Destino segnato per la ciminiera di Cividale, ma parte l’appello

Il 12 luglio è la data fissata per l’abbattimento. Balloch: obbligato alla tutela della pubblica incolumità
Cividale 30 Giugno 2016. Vecchia ciminiera in Via Gemona. © Petrussi Foto Pres
Cividale 30 Giugno 2016. Vecchia ciminiera in Via Gemona. © Petrussi Foto Pres

CIVIDALE. Il traguardo del secolo era dietro l’angolo, nel 2020. Chissà se sarà possibile festeggiarlo o se la ricorrenza potrà essere celebrata solo nel segno del ricordo: la vecchia ciminiera della fornace di Rubignacco, “pinnacolo” che si innalza per ben 45 metri e che ha resistito indomita a tutte le scosse di terremoto del ’76 continuando a rappresentare al contempo un elemento distintivo della frazione ma pure della città ducale, pare condannata alla demolizione, per ragioni di pubblica sicurezza.

Il progetto prevede, sì, una ricostruzione parziale del manufatto, ma è palese che l’operazione produrrà uno scenario artificiale, distante anni luce da quello attuale.

E proprio ora che, dopo lunghissima vertenza - spiegheremo subito il perché -, la pratica in questione si è conclusa e che la ditta incaricata dell’intervento sta predisponendo i punti in cui sistemare le cariche esplosive e delimitando l’area da rendere off limits (il 12 luglio, giorno previsto per l’abbattimento), il caso esplode e c’è chi grida allo scandalo, invocando un’inversione di rotta nel nome della protezione di un bene storico, un’icona del Friuli che resistette al sisma.

Cividale 30 Giugno 2016. Vecchia ciminiera in Via Gemona. © Petrussi Foto Pres
Cividale 30 Giugno 2016. Vecchia ciminiera in Via Gemona. © Petrussi Foto Pres

La vicenda, come accennato, è ormai di vecchia data. È passato un anno e mezzo da quando l’altissimo camino, da sempre leggermente inclinato sulla sommità, è stato catalogato dai vigili del fuoco del Comando provinciale di Udine come struttura a rischio di crollo totale o parziale, per giunta immediato.

L’allarme aveva innescato una diatriba che solo di recente ha trovato un epilogo: da un lato, infatti, si collocava l’ingiunzione dei pompieri, appunto, che avevano ordinato ai proprietari di questa sorta di “torre di Pisa” ducale di procedere alla sua distruzione; dall’altro c’era la Soprintendenza regionale, dettasi assolutamente contraria allo smantellamento di una costruzione sottoposta a vincolo (è iscritta nel catalogo dei beni culturali della regione Friuli Venezia Giulia).

Trascinatasi per mesi, la disputa è giunta al capolinea solo di recente, con due ordinanze emesse (lo scorso 18 aprile e, poi, il 10 maggio) dal sindaco Stefano Balloch per ragioni di tutela della pubblica incolumità: gli atti imponevano l’interdizione di accesso al sito e il divieto di svolgimento di qualsiasi attività nel raggio di 70 metri dalla ciminiera.

«La situazione era complessa – ha ribadito il primo cittadino in occasione dell’ultima seduta dell’assemblea civica –: il Comune ha cercato a lungo di favorire una via di conciliazione fra le parti, coinvolgendo anche la prefettura».

«Finalmente l’accordo è stato trovato: il 12 luglio, dunque, si procederà alla demolizione della ciminiera, che dovrà poi essere ricostruita in parte, in una misura concordata con la Soprintendenza».

Il destino del bene parrebbe segnato, insomma. A meno che l’appello che si leva da alcuni in città (ma anche da molto più lontano, come testimonia il sismologo Enzo Boschi dell’Università di Bologna) non venga ascoltato e non si prenda in considerazione, all’ultimo minuto, la possibilità di eseguire i pur doverosi lavori di messa in sicurezza nel rispetto del valore del manufatto.

Difficile pensare che non si possa programmare la demolizione solo della parte di ciminiera che corre il pericolo di collassare: il punto, piuttosto - e qui, a quanto sembra, sta il nodo –, consiste nei costi dell’operazione, che paradossalmente risulterebbero maggiori per un abbattimento “controllato”, ovvero parziale, che per uno completo, definitivo.

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