Due fratelli in prima linea contro il Covid-19: "Straziante scegliere chi poter curare"

Reana: drammatica testimonianza del medico Giovanni Del Fabro. A Milano il fratello Lorenzo, psichiatra, sostiene i pazienti
I fratelli Giovanni (a sinistra) e Lorenzo Del Fabro
I fratelli Giovanni (a sinistra) e Lorenzo Del Fabro

REANA DEL ROJALE. Impegnati entrambi – seppure con ruoli diversi – nel pieno centro dell’emergenza sanitaria da coronavirus. Si tratta dei fratelli Giovanni e Lorenzo Del Fabro, giovani medici rojalesi residenti a Ribis e laureati nell’Università di Udine.

Da alcuni anni i due fratelli svolgono la loro professione rispettivamente a Brescia e a Milano: Giovanni, che ha 28 anni, è specializzando in malattie infettive e opera da circa due anni negli ospedali civili bresciani, mentre Lorenzo, che ha 30 anni, è specialista in psichiatria e opera in collaborazione con l’Università statale di Milano.

Vista la sua specializzazione in infettivologia, Giovanni si è ritrovato nel bel mezzo della “tempesta” da Covid-19 fin dai suoi esordi.

«Ho seguito le fasi dell’emergenza sanitaria fin da quando l’infezione si è manifestata e fino a vedere il reparto riempirsi in pochissimo tempo. È stato a dir poco allucinante».

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Giovanni Del Fabro spiega che fin dall’inizio tutti i colleghi del personale ospedaliero hanno rinunciato ai permessi e alle ferie per poter lavorare anche dodici ore al giorno, compresi i sabati e le domeniche.

«Abbiamo avuto grandissime difficoltà – spiega il giovane medico friulano –, poiché all’inizio mancavano i dispositivi di protezione e i letti, che abbiamo dovuto reperire da altri reparti».

«Le persone arrivavano di continuo – aggiunge Giovanni – e abbiamo registrato anche sei medici, sei colleghi colpiti dal coronavirus. Io fortunatamente sto bene, anche se ho avuto un giorno la febbre, ma sono risultato negativo al tampone».

Le condizioni in cui Giovanni si è ritrovato a operare lo hanno messo a dura prova anche dal punto di vista emotivo. «Ci siamo trovati a scegliere chi cercare di curare e chi invece no – spiega – e questo è stato molto difficile umanamente, perché sarebbe giusto dare a tutti una possibilità».

Giovanni Del Fabro racconta un aneddoto straziante da lui vissuto in prima persona: «Abbiamo ricoverato un ragazzo disabile affetto da Covid-19. Sua madre, di circa 60 anni e sana, ha voluto prestargli assistenza continua ma, nonostante i dispositivi di sicurezza adottati, si è ammalata di coronavirus. L’abbiamo ricoverata nella stessa stanza del figlio, perché lei ha voluto restargli accanto, finchè è deceduta».

Le sensazioni che si provavano in ospedale erano quelle di scoraggiamento «perché – rileva – mancava la speranza e si vedeva il virus crescere e divenire incontrollabile nei suoi effetti».

Anche suo fratello Lorenzo, a Milano per un progetto di ricerca sul tema delle psicosi in età adulta, si è trovato catapultato in piena emergenza coronavirus e anche ora presta il suo servizio offrendo consulenza telefonica ai pazienti dimessi che, pur stando bene, hanno ancora il tampone positivo al Covid-19.

«Lavoro su turni – racconta Lorenzo Del Fabro – e contatto le persone isolate a casa in quarantena. Verifico i dati che mi forniscono sui parametri vitali e fornisco assistenza iniziale. Se necessario, attivo la procedura di consulenza specialistica e di supporto sia psicologico che sociale».

«Con questo servizio – sottolinea –, i pazienti non si sentono abbandonati e tengono alto il morale, anche se purtroppo non mancano casi di persone in preda all’ansia e anche alla depressione».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non abbassare la guardia, adottare le precauzioni e cercare supporto per gestire la preoccupazione. Questi sono alcuni dei consigli che Giovanni e Lorenzo Del Fabro si sentono di dare alla popolazione. Parola di due friulani in prima linea. —

 

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