Dal Belgio a Montegnacco gli scout vivono nella natura

A scuola di sopravvivenza sul colle di villa Gallici-Deciani a Montegnacco. Nei venti ettari di terreno che abbelliscono la proprietà attorno alla dimora della nobile famiglia Deciani, in questi ultimi quindici giorni ci hanno vissuto 67 scout provenienti da Bruxelles. Lo fanno da una decina di anni in base un rapporto di amicizia con i proprietari, felici di mettere a loro disposizione quello splendido promontorio che si erge sulle colline di Cassacco, dove quei ragazzi, dai 12 ai 18 anni guidati da capo scout di età tra i 20 e i 23 anni, vengono a fare ogni estate scuola di “sopravvivenza”.
Come da tradizione, hanno realizzato delle piattaforme sugli alberi presenti sulla punta del colle per piazzarci sopra le tende e stare all’asciutto, e per tutti i quindici giorni che sono rimasti hanno vissuto a contatto stretto con la natura, facendosi da mangiare, organizzando le attività sportive predisponendo i campi di calcio, rugby, e pallavolo, e lavandosi nei torrenti della zona circostante.
«Tutto iniziò – spiega Pisana Ferrari, una dei proprietari – per via di amici dal Belgio che ci chiesero se potevamo mettere a disposizione i nostri terreni per questa attività. Da allora sono passati dieci anni e la cosa si rinnova ogni estate: noi diamo solo i campi e mettiamo loro a disposizione della legna che all’inizio si tagliavano da soli, ma con il tempo gli alberi sono diminuiti. A noi fa piacere averli: hanno valori importanti, e rappresentano un collegamento tra la nostro famiglia e il Belgio dove ho vissuto per 11 anni».
Quei 67 ragazzi sono stati portati a Montegnacco in corriera con le loro cose quindici giorni fa (l’esperienza si è conclusa martedì): da allora non hanno mai avuto altro mezzo di trasporto che le loro gambe, con le quali ogni anno si spostano a gruppi per tre notti per una ventina di chilometri sul territorio friulano, raggiungono le parti montane e si arrangiano con quello che hanno per sopravvivere, chiedendo ristoro nelle case che trovano. «Qui va sempre bene – ha raccontato uno di loro –: troviamo molta ospitalità. Le persone non sono dappertutto così accoglienti. Siamo divisi in sei gruppi, ognuno con il suo capo e ognuno con un solo cellulare, che è sigillato e da usare solo in casi di emergenza». —
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