, e non solo locale. Pagina che era stata aperta da suo padre, l’avvocato Giovanni, uno dei pionieri del socialismo in Friuli (nel 1926, dopo un attentato a Mussolini, le squadre fasciste gli devastarono lo studio): fu deputato dal 1919 al ’25 e dal 1945 al ’48 primo sindaco di Udine dopo la liberazione. Alberto ha seguito la via indicata dal padre e anche dal fratello maggiore Luigi, docente negli atenei di Trieste e Padova, che partecipò alla Resistenza col Partito d’Azione, fu arrestato dai tedeschi e deportato a Buchenwald dove è scomparso dopo la liberazione, senza più fare ritorno.
Nato nel 1916 a Sacile, dove il padre era militare, Alberto Cosattini si è laureato in giurisprudenza a Padova nel ’38. Chiamato alle armi con gli alpini, è stato mandato in Albania e poi in Montenegro, dove ha riportato una grave ferita alla schiena. Nel 1942, rimpatriato e ormai convalescente, si è messo in contatto con gli azionisti di Parri, tramite il friulano Fermo Solari. In Friuli è diventato vicecomandate di un gruppo di Giustizia e Libertà e nel 1944 è stato chiamato a Milano, entrando nei più delicati meccanismi della lotta antifascista.
Le avventure di questo periodo costituiscono la parte più succosa del libro di memorie «Fatalità e coscienza - I miei giorni con Ferruccio Parri», edito da Zanichelli e uscito nel 2002. Nei giorni della liberazione, mentre suo padre veniva acclamato sindaco di Udine, dalla folla radunata in piazza Libertà, lui era a Milano ai vertici del Cln. Nel giugno 1945 Parri era presidente del Consiglio e voleva che il suo collaboratore udinese lo seguisse a Roma.
Esaurita, nel dicembre dello stesso anno, l’esperienza di governo, l’ex comandante generale del Corpo volontari della libertà propose a Cosattini, data anche la sua buona conoscenza dell’inglese, un incarico all’Ambasciata di Washington, accanto al titolare Alberto Tarchiani. Ma l’avvocato udinese decise di declinare il pur allettante invito, scegliendo di tornare a Udine per stare vicino ai genitori in un momento difficile (la misteriosa scomparsa del figlio Luigi, gli impegni del padre neosindaco), e per riavviare lo studio di via Cairoli. Ha rinunciato, quindi, a una carriera diplomatica promettente pur di restare con la famiglia e nello studio.
Cosattini è stato avvocato per più di sessant’anni: iscritto all’ordine forense dal 1° marzo 1946, ha rassegnato, infatti, le dimissioni soltanto il 31 dicembre scorso! Titolare dello studio fin dalla morte del padre, avvenuta nel 1954, Alberto Cosattini ha operato sia nel campo del diritto civile che in quello penale. Tra i processi importanti merita un cenno quello celebrato alla Corte d’assise di Trieste, nel 1976, per i crimini perpetrati alla Risiera di San Sabba negli anni dell’occupazione nazista. Cosattini, assieme ai colleghi Canestrini di Rovereto e Kostoris di Trieste, rappresentava i familiari di Cecilia Deganutti, l’eroica crocerossina udinese uccisa nel lager triestino. Il processo, cominciato il 16 febbraio e concluso il 29 aprile ’76, si concluse con la riaffermazione delle responsabilità degli imputati, alcuni dei quali contumaci.
Ma non si può tracciare una biografia, seppure sommaria, di un personaggio come Alberto Cosattini se non si parla della sua creatura prediletta e del suo impegno più rilevante, dopo quello - beninteso - dello studio forense: l’Università popolare. Egli stesso, appena trentenne, nel 1946, assieme ad Azzo Varisco, Someda de Marco, Gianfranco D’Aronco e altri ancora tra cui i docenti Rino Borghello e Alessandro Vigevani, aveva contribuito a far risorgere questo sodalizio che ha un’origine ultracentenaria (1901), dall’oscura parentesi del fascismo e della guerra.
Cosattini aveva dapprima presieduto la nuova Università popolare fino al 1957 per riprenderne successivamente le redini nel 1983 e guidandola ininterrottamente fino al 2006. Momento clou del suo lungo mandato è stato il 2001, l’anno del centenario, caratterizzato da importanti iniziative. Passato il timone al professor Gianpaolo Borghello, figlio dell’indimenticabile Rino, negli ultimi anni Cosattini è stato comunque sempre presente, come si è accennato, fino a poche settimane fa, alle conferenze.
La notizia della sua scomparsa è echeggiata ieri pomeriggio, tristemente, nella sala della fondazione Crup di via Manin proprio mentre si aprivano i lavori dell’assemblea annuale dell’Università popolare, in assenza - per la prima volta - del suo presidente onorario. Familiari, amici, concittadini daranno domani, sabato, l’ultimo saluto ad Alberto Cosattini nel corso di «una breve cerimonia civile di saluto» annunciata, come accennato, per le ore 12 nel cimitero urbano.
Riproduzione riservata © Messaggero Veneto
Leggi anche
Video