Del Piero: rilancerò la banca senza metterla in vendita

La presidente smentisce fusioni con altre Popolari e punta sulla riorganizzazione. «Tilatti? Ci parleremo tra qualche mese». Preoccupa l’esposizione sull’immobiliare

UDINE. Un trionfo per molti inaspettato per una che i nemici hanno sempre additato come la possibile “pontiera” nei confronti di appetiti di banche più grandi. Lei sorride e tranquillizza: «La Banca popolare di Cividale non è in vendita. È un nostro patrimonio». Michela Del Piero, eletta all’unanimità alla guida della Civibank assicura anche che la diaspora interna è ormai alle spalle, «perché le divisioni interne hanno sicuramente frenato la funzionalità dell’istituto di credito». E aggiunge che non esiste alcuno strappo con le gestioni passate. Meglio allora parlare semplicemente di «ripartenza». Che lei spera sia da oggi in avanti condivisa da tutti.

Presidente, lo scorso anno chi non la voleva presidente affermava che non era votabile perché non era di Cividale e perché era donna. Cos’è cambiato quest’anno?

«Mah, su Cividale sto facendo una sorta di corso di “recupero” grazie a diversi collaboratori. Devo dire che ho anche chiesto aiuto».

E sul fatto che è una donna?

«Dico che adesso è diventato trendy, visto che Compagno guida Mediocredito. E potrei citare anche Chiara Mio, che è al vertice di Friuladria, e che sta incassando risultati brillanti».

Si è già prefissata alcune priorità?

«Partirò dalla riorganizzazione interna».

Che significa?

«Che devo studiare l’organigramma, il piano strategico e avanzare proposte che il cda spero condividerà. E soprattutto come far ripartire questa azienda e renderla produttiva in breve».

Perché, adesso non è produttiva?

«Tutto è migliorabile. Credo che le divisioni interne abbiano frenato la funzionalità dell’organizzazione. Spero che da qui in avanti non ci siano più scuse e si riparta lavorando al massimo».

Insomma, la diaspora interna tra “vecchio” e “nuovo” è alle spalle?

«Ritengo di sì. Spero di sì. Auspico di sì».

Sbaglio o nutre ancora qualche dubbio?

«No, assolutamente».

Si è sentita con Tilatti?

«No».

Come mai?

«Forse perché io avrei dovuto chiamarlo domenica e lui lunedì».

Disguidi... Ma un brindisi lo farete?

«Tra qualche mese sicuramente».

Uno dei nodi attorno al quale si è consumata la diaspora interna è l’autonomia. Lo scorso anno per contrastare la sua ascesa la indicavano come la testa di ponte dei possibili acquirenti.

«Mi pare che alcuni lo abbiamo continuato a dire anche quest’anno».

E lei cosa ribatte?

«Che non è mai stato motivo di discussione o di diatriba. Questo, anzi, è un argomento sul quale siamo sempre stati tutti in linea. Lo ribadisco: non ho alcuna intenzione di vendere la banca e il problema, dunque, non è all’ordine del giorno».

Tuttavia le difficoltà del mercato spingono verso le aggregazioni.

«E evidente che siamo di fronte a un riordino che ci ha lasciato fuori per limiti dimensionali. E anche certo che c’è una riforma e, a mio avviso, noi ci troviamo in una situazione del tutto privilegiata».

Perché privilegiata?

«Perché non siamo costretti ad attuare scelte e allora possiamo prenderci il tempo di studiare la soluzione più idonea per una banca della nostra dimensione».

Ma qualche idea ce l’avrete, no?

«Per come sono fatta io, per la mia formazione professionale, le rispondo che cerco di non farmi idee fino a quando non ho compiuto tutti gli approfondimenti del caso. Poi, in ogni caso, le decisioni saranno prese assieme al cda. E ovviamente saranno soluzioni ragionate».

Si era parlato della possibilità di “intese” con alcune banche popolari...

«Sono circolati i nomi del Credito valtellinese, il Creval, e della Biper, la Banca popolare dell’Emilia Romagna».

A proposito del Creval, l’assemblea del 26 aprile ha sancito che non c’è più nel cda un suo rappresentante come previsto dagli accordi parasociali. Cosa pensa di fare per porre rimedio?

«L’impegno da parte del consiglio di amministrazione c’era stato. Detto questo, è chiaro che dispiace non trovare in questa fase una collocazione per il rappresentante del Credito valtellinese ai cui vertici al più presto vorrò esprimere il mio dispiacere per l’accaduto e nel contempo individuare assieme una soluzione che garantisca il mantenimento dei buoni rapporti tra i due istituti di credito».

Presidente, com’è la situazione dell’erogazione del credito alle imprese?

«I segnali di ripresa sono ancora timidi. Tuttavia, le aziende stanno cominciando a fare investimenti. Dal canto nostro, dovremo essere bravi a essere sempre vicini alle aziende del territorio, indivuando le meritevoli».

Qual è la maggiore criticità in questo momento?

«La Banca di Cividale ha moltissimo credito nell’immobiliare».

E dunque?

«È un settore pesantemente colpito dalla crisi negli ultimi anni».

Quella positiva, invece, che più le interessa?

«Essere snelli e veloci perché questo significa essere realmente vicini al territorio. Anche quando si dà risposte negative».

Perché?

«Perché le imprese hanno la necessità di ottenere sempre risposte in tempi molto ristretti, anche quelle negative. Questo esigono e di questo dobbiamo tenere conto».

Cosa si sente di dire agli azionisti che hanno dovuto rinunciare ai dividendi?

«Mi sento di dire loro che - al di là del fatto che questa è una situazione che accomuna la gran parte delle banche – devono avere fiducia in noi perché i nostri indici sono buoni e la banca è sana».

Ma i dividendi...?.

«Anche la mancata erogazione dei dividendi è stata una scelta difficile, presa da tutto il cda per senso di responsabilità proprio per preservare il valore patrimoniale della banca».

Cosa replica a quelli che affermano che la vittoria nel cda dei dipendenti significa consegnare nelle loro mani la banca?

«Semplicemente che la banca non è e non sarà mai comandata dai dipendenti. I soci dipendenti hanno espresso alcune candidature. Hanno eletto dei consiglieri. E il loro mandato cessa in quel momento».

La sua nomina al vertice rappresenta uno strappo con il passato?

«Preferirei dire che si tratta di una ripartenza. Una ripartenza che auspico sia vissuta da tutti come tale».

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